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Sull’Etiopia la CAI è «stra-impegnata»

Al convegno della CAI a Firenze era atteso anche il direttore dell’Autorità centrale dell’Etiopia, Paese che a gennaio 2018 ha chiuso le adozioni. «I canali con l’Etiopia non si sono mai interrotti, valutiamo una missione», ha detto Laura Laera

di Sara De Carli

A gennaio 2018, con l’approvazione della nuova legge sulle adozioni, l’Etiopia ha chiuso le adozioni internazionali. Da allora in Etiopia la situazione dei bambini abbandonati è peggiorata drasticamente. Molti orfanotrofi privati sono stati chiusi perché i grandi enti americani se ne sono andati e i bambini che ci vivevano sono in strada. Oggi a Firenze al convegno della CAI era atteso anche Kibri Hailu Abay, direttore del Direttore del MOWA, l’Autorità centrale dell’Etiopia. «La prima delusa dal suo mancato arrivo per motivi di salute sono io, perché la sua presenza qui oggi aveva un significato preciso», ha detto Laura Laera, vicepresidente della CAI, sollecitata da un intervento del Centro Aiuti per l’Etiopia. «Sapete però che i canali con l’Etiopia non si sono mai interrotti, anzi. Quali passi futuri? Il Presidente del Consiglio è stato settimana scorsa in Etiopia e gli era stato consegnato un appunto sulle adozioni, mi risulta che il tema sia stato toccato, sebbene non conosca ancora gli esiti di quell’incontro», ha detto la vicepresidente. «Per fine novembre-inizio dicembre il Ministero degli Esteri ha in programma una missione, mi sto attivando per capire se è possibile fare una missione congiunta con la CAI o se programmarne una nostra. Di certo già settimana prossima ci faremo presenti per capire come sviluppare questa relazione mai interrotta. Sappiamo la situazione dei bambini abbandonati in Etiopia e non possiamo chiudere gli occhi. La CAI è stra-impegnata per l’Etiopia ma dobbiamo anche ricordare che ogni Stato è sovrano a casa sua. Tutti vogliamo adozioni etiche, ma portare avanti la bandiera dell’eticità non può significare sacrificare la possibilità di dare un aiuto concreto ai bambini. Siamo tutti d’accordo con l’eticità ma credo si debba cominciare a portare avanti anche altri obiettivi».

Paola Crestani è presidente del Ciai, uno degli enti che erano autorizzati a operare in Etiopia. «In quel Paese l’adozione nazionale è aperta e i genitori in un certo senso danno per scontato che sia così anche per le adozioni internazionali. Proporre l’adozione aperta anche per l’adozione intenzonale può essere una soluzione? In alcuni casi e a patto che siano molto chiari i rapporti fra i due Paesi: mantenere una relazione con la famiglia d’orogine cosa significa? Inviare informazioni alle famiglie? Che le famiglie d’origine possono mettersi in contatto con le famiglie adottive? Tutto questo deve essere molto chiaro. D’altro canto però parlando con persone etiopi che hanno adottato con l’adozione nazionale, emerge che l’adozione aperta è un disincentivo per le adozioni, perché i genitori adottivi hanno timore di ritroverarsi i genitori biologici in casa. È questa allora la strada? O è meglio aiutare l’Etiopia a incamminarsi verso la ratifica della Covenzione dell’Aja? I bambini per strada già si vedono, sì. Noi siamo ancora lì con tanti progetti, dalla promozione della registrazione all’anagrafe alla prevenzione del child trafficking. È giusto fare tutto questo, ma quando un bambino ha bisogno di una famiglia devi dargliela: l’adozione è un tassello, l’ultimo, di un impegno più grande, ma deve esserci anche quello».

Rispetto alle collaborazioni con i Paesi di provenienza, Laura Laera oggi ha comunicato che la CAI a breve siglerà un’intesa bilaterale con la Slovacchia e con il Benin (le cui adozioni sono già partite), darà attuazione agli accordi bilaterali rimasti inattivi e che entro la fine 2018 o al massimo i primi mesi del 2019, arriveranno anche l'accordo bilaterale con la Cambogia e la riapertura delle adozioni da quel Paese.


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