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Attivismo civico & Terzo settore

Il grande risiko della concessione dei Gratta & Vinci

Nei primi 6 mesi dell'anno, i Gratta & Vinci hanno fatto registrare incassi per oltre 4,6 miliardi di lire. Un piatto quanto mai ricco, anche di problemi: perché fra tribunali e carte bollate sulla più grossa delle concessioni di gioco sta andando in scena uno scontro senza precedenti che vede coinvolte Lottomatica, Sisal, Stanleybet, amministrazioni e Stato. Ecco tutta la storia, nella seconda puntata del nostro reportage sulla "mappa del potere dell'azzardo"

di Marco Dotti

«Il Gratta & Vinci trionfa nelle tabaccherie e nei bar, dove assieme ad un caffè veloce celebra una compiuta democrazia del caso. Non c’è possibilità di ponderare l’imponderabile e tutti, ricchi e poveri, potenti ed umili, nell’Italia che cambia sono ugualmente esposti alla sorte». Questa osservazione di Giuseppe Imbucci – che da storico, negli anni Novanta, fu tra i pochi a dedicare attenzione non sporadica alla vita quotidiana e alle sue interazioni con i giochi di fortuna – ci porta dritti al cuore di un problema. Un problema che è al contempo sociale, istituzionale, economico e strategico: non "quanto giocano gli italiani", né quanti malati o meno possano oramai definirsi "giocatori" ( e viceversa), ma perché e come uno Stato sia arrivato a concedere ai privati l'esercizio di un suo storico monopolio. Oltretutto su prodotti ad altissima nocività (perché tali sono i prodotti dell'azzardo). È, questo, il grande tema delle concessioni che proprio in quegli anni si apriva e proprio ora, come una ferita mai rimarginata nelle vicende istituzionali del nostro Paese, si riapre. Anche sul Gratta & Vinci

1994: l'anno zero del Gratta& Vinci

Sul finire del secolo scorso, grazie alla distribuzione capillare nelle reti del commercio di prossimità, tabaccai in primis, l’introduzione del Gratta & Vinci ha indotto un radicale cambiamento nelle abitudini di consumo, spesa e risparmio delle famiglie italiane. Attraverso il rinforzo della piccola vincita, immediatamente riscossa, gli italiani rovesciavano i loro comportamenti di gioco,abbandonando gradualmente le vecchie lotterie e le vecchie schedine abituandosi a grandi perdite, nella speranza piccole vincite immediate, anziché a piccole perdite confidando in grandi e future vincite.

Il gesto di "grattare" – spiegava Imbucci – prese «a diventare frequente anche fra i fanciulli e gli adolescenti, categorie finora escluse dall’utenza di gioco». Mentre si colonizzava un immaginario, puntando all'accettabilità sociale e l'accessibilità materiale di modelli di comportamento dissipativo, si faceva spazio a un mercato emergente: quello dell'azzardo predatorio e di massa. L'azzardo, da sporadico e confinato in spazi e tempi ben circoscritti, diventava disponibile in tutti i luoghi, ad ogni ora.

Il fatto che tutto questo sia avvenuto negli anni delle privatizzazioni da un lato e di aggressione ai risparmi privati dall'altro è forse l'unico elemento non affidato al caso in questa storia molto, molto italiana.

Messi a punto negli Stati Uniti nei primi anni Settanta, attraverso un sistema di randomizzazione manuale, gli scratch-and-win arrivano sul mercato italiano proprio il quegli anni. Per la precisione, il 21 febbraio 1994. Si trattava, allora, di finanziare con 240 miliardi di lire il “piano salva-lavoro” del Ministro Gino Giugni. Altri tempi.

Se osserviamo i volumi di gioco nei primi due anni del Gratta&Vinci e li confrontiamo con gli attuali, possiamo capire meglio l’evoluzione economica del prodotto, cogliere in controluce la successiva finanziarizzazione del settore, e tentare di leggere il suo impatto sul tessuto sociale in rapporto ai comportamenti di un gioco diventato nel frattempo di massa.

Nel 1994, l’anno della sua introduzione, il Gratta & Vinci raggiunge un totale di somme giocate di 1,109 miliardi di lire, corrispondenti all’incirca a 2 milioni di euro. L’anno seguente, la cifra è già raddoppiata e le somme giocate dagli italiani ammontano 2,175 miliardi di lire [Fonte per i dati: Giuseppe Imbucci, Il gioco. Lotto, totocalcio, lotterie. Storia dei comportamenti sociali, Venezia, Marsilio, 1997].

