Politica & Istituzioni

Reddito di cittadinanza: tutte le perplessità delle Regioni

Tutti gli assessori al lavoro che ieri hanno incontrato il Ministro Luigi Di Maio hanno manifestato una forte preoccupazione su tempi, personale e modalità organizzative che caratterizzeranno la fase attuativa del decreto sul reddito di cittadinanza. Eccole

di Redazione

Tutti gli assessori al lavoro che ieri hanno incontrato il Ministro Luigi Di Maio hanno manifestato una forte preoccupazione su tempi, personale e modalità organizzative che caratterizzeranno la fase attuativa del decreto sul reddito di cittadinanza, lo ha dichiarato Cristina Grieco – Assessore della Regione Toscana, Coordinatrice della Commissione istruzione e lavoro della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome – all’indomani del confronto avuto con il Vicepresidente del Consiglio e Ministro dello sviluppo economico. “Le istituzioni regionali hanno precise competenze legislative in materia di politiche attive per il lavoro e sono pronte a fare la loro parte in un’ottica di collaborazione istituzionale. Ma occorre che ci sia un’interlocuzione continua e costante che accompagni sia l’iter della conversione in legge del decreto, sia la fase attuativa. Visto che la strategia ipotizzata dal Governo non prefigura una misura meramente assistenziale e punta sul rafforzamento dei Centri per l’impiego (Cpi) che oggi fanno capo alle Regioni, questa collaborazione è indispensabile. Per questo motivo abbiamo chiesto al Ministro, trovandolo disponibile – ha proseguito Grieco – l’apertura immediata di un Tavolo tecnico e un calendario di periodici confronti politici.

Ci sono almeno quattro ordini di questioni che preoccupano fortemente le Regioni.

Il primo riguarda proprio il rafforzamento dei Centri per l'impego rispetto ai quali urge la predisposizione di un piano nazionale per lo sviluppo dei servizi per il lavoro a cui facciano da contraltare specifici piani regionali. Occorre poi che i finanziamenti destinati al rafforzamento di tali centri siano strutturali, prevedendo uno specifico capitolo di spesa nel bilancio del Ministero del Lavoro. Quanto poi all’assunzione di 4.000 unità di personale che rafforzerà il complesso dei centri – ha sottolineato Grieco – serve una procedura di massima urgenza, con una specifica decretazione che avvii velocemente l’iter amministrativo di tali concorsi. Diversamente non sarà possibile far coincidere l’attivazione del reddito di cittadinanza con il rafforzamento amministrativo dei servizi per l’impiego. Il rischio è il caos e questo strumento potrebbe travolgere come uno tsunami i centri per l’impiego, anziché potenziarli e valorizzarli. Tra l’altro – ha proseguito Cristina Grieco – stiamo attendendo ancora il completamento dell’iter del piano di rafforzamento dei servizi per le politiche attive per il lavoro con l’ingresso di 1.600 unità di personale già stabilito dal precedente Governo. Pur rispettando le scelte politiche dell’esecutivo per le Regioni va chiarito bene il ruolo del cosiddetto ‘navigator’, le cui competenze riguarderebbero anche le politiche attive per il lavoro la cui titolarità istituzionale è incontestabilmente regionale. Va chiarito poi in quali uffici dovrebbero garantire il loro operato, giacché le attuali strutture dei Cpi risulterebbero in gran parte inadeguate. E va chiarito bene il loro rapporto di lavoro e quali relazioni dovranno avere con i dipendenti dei Cpi.

La seconda grande questione che ci preoccupa è il ritardo che si sta accumulando per quello che riguarda la formazione del personale Cpi.

La terza questione riguarda i meccanismi gestionali e l’organizzazione anche perché si prevede il coinvolgimento di diversi soggetti: Inps, Comuni, Cpi, Agenzia nazionale per le politiche attive lavoro (Anpal), Agenzie per il Lavoro (ApL), i servizi per il sociale, gli Enti di formazione e le imprese. Soggetti che dovranno dialogare per cui sarà fondamentale una governance condivisa. Soprattutto andrà chiarito il rapporto tra il ‘patto per il lavoro’ e il ‘patto di servizio personalizzato’.

Infine forti dubbi riguardano le attività di vigilanza e controllo, ad esempio sulle anomalie degli stili di vita dei beneficiari del reddito di cittadinanza, che certamente non possono rientrare nelle competenze dei Cpi. Quarta ed ultima problematica di fondo è quella che riguarda le infrastrutture tecnologiche ed informatiche su cui abbiamo richiamato la massima attenzione del Governo. Serve – ha concluso Grieco – un forte coinvolgimento delle Regioni per predisporre un piano tecnico di attivazione e interoperabilità e servono tempi che consentano davvero l’implementazione dei sistemi informativi a livello nazionale e regionale e garanzie sul fatto che le nuove piattaforme nazionali dialoghino con i sistemi regionali”.

Anche per gli Assessori alle politiche sociali esistono alcune criticità nel testo attuale del decreto. In particolare “solo in un passaggio del provvedimento – ha sottolineato Luigi Mazzuto, Assessore della Regione Molise e Coordinatore della Commissione Politiche sociali della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome – si fa riferimento alla necessità di una Intesa Stato-Regioni relativa alle Linee guida per il Patto per il lavoro. Non si prevedono altre Intese, che secondo le Regioni sarebbero necessarie, per gli impatti che il reddito di cittadinanza inevitabilmente produrrà sulla organizzazione e sulla dinamica della domanda dei servizi alla persona e alla famiglia la cui programmazione e organizzazione sono di competenza esclusiva delle Regioni, che affiancano i Comuni.

Occorre che l’intero flusso procedurale previsto dal decreto sia oggetto di specifica Intesa tra Stato e Regioni anche per definire le condizioni di collaborazione interistituzionale sullo stesso reddito di cittadinanza e altre misure regionali di sostegno economico.

Insomma – ha concluso Mazzuto – va riaffermato il ruolo delle Regioni non solo in ordine alle competenze loro affidate dal Titolo V della Costituzione in materia di Politiche sociali, ma anche rispetto alla richiesta pervenuta dai territori (Comuni, Città metropolitane e agenzie per la tutela della salute) di un ruolo forte delle Regioni per supportare i diversi enti territoriali”.


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