Colmegna: «Le vere radici dell’Europa? La solidarietà»
10 Ottobre Ott 2018 1632 10 ottobre 2018Il presidente della Casa della Carità di Milano ha ricevuto il Premio Cittadino Europeo dell’Anno proprio per essere da decenni dalla parte di chi accoglie gli ultimi della società: minori, malati, disabili, detenuti, stranieri. All’imperante linguaggio rancoroso di questi anni contrappone l’umanità che si declina in accoglienza e fraternità
Da dieci anni il Parlamento europeo consegna il Premio Cittadino Europeo dell’Anno. Un riconoscimento per chi “con le proprie attività si è distinto per l’eccezionale impegno nell’agevolare la cooperazione transfrontaliera o transnazionale nell’Ue, promuovendo una migliore comprensione reciproca e una maggiore integrazione tra gli abitanti degli Stati membri”.
Ieri, martedì 9 ottobre, tra gli oltre cinquanta premiati a Bruxelles, quattro gli italiani, c’era anche don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità di Milano che sulla via del ritorno in Italia sottolinea di aver accettato «dopo aver visto le motivazioni». La motivazione è il suo essere da decenni in prima linea nell’accoglienza «ma il premio è per chi sta operando, va a tutti gli ospiti, gli operatori e i volontari della Casa della Carità, non lo considero rivolto solo alla mia persona. Ed è importante che il Paramento europeo sottolinei proprio questo: l’ospitalità, l’accoglienza alla disabilità, alla povertà, agli stranieri… È un passo importante anche perché ho visto le altre motivazioni e questa condivisione è il vero modo di andare alle radici dell’Europa: la solidarietà».
In un’epoca in cui si parla tanto di radici, per indicare chiusura don Colmegna ripone l’accento sulle autentiche radici europee: la solidarietà «che è uno degli elementi che ne attraversano tutta la storia. È un elemento da riprendere, è troppo importante perché vada perduto in quest’epoca carica di rancori». Per il sacerdote scelto dall’allora cardinale Martini per guidare la neonata Casa della Carità dopo anni alla guida di Caritas Ambrosiana c’è un dato da non perdere: «la reazione che sto sentendo a questo linguaggio rancoroso. Nella nostra esperienza di comunità per esempio, quest’anno è la prima volta che molti ospiti hanno voluto partecipare alla PerugiAssisi proprio per esprime questo anelito alla fraternità ed è il linguaggio a cui ci richiama papa Francesco».
Don Colmegna a chi grida “prima gli italiani” risponde: «Prima la persona. Guardare in faccia l’umanità è una ricchezza».
Il suo è un andare contro l’individualismo strisciante che ci circonda per non dimenticare che «la civiltà europea è nata da grandi impasti». Ma non si nasconde il fatto che l’accoglienza non deve essere “assistenzialimo” «occorre intelligenza, occorre ragionare. Serve un clima diverso soprattutto davanti a una legislazione impazzita. Occorre arrivare al fatto che se uno arriva sulle coste europee non è arrivato in Italia o in Grecia ma è in Europa. Ecco all’Europa serve una visione». Non è solo la legislazione europea, ma anche quella italiana a non funzionare, secondo il sacerdote «siamo in un periodo in cui la legge ora produce fantasmi, lo stesso linguaggio usato crea conflittualità e il decreto Salvini non produrrà che illegalità, irregolarità». Per Colmegna, infatti, non c’è alternativa alla giustizia e alla legalità e l’accoglienza diffusa ne era un modello «e ora si vuol fare il contrario» conclude.
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