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2003, la svolta: lo Stato esternalizza

Nel 2003, la raccolta si attesta già a 593 milioni di euro. Il dato è rilevante. La data lo è ancora di più, perché nel 2003 lo Stato, che in altri settori privatizzava interi comparti strategici, nel contesto di un’evoluzione espansiva del settore "giochi" esternalizza ai privati anche il ramo del Gratta & Vinci bandendo la prima gara per l’affidamento della sua gestione in concessione.

Ad aggiudicarsela è un soggetto privato costituito ad hoc, R.T.I Lottomatica, che in seguito si è trasformata in Consorzio Lotterie, prima di assumere nel 2010 la denominazione che possiede tutt’oggi la joint venture che controlla il mercato: Lotterie Nazionali.

Lotterie Nazionali è una società a responsabilità limitata costituita da Lottomatica, che ne controlla il 64%, dalla società Arianna 2001 Spa, facente capo alla Federazione Italiana Tabaccai (Fit), che «si occupa in esclusiva della distribuzione dei biglietti Gratta & Vinci agli oltre 70.000 punti vendita italiani, generando 1,8 milioni di spedizioni l’anno», e dall’americana, leader nella produzione di slot machine e nella stampa dei biglietti delle lotterie istantanee, Scientific Games Corporation.

Gli ultimi dati

Se restringiamo il campo ai nostri giorni, osserviamo che al 30 giugno 2018 i dati della raccolta del Gratta & Vinci mostrano un incremento percentuale del 2,66%rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In termini assoluti, il giro d’affari della popolare lotteria istantanea nei primi sei mesi del 2018 è stato di 4,6 miliardi di euro.

Tra il 2009 e il 2017, il Gratta & Vinci ha registrato questi fatturati, al lordo delle vincite:

Chi guadagna e quanto

Se dal fatturato (la cosiddetta “raccolta”) passiamo ai guadagni per il concessionario Lotterie S.rl notiamo che al 31 dicembre 2017, secondo i numeri dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, l’ente di scopo preposto statutariamente al controllo del sistema dei giochi pubblici, il compenso lordo per la distribuzione del prodotto è stato di oltre 1 miliardo di euro, così suddivisi:

Alla rete di vendita (che in quota parte è riferibile allo stesso concessionario, nella cui compagine c’è – come detto – la Federazione Italiana Tabaccai) sono andati circa 720milioni, mentre per la sola attività di concessionario i ricavi sono stati pari a circa 353 milioni.

Numeri molto importanti per l’attività gestita dalla joint venture con a capo il gruppo Lottomatica, soprattutto se paragonati agli equivalenti europei (pensiamo alla Francia, dove il margine per la distribuzione è del 2%: in Italia è il quadruplo). Lotterie S.r.l. opera oramai da 15 anni come concessionario di Stato unico ed esclusivo per le lotterie istantanee e che, nell’ultimo esercizio, ha generato un compenso lordo complessivo (1,073 miliardi) che supera il valore versato per ottenere il rinnovo fino al 2028 dell’intera concessione (800 milioni).

Concessione (e numeri) che sono oggi al centro di un enorme contenzioso giuridico e istituzionale che sta spaccando il fronte dei portatori di interesse e ridisegnerà a breve la mappa dei poteri anche in questo mercato.

2017: un rinnovo senza gara

Tutto accade tra il mese di luglio e quello di dicembre del 2017.

I due attori principali, privato e pubblico, sono Lottomatica e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e, per tramite di quest’ultima, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, retto allora dal ministro Padoan. Andiamo con ordine, fin dove è possibile un ordine in questa vicenda alquanto complessa, ma esemplare.

La concessione statale esclusiva per la gestione dei Gratta & Vinci, affidata a Lotterie Nazionali S.r.l. dal 1 ottobre 2010, avrebbe avuto la sua naturale scadenza il 30 settembre 2019. Tuttavia le cose hanno preso una piega diversa. Inevitabile, secondo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Criticabile secondo altri. Anche secondo altri imprenditori che, a quella concessione e alla relativa gara, si erano mostrati interessati.

