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Dopo di noi: primo bilancio in Lombardia

Su una platea di 29mila potenziali beneficiari, in Lombardia sono state presentate 700 domande per il Dopo di Noi e 614 sono le persone prese in carico. Marco Bollani fa una prima valutazione dell'impatto della legge 112/2016

di Sara De Carli

Sono passati ormai due anni e mezzo dall’approvazione della legge 112/2016 sul Dopo di Noi e da almeno un anno nelle Regioni italiane si sta progettando il Dopo di Noi. La seconda relazione al Parlamento, in teoria da presentare entro giugno, ancora manca. Intanto però a Milano, nel corso di un convegno promosso da Caritas Ambrosiana, Ledha Milano e Confcooperative-Federsolidarietà di Milano-Lodi e Monza-Brianza, Regione Lombardia ha presentato i primi dati sull’attuazione della legge.

La Lombardia ha risorse complessive sul triennio 2016/2018 pari a circa 30 milioni di euro (15 milioni circa per il 2016, 6,4 per il 2017 e 8,5 per il 2018). Le risorse della prima annualità (2016, 15.030.000 euro) sono state distribuite per il 56% su interventi gestionali e per il 43% su interventi infrastrutturali. Dal punto di vista delle risorse, la quota maggiore (5,4 milioni) è andata a interventi di supporto alla domiciliarità presso le soluzioni alloggiative previste o presso l’alloggio della persona per la quale si è definito un progetto di vita indipendente: contributo per spesa dei servizi generali, assistenza tutelare, ivi compresa quella resa da assistente personale, educativa/animativa (Fonte debito informativo Assessorato Politiche sociali, abitative e disabilità di Regione Lombardia). Altri 3,9 milioni sono andati al sostegno del canone locazione/spese condominiali e poi in maniera analoga alla eliminazione di barriere, messa in opera impianti, adattamenti domotici (2,5 milioni) e al sostegno per percorsi di accompagnamento verso l’autonomia (2, 6 milioni). Ovvero contributi per percorsi di accrescimento consapevolezza, implementazione autonomie, accompagnamento verso la fuoriuscita dal nucleo familiare o per la deistituzionalizzazione (CA 10 p.l., RSD) o per progetto di vita indipendente. Come previsto, è stata residuale la fetta destinata a ricoveri in situazioni di emergenza (516.400 euro).

Su una platea di 29mila potenziali beneficiari, in Lombardia sono state presentate 700 domande e 614 sono le persone prese in carico, di cui la metà (il 52%) ha un’età compresa fra i 30 e i 49 anni e un altro 29% fra i 18 e i 29. La residenzialità autogestita riguarda il 3,3% di queste 614 persone, il Cohousing/Housing il 6,3%, il Gruppo appartamento il 10,8%: le azioni più innovative previste dalla legge riguardano cioè in Lombardia un totale di poco più di 120 persone. Il 70% circa ha avviato invece percorsi di accompagnamento all’autonomia. La grandissima maggioranza dei beneficiari della legge sul Dopo di Noi può contare su uno o entrambi i genitori (77%), che hanno generalemente una buona condizione di salute, mentre senza familiari sono il 10% degli utenti. Per il 60% il caregiver prevalente è la madre. Una prevalenza cioè di genitori “giovani” che hanno – come ha detto il dottor Aurelio Mosca – l’esigenza di essere protagonisti del futuro dei loro figli o bisogno di un periodo di avvicinamento e sperimentazione del distacco.

«Non possiamo valutare l’impatto di questa legge solo dicendo quanti soldi sono stati spesi, proprio perché la legge cambia l’ottica del sistema e lo rivoluziona sapevamo che era difficile imprimere subito una svolta significativa. È un po’ come quando con la legge Basaglia si sono chiusi i manicomi», commenta Marco Bollani, direttore della cooperativa Come Noi di Mortara, «nella legge diciamo concetti altissimi ma poi dobbiamo concentrarci sulle difficoltà di realizzazione di queste cose». Ovviamente per fare un primo bilancio d’impatto della legge 112/2016 servono i dati che riguardano i progetti di vita attivati, dati che arriveranno dalla Relazione al Parlamento: «Di tali dati si avverte particolare necessità anche perché i “rumors” di sottofondo riguardo il primo biennio della Legge lasciano trasparire difficoltà che sembrerebbero ascrivibili alla categoria del “tutto come previsto” o del “come volevasi dimostrare”», afferma Bollani.

