Analisi dei termini legati al sociale maggiormente ricorrenti nella Nota di aggiornamento presentata dal presidente del consiglio Giuseppe Conte e dal ministro dell'Economia Giovanni Tria. Nessun rimando nemmeno a impresa sociale e servizio civile universale. Riferimenti precisi invece a disabilità, adozioni e cooperazione allo sviluppo. Si certifica il calo degli arrivi dei migranti e la necessità di ottenere risparmi da questa voce
Zero. Nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2018, la dizione “Terzo settore” non compare nemmeno una volta. Non proprio una sorpresa visto che lo stesso trattamento gli era stato riservato dal Contratto di governo del Cambiamento. Valgono zero anche le ricorrenze di “non profit”, di “volontariato” (il termine volontari compare invece in una sola occasione in riferimento ai rimpatri volontari assistiti) e di “impresa sociale”. Scomparso anche il “servizio civile universale”. Nel documento non ci sono impegni a riguardo. Eppure il Fondo nazionale del servizio civile ad oggi conta su appena 115 milioni di euro. Per confermare l’avvio di almeno 50mila giovani ne servono oltre 300. Da notare che proprio nelle ore in cui il Governo chiudeva la scrittura della Nota al Def (almeno della sua prima versione, che verosimilmente sarà modificata nell’inter che porterà alla legge di Bilancio) il vicepresidente del Consiglio e responsabile del ministero del Lavoro e del Welfare Luigi Di Maio intervenendo all’assemblea del Forum del Terzo settore si era preso l’impegno di mettere proprio nella prossima legge di Bilancio una serie di misure (fra cui la possibilità di inserire professionisti nelle attività delle associazioni del Terzo settore e la revisione, con una estensione, dei soggetti che hanno diritto alle deduzioni per il finanziamento delle attività del Terzo settore) insieme con l’avvio di un tavolo per l’esame delle altre richieste del Forum, di cui si è persa completamente traccia.
“Cooperative” compare invece due volte: nel primo caso a pag 86 dove il governo si impegna a potenziare la lotta alle false cooperative. La seconda citazione, quattro pagine dopo, quando il presidente del consiglio Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia Giovanni Tria affermano che «si procederà inoltre al completamento della riforma delle cooperative e banche popolari», presumibilmente intendendo che si procederà alla riforma delle banche cooperative e di quelle popolari.
"Welfare" invece compare in ben 13 occasioni. A pagine 67 si dice che la «riforma del welfare consentirà l’uscita anticipata di lavoratori che hanno conseguito un elevato numero di anni di contribuzione legandola alla creazione di spazi per l’assunzione di giovani». In questo modo sovrapponendo la riforma del welfare a quelle del sistema previdenziale. Nel titolino di pag 90 il welfare viene associato al termine lavoro. È il capitolo dove si parla di reddito di cittadinanza. La parola welfare però (malgrado la presenza nel titolo) non compare mai nel capitolo. A pag 102 invece si accenna genericamente alla necessità di fare investimenti nel welfare familiare aziendale (formula fra l’altro piuttosto originale, che forse, forse, sottende all’obiettivo di rafforzare gli strumenti di conciliazione casa-lavoro).
"Disabili/disabilità" ricorrono 23 volte. La prima volta a pagina 96: «Con riferimento all’inclusione degli alunni con disabilità – e in considerazione della centralità nel sistema di istruzione nazionale dei principi di inclusione scolastica - è stato costituito un gruppo di lavoro per l’accompagnamento delle misure attuative previste nella normativa in vigore. Tale approccio è finalizzato a consentire la piena integrazione delle alunne e degli alunni con disabilità, sulla base dei propri bisogni individuali e nell’ottica dell’autonomia, della partecipazione sociale e del miglioramento delle performance». A pagina 102 si lega il sostegno alle famiglie con persone disabili al reddito di cittadinanza e alla pensione di cittadinanza: « Nell’ambito di un riordino del sistema dei sussidi e delle prestazioni sociali, occorre definire politiche strutturali e mirate, in grado di invertire la dinamica demografica avversa. In tale contesto, anche il Reddito di Cittadinanza giocherà un ruolo chiave nel sostegno alle famiglie disagiate e con disabili e con componenti in condizione di disabilità, mentre la ‘pensione di cittadinanza’ sarà prevista per le persone che vivono al di sotto della soglia minima di povertà e verrà modulata tenendo conto della situazione complessiva dei nuclei familiari, anche con riferimento alla presenza al loro interno di persone con disabilità o non autosufficienti.
A pag 103 invece si fa esplicito riferimento « riforma e il riordino della disciplina per la tutela e la promozione dei diritti delle persone con disabilità: una riforma strutturale, volta a una revisione legislativa complessiva inerente alle diverse tematiche delle prestazioni e dei servizi per l’inclusione sociale, educativa e occupazionale, dell’accessibilità, della non discriminazione, del diritto alla vita adulta e del contrasto alla segregazione, con il fine di superare la frammentazione normativa mediante la redazione di un apposito Codice della materia».
