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Riforme

Demanio, Entrate, Dogane: la rivoluzione (prossima ventura) delle Agenzie fiscali

12 Agosto Ago 2018 1249 12 agosto 2018
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L'avvicendamento dei vertici delle Agenzie deciso dal Consiglio dei Ministri sembra preludere a un loro accorpamento

Il ricambio è normale. Il trauma inevitabile. Ma se si prova guardare più a fondo, dentro le nomine alle agenzie delle Entrate, del Demanio e delle Dogane e dei Monopoli, si percepisce un disegno.

Lo notava, con precisione, Giuseppe De Filippi sul Foglio di venerdì 10 agosto, in un articolo non casualmente (sotto) titolato: "Nomine oltre la propaganda. Indizi su un piano".

Dal punto di vista politico e della procedura, nulla di particolare: la legge sullo spoil system prevede che i vertici delle agenzie decadano, se non rinominati, novanta giorni dopo la fiducia a un nuovo Governo. Così è accaduto per l'Agenzia delle Entrate, del Demanio e per l'ADM, l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che controllata, tra l'altro, il sistema dei "giochi pubblici" in Italia.

Proprio il direttore non riconfermato di quest'ultima, il magistrato ed ex eurodeputato PD Giovanni Kessler, in un'intervista riasciata venerdì al quotidiano Il Trentino e, il giorno seguente, in un articolo a sua firma pubblicato sulla prima pagina de L'Adige, ha parlato di epurazione politica. Ma oltre il gioco delle parti (c'è chi parla di una possibile candidatura di Kessler per le prossime elezioni provinciali della provincia di Trento), c'è di più. Lo spiega molto bene De Filippi nel suo articolo sul Foglio, partendo dalla vera sorpresa e, entro certi termini, dalla felice eccezione di queste nomine: quella all'Agenzia dell Entrate, struttura in cui è stata inserita anche la vecchia Equitalia, che da settembre sarà guidata dal generale Antonino Maggiore.

Era già successo che vertici della Guardia di Finanza entrassero nell'Agenzia da sempre, è considerata emanazione operativa dell'alta burocrazia statale. Ma «come eccezioni che confermano la regola», spiega De Filippi. Fu così sotto l'amministrazione Befera.

«Il rapporto con la finanza», spiega ancora De Filippi, è poi «evoluto nel tempo, arrivando a un punto di equilibrio e a una sana divisione dei ruoli, per cui la procedura standard prevedeva che fossero i finanziari a fare, tanto per citare un caso frequente, i cosiddetti pvc, i processi verbali di contatazione (cioè l'avvio di una possibile contestazione a un contribuente), e poi, rispetto ad essi, l'Agenzia si poneva come un Gup o un Gip e continuava a gestire le fasi successive». Con la nomina del generale della GdF Antonino Maggiore sembra che questa consolidata modalità operativa possa essere prossima ad essere abbandonata.

Ma se allarghiamo il campo, dal fronte interno a una delle tre agenzie per le quali il Ministro Tria ha chiesto il ricambio, sembra leggersi in controluce un progetto complessivo di riforma. Quale? Forse quello già raccomandato nel 20016 dall'OCSE (qui il rapporto): accorpare in un'unica struttura le tre agenzie fiscali.

Non a caso, nel Rapporto dell'Organizzazione per la Cooperazione e sviluppo economici si leggeva: «Il gap più critico è nella duplicazione di controlli e indagini tra le agenzie fiscali e la Gdf». Letta attraverso questa chiave, la nomina del generale Maggiore e di altre figure certamente di rilievo (Mineo alle Dogane e ai Monopoli, Caprino al Demanio), ma dai nomi non troppo ingombranti, assume tutta un'altra luce.

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