Tipo, esemplifica, “l’avevamo detto che le risorse destinate sono insufficienti, perché con le somme stanziate rispetto alle persone aventi diritto si può fare ben poco” oppure “l’avevamo detto che questi progetti c’entrano poco o nulla con la vita indipendente, in quanto con queste risorse non si possono finanziare progetti per andare a vivere da soli”, o ancora “l’avevamo detto che sarebbe stato meglio con queste risorse potenziare le strutture esistenti invece di inventarsi un modello alternativo basato su progetti di vita per la convivenza in gruppi appartamento” e infine “l’avevamo detto che questa legge non avrebbe alimentato un circuito virtuoso di investimenti privati”». A tutti questi “l’avevamo detto” Bollani risponde.

«Primo tema: le risorse stanziate sono davvero poche, ma pare che non siano state spese tutte. Anzi in molti casi pare che non siano neanche state spese dalle Regioni… Eppure le persone aventi diritto sono tante ed i bisogni di queste persone costituiscono spesso vere e proprie emergenze sociali. Secondo tema: non si tratta di vita indipendente. Eppure le persone e le famiglie che hanno sperimentato percorsi di Dopo di noi attualmente sostenibili raccontano di veri e propri cambiamenti di vita che hanno ridotto la dipendenza esclusiva dai familiari e dai servizi, di esperienze che hanno avviato prospettive nuove di emancipazione delle persone con disabilità e di attivazione comunitaria a sostegno di questi nuovi progetti di vita». Sul terzo tema, ovvero sulla critica a un nuovo modello alternativo a quello esistente che starebbe indebolendo ulteriormente la capacità di risposta dei servizi esistenti, Bollani replica che «i progetti Dopo di Noi più efficaci e ben progettati sono partiti proprio da realtà di servizi consolidati, che hanno ampliato la capacità di risposta degli interventi esistenti e sono diventati capaci di ampliare la loro offerta di servizi». Quarto tema, quello delle risorse aggiuntive donate dai cittadini e dalle comunità: «in realtà i progetti Dopo di noi già attivi e molti dei progetti di nuova attivazione hanno portato in dote al sistema di risposta pubblica ingenti risorse private».

In attesa dei dati ufficiali sui risultati di questo primo biennio applicativo della Legge, conviene – conclude Bollani – «concentrarsi per ragionare su quale “metrica” dobbiamo utilizzare per valutarne correttamente l’impatto, non soltanto sociale ma anche economico della legge». L’avvio di progetti di vita all’interno di gruppi appartamento infatti «consente oggi alle istituzioni di ridurre in prospettiva, l’impatto economico a valere sul fondo sanitario. Se partiamo dal presupposto che il nostro ordinamento giuridico impone che le persone con disabilità non siano costrette a vivere in sistemazioni non scelte e che è cogente l’obbligo per le istituzioni di sostenere la libertà di scelta del proprio luogo di vita per tutte le persone con disabilità, la legge 112/2016 consente oggi un opzione in più nell’esercizio di tale libertà di scelta per le persone con disabilità ed i loro familiari. Ed in più, laddove i progetti di vita Dopo di Noi hanno dimostrato di migliorare la qualità della vita delle persone coinvolte, la legge 112 ha nei fatti stimolato i familiari ad investire risorse proprie in un ottica di solidarietà familiare, consentendo alle istituzioni di ridurre in prospettiva i costi pubblici necessari all’istituzionalizzazione delle persone».

Photo by Nathan Anderson on Unsplash


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