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Un mondo alla rovescia. Rapporto sui diritti globali

Presentata a Roma la sedicesima edizione. Il curatore Sergio Segio: violazioni dei diritti, riduzione in schiavitù, sfruttamento del lavoro, razzismo e mancato rispetto del pianeta sono di casa anche da noi in Italia, nella culla della civiltà e nel cuore della civile Europa

di Paolo Biondi

«Basta guardare a quanto succede nell’Oil, l’Organizzazione internazionale dell’Onu per il lavoro: rispetto alla tendenza nel secolo scorso della crescita del rafforzamento dei diritti umani, ora c’è un loro progressivo indebolimento». Silvana Cappuccio, dell’Area politiche internazionali della Cgil, sintetizza così il quadro che viene quest’anno fatto dal 16° Rapporto sui diritti globali intitolato «Un mondo alla rovescia» e presentato a Roma presso la sede nazionale della Cgil.

«La fotografia che emerge è nitida e univoca, con tratti di preoccupazione», rincara la dose Sergio Segio, che del rapporto è il curatore oltre che il direttore dell’Associazione Società Informazione che realizza il rapporto per l’editore Ediesse. Segio ha accompagnato i presenti in un viaggio all’interno del Rapporto 2018, un viaggio non solo nelle periferie del mondo, perché violazioni dei diritti, riduzione in schiavitù, sfruttamento del lavoro, razzismo e mancato rispetto del pianeta sono di casa anche da noi in Italia, nella culla della civiltà e nel cuore della civile Europa.

Il curatore del Rapporto ha prima spiegato le novità editoriali, compresa la nuova sezione che sintetizza i vari capitoli, offrendo così uno strumento di lettura sintetica della corposa pubblicazione, ed elencato poi i quattro focus di approfondimento sui quali si sofferma in particolare questa sedicesima edizione dello studio. Si incomincia dal «capitalismo delle piattaforme» con le problematiche evidenziate dai social network a iniziare da facebook e dal nazional-populismo, a partire dal dilagante trumpismo americano, con conseguente messa a punto dei rischi per la democrazia. Il secondo focus è dedicato al tema della povertà con agganci vicini a noi ad iniziare dai vari decreti sulla sicurezza messi a punto indistintamente dagli ultimi governi. Terzo approfondimento sulle politiche sull’immigrazione, compreso ovviamente il tema della criminalizzazione delle Ong al quale si è assistito con intervento anche della magistratura, salvo poi veder sparire dai giornali il tema quando l’inchiesta giudiziaria si è sgonfiata, come ha detto Segio. Il quarto focus infine è dedicato al tema del riscaldamento climatico e del relativo negazionismo trumpiamo che ha trovato emuli europei in Ungheria o nel Brasile delle sconfinate foreste amazzoniche.

Tutti temi accomunati dalla «strage dei diritti»: «Occorre sapere che ci sono almeno 40 milioni di persone schiave nel mondo, 25 milioni costrette a lavorare contro la propria volontà e 15 milioni costrette a contrarre matrimoni indesiderati», ha dettagliato Segio aggiungendo che il nostro Paese non è assente da questa tragica fotografia perché «fenomeni come il caporalato ci coinvolgono e solo nel settore dell’agricoltura vede coinvolte come vittime 430 mila persone, aggiungendo che un terzo degli addetti dell’intero settore agricolo sono stranieri, più facilmente sottoposti a situazioni di sfruttamento. Bisogna poi considerare che il decreto Sicurezza porterà nuove decine di migliaia di bracce a questo sfruttamento».

Davanti a situazioni nuove e drammatiche come quelle create da questo decreto cosa si può fare? Segio ha citato padre Alex Zanotelli che ha invitato alla «disubbidienza e resistenza, comunque bisogna agire con unità ed efficacia a tale disumanità».

L’estensore del Rapporto sui diritti globali ha terminato il suo intervento citando lo slogan sullo striscione di apertura della marcia che si è tenuta nei giorni scorsi a Katowice in Polonia, in concomitanza con la Conferenza mondiale sul cambiamento climatico: «Sveglia, è il momento di salvare il pianeta», un monito che, ha ricordato Segio, vale per tutti noi.


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