Il 26 luglio del 2017, esattamente un anno fa, giocando d’anticipo di ben 2 anni sulla naturale scadenza fissata per il 30 settembre 2019, Lottomatica presenta una richiesta di rinnovo della concessione. Suo interesse farlo e probabilmente – così sostengono le parti in causa – diritto farlo. Perché lo fa?

Limitiamoci al dato formale, l’unico che conosciamo. Lo fa perché un articolo del Decreto Legge n. 78 del 1 luglio 2009, convertito in legge (la n. 102) il 3 agosto dello stesso anno, sembrerebbe aprire una possibilità a un rinnovo senza gara della stessa concessione. È così? Secondo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per conto della quale la concessione è gestita, la risposta sarà chiara e altrettanto formale: “sì”.

Perché tanta fretta?

Eppure, sia sulla forma, sia sui tempi, che inevitabilmente sulla sostanza sorgono i primi dubbi. Dubbi grossi. Il rinnovo senza gara, osservano i più attenti, è una possibilità, ma è prevista solo come eccezione in casi in cui – magari per assenza di offerte adeguate, come accade spesso nelle aste, o per una congiuntura di crisi molto forte, e in ogni caso valutando al quinto anno della precedente concessione da parte del concessionario vi sia stata una «ottima gestione», – si debba tutelare l’interesse pubblico, tutelando l’erario.

Questa eccezione sarebbe quindi una sorta di valvola di salvataggio per i conti dello Stato. Tra l’altro, la norma del 2009 prevedeva un’altra cosa: la gestione multiproviding del Gratta & Vinci, che in sé avrebbe dovuto impedire l’applicabilità della clausola del rinnovo che, invece, garantisce ancora una volta la gestione monopolistica di Lotterie.

Dobbiamo inoltre ricordare che, per com’era andata la gara del 2010 (che si era chiusa con l’affidamento del servizio in regime di monopolio a Lotterie Nazionali, pur essendo stata espressamente prevista dalla legge la gestione in concorrenza da parte di una pluralità di concessionari), quell’eccezione non avrebbe potuto operare, poiché la clausola di rinnovo era stata prevista in una logica, come detto, multiproviding ossia di gestione da parte di più concessionari.

Si sono verificati i presupposti per legittimare questa eccezione? Secondo l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e il Governo Gentiloni, la risposta è affermativa. Perché?

Torniamo all’articolo 21 del Decreto Legge del 1 luglio 2009 (n. 78), articolo in base al quale Lottomatica ritiene di poter chiedere la prosecuzione senza gara della concessione per altri 9 anni.

Sono due i profili disciplinari che emergono dal decreto del 2009, detto non a caso “anticrisi”:

  • la prosecuzione della concessione dopo i primi 5 anni di servizio, subordinata però alla positiva valutazione della gestione effettuata dall’«Amministrazione concedente»;
  • il rinnovo per ulteriori 9 anni, possibile alla scadenza del novennio (2010/2019). Nel caso di tale rinnovo effettivamente la legge non indica le condizioni per procedervi, tuttavia è evidente che applicando i criteri generali, trattandosi di una facoltà e non di un obbligo, l’Amministrazione è tenuta a chiarire perché ha deciso di non rivolgersi al mercato attraverso una gara pubblica per l’individuazione del miglior gestore ed ha optato invece per il rinnovo. In quest’ottica, pertanto, non è sufficiente il criterio della “positiva gestione”, ma deve trattarsi di un “ottima gestione”, in prognosi non migliorabile a seguito dell’individuazione di un nuovo concessionario con gara pubblica.

La scelta dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli

L’ «Amministrazione concedente» è, ovviamente, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – e, per suo tramite, il Ministero dell’Economia e delle Finanze da cui l’Agenzia dipende – che nel settembre successivo dà parere positivo con un documento firmato dall’allora vicedirettore dell'Agenzia e capo dell'area Monopoli Alessandro Aronica. Pochi mesi dopo Aronica sarebbe passato alla direzione interregionale della Liguria, del Piemonte e della Valle d'Aosta.

In quel documento, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli dà per certo che l’importo offerto da Lottomatica per ottenere il rinnovo del titolo concessorio – 800 milioni di euro in totale, pari a quanto versato nel 2010 per il precedente contratto di concessione – sia da ritenersi congruo. Congruo in base a che cosa? In base, sostengono dall’Agenzia, all’andamento dal mercato e alla possibilità che nessun altro candidato, anche qualora si fosse tenuta una gara, avrebbe potuto pareggiare l’offerta di Lotterie S.r.l.

