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I bambini sono i nuovi poveri, ma il Reddito di cittadinanza non li nomina mai

L'analisi di Chiara Saraceno: «Hanno preso a riferimento la famiglia per l’Isee, ma poi se la sono dimenticata. La misura è sfasata nella percezione dei bisogni di minori e donne: ti esento dal lavorare in quanto mamma di un bambino piccolo ma non mi preoccupo di nulla, tanto ci sei tu che curi il tuo bambino»

di Sara De Carli

A perdere, nel nuovo Reddito di Cittadinanza, sono i bambini. Lo hanno detto subito il Forum delle Associazioni Famigliari e l’Alleanza contro la povertà. Sotto accusa le scale di equivalenza, penalizzanti rispetto a quelle dell'Isee e dell'attuale ReI, che non considerano le famiglie con più figli (il moltiplicatore massimo è 2,1). Ma non solo. «Mi colpisce che un Governo così giovane sia così poco attento ai bambini. I bambini per loro sono importanti solo come numero, per il tasso fecondità, ma in realtà poi non c’è alcuna attenzione per loro, per la loro situazione, per cosa hanno bisogno»: afferma la professoressa Chiara Saraceno, sociologa della famiglia.

I dati ci dicono che i bambini in Italia sono i nuovi poveri e le famiglie con figli minori le più esposte al rischio povertà. Quale valutazione dare allora rispetto alle scelte fatte con il Reddito di Cittadinanza, la misura che proprio alla povertà vuole rispondere?
Innanzitutto è già dalla metà degli anni ‘90 che questo trend è evidente: negli anni della crisi quello che è successo è che gli anziani non hanno peggiorato la loro condizione, tutti gli altri sì, in particolare i bambini. Il Reddito di Cittadinanza è in linea di principio una buona notizia perché istituisce protezione di ultima istanza per tutti quelli che si trovano in povertà, mentre il Reddito di inclusione lo faceva con cifre bassissime e per solo poche persone. E finalmente non dice “facciamo una cosa sperimentale”, visto che la sperimentalità in Italia è servita sempre per non fare interventi a regime. Certamente avrebbero potuto vedere cosa ha funzionato e cosa no nel REI. Ciò che va corretto è soprattutto il fatto che il Reddito di Cittadinanza sia così orientato all’inserimento lavorativo, senza rendersi conto che una quota di poveri ha un lavoro ma questo non è sufficiente, che non tutti gli adulti sono attivabili – sì c’è il patto di inclusione ma è secondario – e infine che i minori non vengono pressoché nominati, salvo che come giustificazione per non fare cose… Pensare che i Centri per l’Impiego siano il front office è un errore, anche se avessero tutto il personale necessario: non è il loro mestiere valutare i bisogni della famiglia e di trovare gli strumenti: non ne hanno la competenza né loro né tanto meno i navigator. Mi turba inoltre che mentre fa il Reddito di Cittadinanza, il Governo abbia diminuito il fondo per il contrasto della povertà educativa.

Perché questa valutazione multidimensionale dei bisogni della famiglia è cruciale?
Per la famiglia lo è. Non basta dire che la mamma con un figlio sotto i 3 anni è esentata dall’essere disponibile al lavoro. Mi interessa invece capire se quella mamma la aiutano, se le danno il nido o se invece il suo bambino, visto che lei non lavora, al nido si dà per scontato che non ci andrà. Non si può mettere tutto dentro RdC? Vero, ma nemmeno in Legge di Bilancio si sono occupati di questo. Ci si lamenta della bassa fecondità ma poi si propone di dare un pezzo di terra. E la scuola? E la mensa? E il tempo pieno? E i servizi? Insomma, è evidente che la povertà per il Governo è solo la mancanza di lavoro del singolo individuo adulto. Hanno preso a riferimento la famiglia per l’Isee, ma poi se la sono dimenticata, la misura è sfasata nella percezione dei bisogni in particolare di minori e donne: ti esento dal lavorare in quanto mamma di un bambino piccolo, ma non mi preoccupo di nulla, tanto ci sei tu che curi il tuo bambino. In altri Paesi si sono già accorti del rischio di esclusione insito in questa scelta, perché poi quanto il bambino va a scuola le donne sono state troppo a lungo fuori dal mercato del lavoro. Negli ultimi anni c’è stata una fortissima disattenzione per i servizi, si è dato per scontato che la famiglia produca tutto al suo interno, ad esempio con le nonne, senza peraltro rendersi conto che alcune iniziative erodevano proprio quelle risorse: se alzo l’età della pensione delle donne, ci saranno meno nonne disponibili per la cura dei nipotini… Ma in generale c’è una visione astratta e ideologica della famiglia, con pochissima attenzione per la realtà effettiva della vita della persone.

Photo by Juliane Liebermann on Unsplash


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