Le 40 persone migranti recuperate dalla nave commerciale e i 14 membri dell'equipaggio sono da due settimane ignorati dalle istituzioni che negano sia un porto di sbarco che l'evacuazione delle due donne in gravidanza. Nel frattempo gli arrivi via mare in Spagna hanno superato quelli in Italia e sono in aumento anche quelli in Grecia, ecco tutti i dati
L’ipocrisia internazionale verso i migranti forzati che cercano di arrivare in Europa via mar Mediterraneo ha un nome: Sarost 5. È così che si chiama la motonave di supporto logistico per le piattaforme offshore di gas che da oramai due settimane è in mezzo al mare senza un porto di approdo.
Immagine scattata a bordo della Sarost 5 all'alba del 26 luglio 2018, giorno 15 di attesa in mare
A bordo 40 persone di varie nazionalità - Egitto, Mali, Nigeria, Bangladesh, Camerun, Senegal, Guinea, Costa d'Avorio, Sierra Leone – che condividono con i 14 membri dell’equipaggio le razioni di cibo rimaste e giorni estenuanti d’attesa.
Partite l’11 luglio e recuperate il giorno dopo a 90 miglia da Lampedusa, non hanno avuto alcuna autorizzazione né dall’Italie né da Malta per sbarcare. Sono al largo della Tunisia, che a oggi non viene considerato dalla comunità internazionale un Pos, “Place of safety”, quello che nella terminologia della legislazione navale è inteso come posto sicuro dove trovare le necessarie attenzioni per chi viene recuperato in mare.
«Ci sono due donne in stato di gravidanza, e per una di loro la situazione è molto critica», ha sottolineato il medico del Comitato tunisino della Mezzaluna rossa (confederata con la Croce rossa) Mongi Slim nella sua visita a bordo di mercoledì 25 luglio. «Abbiamo chiesto l’evacuazione immediata almeno per loro, ma senza ricevere risposta», spiega Slim.
Una paralisi assurda che mette a dura prova persone salvate ed equipaggio, tanto che si susseguono gli appelli delle persone a bordo, con foto che documentano il progressivo peggioramento delle condizioni.
Lo stesso 25 luglio era trapelato un comunicato attribuito all’Unione europea di un possibile sbarco a Tunisi, ma la notizia non ha poi trovato fondamento, come testimonia Sergio Scandura, reporter di Radio radicale che sta seguendo fin dai primi momenti la delicata situazione della Sarost 5.
#migranti update 5/6 #Sarost5 🔴UE SMENTITA DA BORDO dove la situazione è ancora ferma tale e quale da più di due settimane. In Italia, come in UE, qualcuno vuol forzare l'idea che la Tunisia possa essere un PlaceOfSafety (di comodo)? Clima da campagna elettorale per le europee? pic.twitter.com/NJtlak4W9M
Anche la rete di attivisti Alarm Phone, che riceve e inoltra le chiamate di Sosa dal mare, chiede urgentemente alle autorità di intervenire e nel pomeriggio di giovedì 26 luglio ha lanciato un appello in inglese ai politici europei e all’Unhcr, Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati.
#Malta: Politicians and authorities are playing with people's lives. According to Red Crescent #Tunisia who visited the boatpeople on #Sarost5 yesterday, one pregnant woman might lose her baby if not evacuated or disembarked immediately. We find no words to describe our outrage.
La Sarost 5 rimane in alto mare in balia dell’indifferenza dei governi che nel Mediterraneo centrale hanno disimpegnato la presenza come non mai dalla tragedia del 3 ottobre 2013 (sull’onda emozionale che è seguita al dramma era nata l’Operazione Mare nostrum) e hanno fatto di tutto, governo italiano in primis, per allontanare le navi delle organizzazioni non governative dalle zone dei recuperi: ora rimane solo Proactiva open arms ma senza la collaborazione fattiva del Comando centrale della Guardia costiera italiana come invece è avvenuto egregiamente per anni. Nel frattempo, in seguito al drastico calo degli arrivi dalla Libia a causa anche dai respingimenti delle autorità libiche stesse con il beneplacito italiano – che ha appena approvato in Senato a larghissima maggioranza la cessione di nuove unità navali alla Libia - ed europeo, tornano ad aumentare i numeri sulle altre due rotte di migrazioni forzate, quella spagnola e quella greca. I dati aggiornati in tempo reale dell’Unhcr (vedi questo link, da cui è ricavato lo screenshot seguente) parlano chiaro: alle 17 di giovedì 26 luglio 2018 sono arrivate alle frontiere europee 57.724 persone, di cui 3.158 via terra e 54.566 via mare. Di queste ultime, 23.993 in Spagna, che supera dopo anni l’Italia – attualmente a quota 18.095 – mentre in Grecia il numero, pur in risalita, è 15.563. Almeno 1.477 la stima delle vittime in mare, con un0incidenza sulle partenze più alta che mai: una persona morta o dispersa su 39 partite. Una strage.
Per quanto riguarda la rotta spagnola, principalmente con partenze da Marocco o Tunisia di migranti di decine di nazionalità diverse, informazioni puntuali si possono ottenere da Salvamento maritìmo, la Guardia costiera spagnola, che oltre a salvare sta anche facendo la stessa comunicazione virtuosa con tweet in tempo reale che ha portato avanti anche quella italiana, terminata con l’arrivo del ministro Marco Minniti.
Hasta el 23 de julio @salvamentogob ha coordinado la búsqueda de 23.021 personas en 1.027 #pateras. Del total, Salvamento Marítimo ha rescatado a 19.043 inmigrantes; Marruecos ha rescatado a 3.825 personas; y 153 personas han fallecido o desaparecido pic.twitter.com/Dl2JH1sGdr
— SALVAMENTO MARÍTIMO (@salvamentogob) July 26, 2018
Per l’Egeo, e quindi la rotta greca, oltre alle varie associazioni e ong sulle coste delle isole greche un’ottima fonte e la pagina facebook Aegean boat report, che riporta ogni sbarco e ogni respingimento da parte delle autorità turche, comprendendo anche i dati di Frontex, l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, rimasta a presidiare con poche unità navali quel tratto e quasi scomparsa dal Mediterraneo centrale, così come per quanto riguarda l’altra azione europea in atto, EunavforMed-Operazione Sophia.
Monthly statistics for the Greek islands will be updated daily, and you will find total numbers on arrivals, boats,...