In tal caso, specificavano i tecnici dell’Agenzia, la concessione sarebbe proseguita in capo allo stesso concessionario, ma senza vantaggi ulteriori per le casse dello Stato. Un ragionamento che sembra non reggere, visto ciò che accadrà nel giro di pochi giorni. Ma nel frattempo quello dell’Agenzia è il ragionamento decisivo, perché con il Decreto Legge n. 148/2017, il cosiddetto “Decreto fiscale” collegato alla Legge di Bilancio 2018, convertito in legge il 4 dicembre del 2017, Lotterie S.r.l. si vede garantire un rinnovo fino al 30 settembre 2028 della gestione delle lotterie istantanee.

Nel testo del Decreto Fiscale, all’articolo 20 si legge infatti:

«l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli provvedead autorizzare la prosecuzione del rapporto concessorio in essere, relativo alla raccolta, anche a distanza, delle lotterie nazionali ad estrazione istantanea, sino al termine ultimo previsto dall'articolo 4, paragrafo 1, dell’atto di concessione, in modo da assicurare nuove e maggiori entrate al bilancio dello Stato in misura pari a 50 milioni di euro per l’anno 2017 e 750 milioni di euro per l'anno 2018».

Il 4 dicembre 2017, prima ancora che la legge di conversione venisse pubblicata in Gazzetta Ufficiale (era nota solo l’avvenuta approvazione definitiva da parte dei due rami del Parlamento), esce il comunicato stampa di Igt (ovvero la controllante di Lottomatica, per il diagramma societario di Gtech, Igt e Lottomatica rinviamo al nostro articolo: La mappa del potere) in cui si annuncia la prosecuzione per 9 anni della concessione:

«Lotterie Nazionali S.r.l. – (…) che gestisce in esclusiva la concessione del Gratta e Vinci in Italia ed è posseduta per il 64% dalla controllata italiana Lottomatica Holding S.r.l., e direttamente e indirettamente per il 20% da Scientific Games Corporation e per il 16% da Arianna 2001 S.p.A. – ha accettato la prosecuzione di nove anni della concessione delle lotterie istantanee in Italia».

Tutto bene? Tutto tranquillo? Non proprio. Nel dibattito pubblico se ne parla poco. Sulla stampa ancor meno. Eppure, nel frattempo, è approvato un Decreto Legge e i giochi cominciano a farsi chiari.

Dove sta lo Stato?

Parte così un contenzioso che porta fronteggiarsi, da un lato, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Lottomatica Spa e Lotterie S.r.l. e, dall’altro, altri due colossi del gioco che si ritengono danneggiati e li chiamano in causa. Al centro del contendere, però, non c’è solo il business o uno scontro fra privati.

C’è il cosiddetto “interesse pubblico” e la trasparenza dei processi decisionali, che Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e Ministero dell’Economia e delle Finanze sono come ogni ramo dello Stato-isituzione chiamati a salvaguardare. Anche quando si tratta di conti. Il cerchio si allarga. E siamo solo all’inizio.

Nel novembre 2017, il fondo di investimenti CVC Capital Partners, che dal 2016 controlla Sisal, per mano dell’AD Giampiero Mazza aveva indirizzato una lettera al Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, al sottosegretario all’economia con delega ai giochi Pier Paolo Baretta, al capo di Gabinetto del Mef – dove tutt'ora siede – Roberto Garofoli, al direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Giovanni Kessler, sostituito nelle settimane scorse, e all'allora vicedirettore Alessandro Aronica che aveva firmato la relazione tecnica sulla concessione senza gara.

A novembre siamo ancora nel periodo tra decreto legge e legge di conversione, e nella lettera di CVC dichiara la sua disponibilità a partecipare ad una gara con base d’asta identica a quella del 2009, ovvero 800 milioni di euro, dichiarando l'interesse di Sisal in tal senso. Una base d’asta, in sostanza, da cui il Mef avrebbe potuto e forse dovuto partire. Se non altro per interesse economico. Ma forse anche per essere conseguente a tanti discorsi, che proprio da via XX settembre uscivano in quel periodo, su libera concorrenza, tutela, etc.

