Welfare & Lavoro

Educatori professionali: 2018, l’annus horribilis che può svegliare dal torpore

Dopo l'emendamento approvato in legge di Bilancio e in attesa di conoscere il testo finale della Manovra, continua il dibattito sulla figura dell'educatore professionale, collegato alle modifiche normative ma non solo. «Serve una rilettura che non stia in capo a terzi ma che sia patrimonio collettivo, che attenga alla vita quotidiana, in una capacità generativa del mondo educativo che porti un’idea nuova di professione e di welfare»

di Fabio Ruta e Paolo Zuffinetti

Dell’annus horribilis 2018. Nell’attesa di sapere cosa realmente uscirà dal pentolone di questa Legge di bilancio 2019, quali saranno le posizioni e cosa deciderà per il mondo educativo la politica (il testo approvato alla Camera prevede che l'educatore professionale socio-pedagogico che operava «in ambito socio-assistenziale, limitatamente agli aspetti socio-educativi» ora potrà farlo anche «al fine di conseguire risparmi di spesa, nei servizi e nei presìdi socio-sanitari e della salute limitatamente agli aspetti socio-educativi», ndr) registriamo con un certo dispiacere come il mondo degli educatori sia attraversato da faticosissime ostilità che disegna scenari di divisione profonda.
La sensazione che ne deriva è quella di un mondo reale fatto di colleghi che a partire da storie individuali molto differenti, lavorano fianco a fianco riconoscendosi o meno professionalità e competenza in modo del tutto indipendente dal percorso formativo realizzato. Un mondo reale che si fa informare però da dibattiti altri e che ad altri appartengono (mettete qui i soggetti collettivi che desiderate) e che sulla scorta di questi dibattiti si formino schieramenti partigiani di una o altra posizione. I tempi che ci aspettano, stante le premesse, non saranno né piacevoli né facili, ancor meno piacevoli saranno se a logiche collaborative sostituiremo conflittualità tesa a dividere ancor prima della professionalità le persone.

Tempo fa parlammo di balcanizzazione della categoria, già precedentemente in atto ma ora cristallizzata. Per superare questa configurazione non è sufficiente ragionare sul piano della regolamentazione normativa. Occorre lavorare di scandaglio sulla materialità del lavoro nei differenziati e molteplici settori educativi. E produrre un sapere dato da una riflessione sull'agire e sulle pratiche, in relazione al nostro tempo ed al contesto storico sociale. Questo può essere utile anche come punto di osservazione sulle trasformazioni del welfare, delle politiche sociali e produrre un aggiornamento culturale, un approfondimento dello statuto epistemologico dell'educazione, mettendo in relazione teoria e prassi, attraverso la narrazione esperienziale e la sua rielaborazione. Ridando forza e dignità ad una professione troppo trascurata. Una rilettura che non stia però in capo a terzi ma che sia patrimonio collettivo, che attenga alla vita quotidiana, in una capacità generativa del mondo educativo che porti un’idea nuova di professione e di welfare.

Sarà complesso ma non impossibile trovare luoghi di riflessione e spazi in cui produrre pensieri. Non ci sono ricette facili da proporre ma auspici, il primo dei quali è quello di rimpossessarci degli strumenti della formazione, ridisegnare modalità e contenuti, pensare e ripensare queste occasioni come laboratori di riflessione e di condivisione. L’obbligo, da molti vissuto come tale, dei corsi formazione continua potrebbe tramutarsi in un’occasione unica, la condizione è che si tramutino da pillole analgesiche in momenti di mutamento reale. L’altra precondizione è che gli educatori si facciano protagonisti nella definizione dei percorsi utilizzando le agenzie formative in un ruolo di service. Chi saranno i docenti? Se non educatori, cattedratici con un mandato di conduzione di un processo di emersione e rilettura delle competenze diffuse e non come depositari di sapere maturato altrove. Forti di una riflessione e di un movimento diffuso si potranno trovare interlocuzioni politiche attente e disponibili, e se così non fosse si tratta di riflettere sul senso della stessa rappresentanza politica.
È la cosa buona che si può riconoscere a questo annus horribilis che se tanto ha generato preoccupazione e frustrazioni, tanto potrebbe fare per svegliarci, finalmente, da un torpore che da tempo si stendeva sui e nei servizi.

Fabio Ruta, Educatore Professionale post 99 con circa venticinque anni di servizio in tipologie di servizio e con utenze diverse. Laureato in Sde e Consulenza Pedagogica e Ricerca educativa. Attualmente lavora nel settore delle disabilità

Paolo Zuffinetti, Educatore Professionale post 99, formatore si occupa del coordinamento di attività di formazione professionale di adolescenti e giovani

Foto Unsplash


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