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Come nasce un emporio della solidarietà? Dal bisogno e dall’ascolto

La testimonianza di don Alessandro Meyer che in occasione della Giornata internazionale del volontariato ha raccontato com’è nata l’esperienza di Orio, in provincia di Brindisi. «Il nostro Centro di ascolto diocesano ha cominciato ad avvertire gli effetti della crisi a partire dal 2012. Serviva uno sforzo maggiore»

di Alessandro Meyer

Perché si è resa necessaria l’apertura dell’emporio della solidarietà? Semplicemente perché ce n’era bisogno. Il nostro Centro di ascolto diocesano ha cominciato ad avvertire gli effetti della crisi a partire dal 2012 in poi. C’erano sempre più richieste di aiuto per reddito insufficiente o inesistente; quello che i centri diocesani della Caritas riescono a fare è tanto ma insufficiente. Il solito pacco che viene dato nelle parrocchie ha una frequenza di circa una volta al mese, con un varietà di prodotti di 4-6 ed un valore commerciale di 10-15 euro: fa qualcosa ma non va a incidere radicalmente in una famiglia, in una situazione di bisogno. Invece l’Emporio della solidarietà riesce ad incidere perché il punteggio che viene assegnato e che è spendibile con la tessera permette di fare una spesa che evita alla famiglia di andare al supermercato e può destinare ad altre spese urgenti quella cifra che aveva deciso di destinare ai beni dell’Emporio.

Chi incontriamo? Oria è un paese di 15.000 abitanti e ci sono altri 5-6 paesi che gravitano su Oria. Finora, in questi due anni di attività, abbiamo dato 500 tessere, fra nuove e rinnovi, a oltre 200 famiglie diverse che vuol dire circa 700 persone. Il 94% di queste persone sono italiane e solo il 6% sono straniere. La povertà appartiene a persone che da generazioni abitano il nostro territorio. Gli utenti dell’Emporio appartengono a tutte le categorie di età: abbiamo persone anziane che vivono solo con la pensione di povertà ma abbiamo anche persone giovani, giovani famiglie con bambini piccoli, senza reddito o con reddito insufficiente proveniente da lavoro nero, oppure ci sono nuovi poveri, coloro che vivevano con un certo standard di vita e che con la crisi sono finite senza lavoro o con redditi insufficienti, indebitati, qualcuno è caduto vittima dell’usura. Per tutte queste persone l’emporio è un aiuto per intraprendere percorsi di reinserimento in società. Fin dall’inizio abbiamo fatto una scelta: siccome l’Emporio si trova nello stesso stabile in cui c’è il Centro di ascolto della Caritas diocesana abbiamo deciso di dividere il front office dell’Emporio da quello del Centro d’ascolto con due team di volontari diversi, mentre i back office sono comuni con un unico team di volontari. In questo modo si garantisce una maggiore autonomia della spesa. Questo ci permette di offrire anche servizi diversi, come quello di accompagnamento per l’inclusione sociale. Ovviamente l’Emporio è un servizio, non è che il problema si risolva con l’Emporio. Però il fatto che la famiglia torni all’Emporio 3-4 volte al mese per fare la spesa crea le condizioni per chiedere come va, se c’è bisogno di qualcosa e dà la possibilità ai volontari del Centro di ascolto di attivarsi anche con altri mezzi. Questo è uno degli aspetti che ci permette di dire che l’Emporio non è solo uno strumento di erogazione, ma entra in un percorso di integrazione.

L’emporio è nato dopo un cammino di preparazione durato tre anni e di un processo di porta a porta. Verso la fine del 2013 c’è stato un problema con l’erogazione di alimenti alle Caritas parrocchiali: la necessità rimaneva e aumentava. In occasione della Giornata delle gioventù, che ogni anno si fa nelle diocesi, qualcuno ha proposto di far fare ai giovani una raccolta di cibo e in un’ora e mezza 500 giovani sono andati casa per casa accompagnati dai volontari della Caritas a chiedere qualcosa per i poveri: hanno raccolto 15 quintali di cibo. È stata un’esperienza così entusiasmante che si è deciso di ripeterla. Il territorio possiede già in sé le potenzialità per fare fronte alle necessarie primarie dei poveri, fa parte della nostra cultura salentina. Così è nato il progetto di raccolta porta a porta in tutti i comuni della diocesi ed è diventato uno strumento ordinario con il quale tutta la comunità cittadina ogni mese deve raccogliere cibo per i poveri. In due anni abbiamo organizzato 18 raccolte, hanno partecipato alle raccolte 1.600 giovani diversi, oltre 800 volontari adulti, sono state raccolte 60 tonnellate di alimenti e prodotti per l’igiene. L’Emporio per la solidarietà si sostiene al 60% con i prodotti delle raccolte e prende solo una piccola parte delle raccolte. Costituisce dunque una palestra di solidarietà. Aumentano sempre più i soggetti che vogliono entrare in rete: associazioni e amministrazioni comunali, soggetti di volontariato e scuole.


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