La manifestazione d’interesse di Sisal è rimasta completamente inascoltata e, saputa la notizia dal comunicato stampa di IGT dove si annunciava la sigla del rinnovo, Sisal ha immediatamente adito il Tar del Lazio affinché decretasse l’assoluta illegittimità di tutta l’operazione realizzata per una molteplicità di motivi. Insomma, un bel groviglio di buone intenzioni e azioni non sempre di facile lettura.

Il ricorso di Stanleybet

Stessa cosa accade con Stanleybet, che presenta ricorso sempre dopo aver appreso dalla stampa della proroga della concessione della raccolta, anche a distanza, delle lotterie istantaee in favore di Lotterie S.r.l.

Stanleybet invoca subito l’annullamento del provvedimento e, in subordine, indica la strada della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. I legali di Stanley puntano su due anomalie, segnalando che tanto il rinnovo senza gara, quanto il fatto che per il Gratta & Vinci si sia ancora una volta scelto il sistema del concessionario esclusivo (il cosiddetto “mono provider”) sarebbero, di fatto, una doppia barriera all’accesso al mercato da parte di altri operatori. È la linea già seguita da Stanleybet per ricorrere contro la concessione del Lotto. In sostanza, l’operatore inglese (e maltese) ritiene che non aprire a più concessionari nella gestione leda, di fatto, il principio di concorrenza.

Per l’avvocato Fabio Ferraro, legale di Stanleybet, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Agimed a margine dell’udienza dello scorso 4 luglio, dove al Tar del Lazio si è dibattuto del ricorso di Stanley e Sisal, «se l’obiettivo del legislatore era di massimizzare il gettito, allora una nuova gara sarebbe stata lo strumento migliore».

Mentre il documento dell’Agenzia dei Monopoli, sempre per il legale «ha consentito di valutare solo l’andamento economico della gestione, ma non le prospettive di sviluppo del prodotto, e le capacità del concessionario di adeguarsi all’evoluzione del mercato. Oltretutto, quello dei giochi, è un settore che sta attraversando una forte trasformazione».

Ancora sul documento dell'ADM

Nel documento dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che di fatto costituisce la pietra angolare di tutta questa vicenda, il vicedirettore dell’area monopoli dell’Agenzia ravvisa l’esistenza dei requisiti di forma, competenza e sostanza, accertando inoltre «gli ottimi risultati di gestione» ottenuti da Lotterie S.r.l.

Non solo, l’Agenzia dei Monopoli ritiene che il concessionario ha «mantenuto i livelli di raccolta richiesti», assicurando che la gestione della rete distributiva fisica del Gratta & Vinci negli anni precedenti è avvenuta seguendo gli indirizzi dell’Agenzia stessa. Il concessionario è inoltre ritenuto affidabile dall’ADM perché, negli anni della precedente concessione, è rimasto nei parametri della concessione stessa. Un sillogismo. Corretto o fallace?

Agli avvocati di Sisal è parso viziato, poiché configurerebbe oltre che una violazione di legge, un eccesso di potere per difetto d’istruttoria, di motivazione, di illogicità e irrazionalità manifeste.

Rivolgendosi al Tar per l’annullamento, Sisal ha formulato una duplice richiesta alternativa:

  • che si interpreti la legge sul rinnovo in modo conforme al diritto interno ed europeo nel senso di consentire una gestione multiproviding del gioco, attraverso l’affidamento ad una pluralità di operatori (da scegliere previo esperimento di una gara pubblica) che affianchino Lotterie nazionali;
  • in subordine, dove non si condivida la prima impostazione e si ritenga che la legge non consenta l’apertura al mercato, che vengano rimessi gli atti alla Corte Costituzionale e/o alla Corte di Giustizia per la palese violazione da parte della legge stessa dei fondamentali principi nazionali ed europei in tema di pubblici affidamenti.

In controluce, se seguiamo il filo di questo discorso, vediamo tutte le contraddizioni di una gestione che, a conti fatti, sembra impossibile da conciliare con i fondamenti stessi della libertà d’impresa come stabilita dall’art. 41 della Costituzione.

Tutti al Tar

Da qui, com’è facile capire, si è scatenata la tempesta nel “sistema gioco”. Tempesta che si è trascinata fino all’udienza, presso il Tar del Lazio, tenutasi il 4 luglio scorso. Udienza della quale poco o nulla hanno scritto i media, persino quelli di settore.

