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Cooperazione & Relazioni internazionali

Accogliere? Dopo mio papà l’ho fatto anche io

Giorgio Campanini, storico e docente universitario parmense di 88 anni e suo figlio Sandro accolgono in casa Mursal e Abdi, etiopi di 25 e 22 anni. La loro è una delle storie delle esperienze di accoglienza in famiglia che verranno presentate il primo dicembre al Mudec all’evento “Io apro la mia porta. Fra noi in famiglia: storie di integrazione” promosso da Consorzio Farsi Prossimo e VITA

di Daniele Biella

«Mio padre, che oggi ha 88 anni ed è vedovo, ha accolto in casa sua Mursal, arrivato dall’Etiopia. Il suo esempio ha messo attorno a un tavolo anche mia moglie, i miei due figli e io, con una domanda: lo facciamo anche noi? La risposta è stata unanime. Sì», spiega Sandro Campanini, 52 anni che ospita dal marzo di quest’anno Abdi, 22enne anch’egli etiope. La famiglia Campanini a Parma è conosciuta da molti: proprio il padre di Sandro, Giorgio, è uno storico e docente universitario autore di molti saggi e la sua porta di casa è state sempre aperta.

Nel 2015, quando era già in pensione, ha sentito l’appello di Papa Francesco alle parrocchie per l’accoglienza e ha contattato la Caritas, che tramite Ciac onlus e il progetto Rifugiati in famiglia gli ha fatto conoscere Mursal, oggi 25enne, che ha vissuto da lui per più di un anno. In realtà la casa della famiglia di Sandro e quella di suo padre sono una attigua all’altra, quindi l’accoglienza è stata fin da subito collettiva.

«Il primo contratto l’ha firmato mio padre ed effettivamente era lui ad andare agli incontri con gli operatori referenti e seguire tutta la rigorosa procedura per potere accogliere», spiega Sandro. «Poi con Abdi, invece, ci siamo impegnati noi direttamente».

I ragazzi sono arrivati in famiglia dopo almeno un anno in un centro di accoglienza e una volta ottenuta la protezione internazionale. La loro sistemazione a casa Campanini «è una stanza è indipendente e con proprio bagno, questo è importante perché l’accoglienza non è retorica ma vissuto quotidiano e avere ognuno i propri spazi è importante», specifica. All’inizio, soprattutto da parte di papà Giorgio, qualche timore c’era soprattutto sulle usanze a tavola: Mursal è musulmano mentre lui è cattolico praticante, e a Parma il prosciutto è una costante culinaria.

«Oltre a non esserci stato alcun problema, con ognuno che seguiva le proprie regole, nel tempo è stato arricchente conoscere le rispettive usanze», spiega Sandro. Lo stesso scambio è avvenuto per la storia dei Paesi d’origine: mentre sia prima Mursal che ora Abdi hanno man mano conosciuto la cultura italiana, noi abbiamo potuto avere informazioni di prima mano sulla Somalia, luogo dove gli italiani hanno vissuto discussi anni da coloni, «ma del quale sappiamo poco o nulla». I figli di Sandro e moglie hanno 19 e 24 anni, il minore studia in città l’altro a Torino.

«I rapporti tra noi e chi è accolto seguono ritmi normali, ognuno con i propri impegni senza forzature: se noi siamo via, per esempio, lasciamo le chiavi con fiducia reciproca, mai venuta meno». Mursal, che ha lo status di rifugiato, dopo avere terminato il progetto di accoglienza da Giorgio Campanini vive in un appartamento sempre a Parma e lavora come mediatore per Ciac onlus, Abdi dopo sette mesi a casa Campanini – «in cui abbiamo lavorato assieme sulla gestione responsabile dei propri spazi, cosa che prima lui non aveva mai fatto», spiega Sandro – sta completando il percorso per lo stesso status e nel frattempo studia per ottenere patente. «Accogliere una persona nel suo percorso verso l’autonomia è un’esperienza senza alcun dubbio fattibile», conclude Sandro.

Nella foto di copertina Giorgio Campanini insieme a Mursal


Io apro la mia porta. Fra noi in famiglia: storie di integrazione”. È l'evento che Consorzio Farsi Prossimo e VITA organizzano il prossimo 1 dicembre al MUDEC di Milano, in collaborazione con Fondazione AVSI, Caritas Ambrosiana, Comune di Milano, Famiglie per l'Accoglienza, Mondo di Comunità e Famiglia, SPRAR e con il sostegno di Intesa Sanpaolo. L'evento si inquadra nel progetto FAMI "Fra Noi. Rete nazionale di accoglienza diffusa per un'autonomia possibile" co-finanziato dall'Unione Europea e dal Ministero dell'Interno.



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