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Ail e Cruciani: la lezione di un cobranding di successo

Dal 2012 ad oggi Ail ha distribuito 260mila bracciali, raccogliendo 2 milioni e 370mila euro, più 80mila euro donati dall'azienda. Il segreto del successo? La partnership è stata costruita insieme, «partendo dalla rilevazione dei bisogni reciproci di una non profit e di un’azienda di medie dimensioni eccellenza del made in Italy», spiega Luisa Clausi Schettini

di Sara De Carli

Il braccialetto Cruciani è stato in questi anni uno degli oggetti più ambiti dalle non profit: un brand celebre, un prodotto bello, originale e di qualità. Tantissime le non profit che lo propongono all’interno della loro raccolta fondi, ma la prima di tutte è stata l’Ail-Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e Mieloma. È una storia che racconta alla perfezione il meccanismo win win che può nascere quando l’incontro fra un’azienda e una non profit diventa un’autentica partnership.

La collaborazione tra Cruciani e AIL è attiva dal Natale 2012 ed è tra le iniziative di raccolta fondi con aziende più significative per l’Associazione. Ail non solo conta su diverse varianti dei celebri bracciali (la stella, la vela, la farfalla…), ma è l’unica Associazione per cui ad ogni Natale il brand crea un bracciale nuovo, vendendolo anche sul proprio sito e nei propri negozi, devolvendo ad Ail un contributo di solidarietà. Dal 2012 ad oggi Ail ha distribuito 260mila bracciali, raccogliendo attraverso di essi 2 milioni e 370mila euro. A questi si aggiungono gli 80mila euro donati dal brand (che in cinque anni, inoltre, non ha mai aumentato il costo del prodotto).

Luisa Clausi Schettini, responsabile Eventi e Raccolta Fondi dell’Associazione, definisce il bracciale Cruciani come un gadget «ancora oggi fondamentale della nostra raccolta fondi, benché stia un po’ scendendo rispetto al momento apicale di notorietà del brand, che abbiamo avuto la fortuna di vivere». Fu lei a bussare alla porta del cav Arnaldo Caprai, insieme a Floriana De Leo, oggi responsabile Individui, quando Cruciani non era ancora ciò che sarebbe diventato. «Cercavamo un’azienda che potesse produrre per noi un braccialettino di filo rosso, che diventasse simbolo dell’Associazione», ricorda. Vide i bracciali Cruciani per caso in una vetrina, erano i primi, e andò a cercare il cavaliere.

Ricorda ancora la prima osservazione che Caprai le fece: «In tempi difficili come questi non posso permettermi di fare investimenti solidali importanti, devo pensare anche ai miei dipendenti e alle loro famiglie». La partnership fu costruita insieme, «partendo dalla rilevazione dei bisogni reciproci di una non profit e di un’azienda di medie dimensioni eccellenza del made in Italy: questo è un punto essenziale, il cobranding ha determinato introiti per l’azienda e a noi ha consentito non solo di fare raccolta fondi ma anche di raggiungere un target diverso di donatori, più giovani», sottolinea Clausi Schettini. In seguito a questa partnership, per l’AIL è stato possibile finanziare progetti importanti di ricerca e assistenza ai malati.


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