«Il decreto fiscale del 2017 – che ha accordato il rinnovo della concessione dei Gratta & Vinci al Consorzio Lotterie Nazionali‎ – aveva finalità meramente finanziarie. Serviva a iscrivere il prezzo del rinnovo nel bilancio dello Stato. Per il resto è inutile», ha sostenuto l’avvocato Alessandro Botto, legale di Lotterie S.r.l.

Per Botto, il rinnovo era già previsto dalla gara del 2010, e il decreto del 2017 non ha anticipato i termini, ma avrebbe solo consentito allo Stato di incassare subito il corrispettivo.

Per l’ avvocato di Lottomatica, Vincenzo Fortunato, che nel 2009 era capo di Gabinetto al Mef guidato da Giulio Tremonti, nella sentenza prevista per settembre il Tar dovrà unicamente decidere «se vi sia stata o meno una discriminazione. Ma qui ci muoviamo all’interno di un rapporto concessorio, e non è possibile discriminare un soggetto che non ha partecipato a una gara».

Dal dibattimento – la sentenza arriverà presumibilmente a settembre, e si è facili profeti nel prevedere che, qualunque ne sia l’esito, verrà comunque impugnata – sono sorte alcune questioni cruciali, che vanno ben al di là della disputa fra tre colossi del gambling, su una partita comunque istituzionalmente delicatissima, che riguarda la più imponente concessione del settore su scala europea e, a quanto ci risulta, mondiale.

Questioni istituzionali, economiche, morali aperte

  • Prima questione: davvero in questa vicenda è stato tutelato l’interesse generale?

  • Seconda questione: l’assenza di una gara e, di conseguenza, l’accettazione diretta della proposta di rinnovo da parte di Lotterie Nazionali S.r.l. ha tutelato o esposto l’Erario a un mancato introito non stabilendo una base d’asta e, così, un inevitabile rialzo?

  • Terza questione: com’è stato possibile, al di là dei tecnicismi, spostando dunque il campo dal giuridico al politico e dalla policy alla politics, che su una partita tanto importante si operasse, con un anticipo di ben due anni? Dato il grosso anticipo del rinnovo rispetto alla scadenza (ben due anni prima) perché si è operato senza condurre una seppur minima indagine preventiva di mercato che verificasse l’interesse di altri idonei operatori all’affidamento? E quali sono le ragioni di tanta accelerazione e fretta, che hanno portato addirittura alla sottoscrizione dell’accordo di rinnovo – fatto che sta prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della norma di previsione? Tali modalità non hanno di fatto costituito un vantaggio competitivo per alcuni e uno svantaggio competitivo per altri, sui mercati e, dove le aziende sono quotate, in borsa?

  • Quarta questione: decisioni cruciali per l’equilibrio e l’assetto socioeconomico del Paese possono passare in sordina o, peggio, essere affidate al deep state anziché venire dibattute pubblicamente, come democrazia e mercato imporrebbero?

Scenari dello scontro: Corte Costituzionale e Corte Europea

Ora si aprono almeno tre scenari, per un autunno che si prennuncia caldissimo sul fronte dei "giochi pubblici". Il primo è la scadenza della rata da 450 milioni di euro che dovrà essere versata da Lotterie S.r.l. l’ottobre prossimo: che cosa accadrà se il Tar, com’è possibile, bloccherà tutto? Se, in altri termini, il Tar riterrà fondate le questioni primarie avanzate da Sisal o Staley nei confronti del Decreto Fiscale collegato alla Legge di Stabilità del 2018?

Che cosa accadrà se, invece, il Tar rimetterà tutto alla Corte Costituzionale? E se le norme nazionali saranno disapplicate, in forza del diritto europeo, e di conseguenza gli atti amministrativi che devono dare esecuzione alle norme stesse verranno annullati?

Comunque vada, sembra inevitabile che la vicenda approdi prima o poi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea. O che, aperta su altri fronti la grande partita della revisione, anche questa concessione finisca per rientrarvi.

In ogni caso, la storia continua. E comunque la si pensi non è una bella storia. Per le istituzioni, prima di tutto. Nel frattempo, dati alla mano, i numeri del Gratta & Vinci continuano a crescere.

* Vita è a disposizione di tutti i soggetti citati che volessero fornire chiarimenti, versioni o semplicemente intervenire nel dibattito


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