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Italia

Saraceno: «Tante parole, poco Sud in questa politica»

11 Ottobre Ott 2018 0925 11 ottobre 2018
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Un'Italia sempre più spaccata in due, forse tre zone. Questa la fotografia del Paese. Non basterà il reddito di cittadinanza per colmare il divario, Anzi, avvertono ricercatori ed esperti, potrà addirittura incrementarlo. Ne parliamo con la sociologa Chiara Saraceno

Un'Italia sempre più spaccata in due, forse tre zone. Questa la fotografia del Paese, davanti a un DEF che preoccupa sempre più. Non basterà il reddito di cittadinanza per colmare il divario, Anzi, avvertono ricercatori ed esperti, potrà addirittura incrementarlo. Ne parliamo con la sociologa Chiara Saraceno.

Il Sud si è qualificato come il grande assente nel dibattito politico di questo Paese. Oggi rientra dalla finestra sul dibattito. Per quale motivo secondo lei la politica pare ammutolita su questo fronte?
Il Mezzogiorno è uscito dall’agenda politica da oramai molto, troppo tempo. Questa campagna elettorale è diventata un puro contenitore di voti potenziali – dati per persi, dati per certi - da attivare. Una campagna elettorale che si è contraddistinta per una bassissima focalizzazione di temi e problemi, inclusi i temi e i problemi che sono propri non solo delle politiche nazionali, ma anche delle politiche locali. Il locale , poi, in questa dinamica elettorale è emerso solo in termini di sfruttamento negativo, di denuncia e indignazione diremmo. Non c’è stata vera ri-innovazione.

Il presidente di Fondazione con il Sud Carlo Borgomeo in un intervento che pubblica su Vita sostiene che “Occorre rovesciare il paradigma: è inutile la condanna per il Sud ad un inseguimento impossibile, frustrante e deresponsabilizzante, dei livelli di ricchezza del Centro-Nord…
Il Sud è un problema per il quale, ritualmente, si continua a dire: “dobbiamo risolverlo”, “dobbiamo fare qualcosa”… Ma non ci si pone mai, o raramente, il problema di attaccare davvero i meccanismi che ingabbiano il Sud. Il fatto che, con la crisi, la maggior parte dei posti di lavoro persi sia stata al Sud è arrivata come una scoperta ex post, come fosse una sorpresa. Questo significa che è mancata attenzione. Ed è mancata attenzione complessiva, non solo sul Sud. Prendiamo il caso del lavoro. Sappiamo che il lavoro non basta, ma cosa facciamo? Sappiamo che non c’è abbastanza lavoro remunerato – fatto evidente in maniera drammatica al Sud - ma in tutti questi anni la preoccupazione è stata quella di incidere sull’offerta (“costo del lavoro troppo alto”, “mancanza di qualifiche” ,etc.), mentre la questione è tutta nella scarsa domanda.

La forza-lavoro che fugge dal Sud è spesso molto istruita, preparata, qualificata... Questo dimostra che la criticità è sul terreno della domanda, ma noi abbiamo preferito inseguire l’offerta. Non vedendo ciò che accadeva sotto i nostri occhi. Poi c’è il problema che, spesso, anche avendo un lavoro la remunerazione non basta. Il Sud sta perdendo capitale umano, perché la loro ricerca non intercetta abbastanza richiesta di lavoro. Ma il dato che più mi colpisce del Sud, ed è un dato spesso sottostimato, è che si sta perdendo capitale umano femminile. I tassi di occupazione femminile del Mezzogiorno sono a livelli minimi: e questo, in parte, spiega sia l’alta povertà famigliare, la povertà dei bambini e la bassissima fecondità di questa parte d’Italia che, tradizionalmente, era la più feconda d’Italia. Si sono invertiti rapporti secolari a causa della crisi e della nostra miopia.

Borgomeo afferma anche: “Non aderisco al pensiero di quanti sostengono che se i trasferimenti di risorse (pure necessari e in calo) fossero stati più massicci, oggi il problema del Sud sarebbe meno grave. Penso che sarebbero stati più frequenti i casi di ricchezza senza sviluppo, come hanno dimostrato alcune vicende che hanno determinato impressionanti trasferimenti di risorse in alcuni territori”.
Il problema non è, chiaramente, di trasferire più risorse al Sud. Casomai non abbiamo fatto abbastanza investimenti su una società civile che si trova a fare i conti con problemi ambientali e istituzionali di lungo corso.

Quali sono le leve per rinforzare il capitale sociale del Sud? Il Terzo settore meridionale ha la forza per giocare un ruolo da protagonista? A quali condizioni?Per certi versi, il Sud esprime picchi di innovazione e grandi esperienze proprio nell’ambito dell’associazionismo e della società civile. In condizioni estreme è come se emergessero qualità e risorse estreme (penso ai maestri di strada, per esempio). Il modello di molte esperienze di società civile meridionale – pensiamo alla dispersione scolastica – possono valere per le aree degradate del Nord, per esempio. Il problema è che non riusciamo a farne sistema. Sistema per tutto il Paese. Le analisi sul Sud non mancano, ma mancano non solo un’idea di sistema, ma anche la voglia di fare sistema. I singoli fanno cose mirabili, ma bisogna smettere di correre dietro ai singoli: guardiamo ciò che funziona, mettiamolo a sistema e mettiamolo alla prova su un territorio e traiamone un modello. Altrimenti si sfinisce il capitale sociale e si distrugge speranza. E non possiamo, né dobbiamo permettercelo.

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