Attivismo civico & Terzo settore

La comunità senza metodo è diventata un modello

La cooperativa sociale Ama-Aquilone di Castel di Lama (Ascoli Piceno) è «la comunità delle domande non delle risposte» come la definisce il presidente Francesco Cicchi; che aggiunge, «operiamo percorsi “sartoriali” con obiettivi a breve termine che vanno a costruire un progetto di lungo periodo». Ecco come funziona

di Lorenzo Maria Alvaro

«Sin dall’inizio del nostro impegno, nell’occuparci della marginalità, abbiamo ribaltato il paradigma su cui si sono sempre mosse le comunità di recupero tradizionali: abbiamo cancellato i modelli clinici», racconta Francesco Cicchi, presidente della cooperativa sociale Ama-Aquilone di Castel di Lama (Ascoli Piceno). «Il nostro modello», continua, «è non avere un metodo. Che non significa improvvisare, ma non applicare alle persone schemi standardizzati. Noi operiamo percorsi “sartoriali” con obiettivi a breve termine che vanno a costruire un progetto di lungo periodo».

La definizione più calzante di Ama Aquilone per Cicchi è «la comunità delle domande non delle risposte». Perché «quello che cerchiamo di fare insieme alle persone che accogliamo non è la persecuzione spasmodica delle risposte, dei perché. Lavoriamo invece per porci le domande giuste. Noi qui nelle Marche abbiamo avuto Giacomo Leopardi che ci ha insegnato come il “forse” sia “la parola più bella perché apre all’infinito”». I riferimenti colti ad Ama Aquilone sono costanti. «Crediamo molto nella forza delle fragilità», continua Cicchi, «l’approccio tradizionale invece è di puntare sulle peculiarità positive. Ma Albert Einstein diceva che “il buio è assenza di luce”. Non puoi vivere la luce senza conoscere il buio e viceversa. L’ombra è qualcosa di necessario, come l’amore. È il confronto con le nostre fragilità, i nostri limiti, con i nostri sogni infranti, i nostri piccoli grandi traumi. È acqua che rende fertile la nostra anima, aria che permette al nostro spirito di respirare. Basta pensare ai quadri di Caravaggio: la sua luce è credibile e luminosa perché la sua oscurità è vera e convincente».

Questa la filosofia di una realtà che accoglie oltre 100 persone che spaziano dai 14 ai 60 anni. Ma anche dal punto di vista organizzativo la differenza dagli approcci tradizionali è marcata. Gli ospiti infatti non sono raccolti in un unico luogo ma suddivisi in diversi piccoli centri che danno vita ad una comunità diffusa. C’è quello destinato ai tossicodipendenti maggiorenni, alle mamme con figli, ai tossicodipendenti con problemi psichiatrici dovuti all’abuso di sostanze psicotrope, ai programmi di semi residenzialità, ai ludopatici e ai minori allontanati dalla famiglia. Il motivo è semplice: «Siamo tutti diversi e ciascuno ha bisogno di cose diverse».

Un metodo che non è nato di recente. È dal 1981 che, nella provincia di Ascoli Piceno, è questa la via del recupero dalle tossicodipendenze, con la nascita della Comunità Terapeutica Picena Ama che diventa in poco tempo un punto di riferimento importante per il disagio derivante dalle dipendenze patologiche. Nel 1997 si unisce all’Associazione L’Aquilone dando vita alla cooperativa di oggi. In questi anni di impegno però la geografia della dipendenza è cambiata molto obbligando Ama Aquilone a confrontarsi con nuove sostanze e nuove problematiche. «Il tossicodipendente è stato stravolto in questi anni. Un fattore è che negli anni 80 e 90 si aveva a che fare con dipendenti da una droga elettiva che poteva essere l’eroina o la cocaina. Oggi invece sono tutti poliassuntori, persone che usano tutto, dalle anfetamine agli acidi fino alla ketamina e alle droghe tradizionali», spiega Cicchi…


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