Qualche spiraglio di luce arriva sul fronte della "cooperazione allo sviluppo". Come notano le ong delle rete Link 2007 l’aggiornamento del Def «stabilisce che per il triennio 2019-2021 gli obiettivi di spesa per l’Aps, aiuto pubblico allo sviluppo, siano: 0,33% del Rnl (reddito nazionale lordo) nel 2019, 0,36% nel 2020 e 0,40% nel 2021». Oggi siamo intorno allo 0.30%. «Nuovi problemi però», notano le ong «potrebbero poi aprirsi a causa di possibili inappropriate sovrapposizioni ministeriali di competenze, di cui la cooperazione allo sviluppo non ha certamente bisogno. Da sottolineare che il Focus “Aiuto pubblico allo sviluppo” si trova alla pagina 42 del Def aggiornato, diversamente da tutti i precedenti documenti di economia e finanza che lo situavano nelle ultime pagine del testo. Un segnale di particolare attenzione.
Si parla di "immigrazione" nel capitolo dedicato alla sicurezza pubblica. Innanzitutto dando i numeri:« Con riferimento all’immigrazione, nel 2017 e nei primi sei mesi del 2018 si è registrato un trend in discesa degli sbarchi di migranti sul nostro territorio. Tale tendenza si è consolidata a partire da giugno 2018, da quando sono sbarcati 4.458 migranti a fronte di 21.850 sbarcati nello stesso periodo dell’anno precedente con una riduzione percentuale pari all’80 per cento. Allo stato sono in trattazione presso le Autorità italiane circa 136.000 richieste di protezione internazionale. In base ai dati sulla concessione, solo il 7 per cento dei richiedenti asilo, a cui si aggiunge un ulteriore 4,2 per cento di migranti cui viene riconosciuta una protezione sussidiaria, ottiene il riconoscimento dello status di rifugiato. Il numero complessivo delle protezioni - incluse quelle umanitarie - ammonta, dopo i ricorsi, al 38,4 per cento del totale delle richieste di status di rifugiato. Il Governo intende adottare un nuovo approccio nelle politiche di contenimento dei flussi migratori verso l’Europa, che vanno intercettati nei Paesi di partenza e transito. Inoltre, il problema deve essere gestito in una dimensione europea».
La riforma dell’accoglienza richiama la necessità di risparmi e di allocazione dei fondi europei (Fami) verso il rimpatri: « Con riferimento alla riforma del sistema di accoglienza, il Governo intende ridurre la durata delle procedure di esame delle domande di asilo e ridefinire i servizi di prima accoglienza riservati ai richiedenti asilo, ferme restando le particolari misure da assicurare alle categorie vulnerabili e gli interventi di accoglienza integrata (SPRAR). In tale contesto, il Governo procederà alla rideterminazione dei servizi assistenziali e delle modalità prestazionali nei centri di prima accoglienza, calibrandoli alle dimensioni e alle diverse tipologie di struttura, anche prevedendo per le piccole strutture modalità di erogazione ‘in rete’ dei servizi. Da ciò deriverà una notevole riduzione della spesa a carico dell’Erario. Il Ministero dell’Interno ha emanato una direttiva contenente le linee di intervento. La gestione dei flussi migratori richiede la piena operatività dei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR), che attualmente hanno una disponibilità complessiva di 880 posti. Nuovi centri sono in corso di realizzazione. Altrettanto importante è l’implementazione delle misure, e delle relative risorse, per i rimpatri volontari assistiti (RVA), con il finanziamento anche di fondi europei (FAMI)».
Infine le "adozioni". Così il Governo: «In ordine alle politiche in materia di adozioni di minori italiani e stranieri, è necessario accelerare le attività istruttorie ai fini del rilascio del decreto di idoneità, assicurando una maggiore uniformità dei servizi resi sul territorio nazionale. Sono pertanto allo studio misure per razionalizzare, snellire e coordinare le attività di informazione e i processi di valutazione. Inoltre, dovranno essere intraprese azioni per definire un sistema di sostegno post adozione strutturale e capillare, attraverso misure che accompagnino le famiglie con interventi che investano una pluralità di competenze, da quelle giuridiche a quelle psicologiche, sociali e pedagogiche. E’ altresì necessario intraprendere un utile percorso di razionalizzazione degli enti autorizzati per le adozioni, garantendo al contempo un’omogenea diffusione della loro operatività. Occorre, infine, rafforzare gli strumenti di sostegno economico per le coppie che concludono un percorso adottivo, nonché investire in progetti di cooperazione nei Paesi di origine, per sviluppare le competenze atte a garantire procedure più veloci e trasparenti».