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Reddito di cittadinanza: la valutazione preliminare è il nodo cruciale

Le osservazioni mosse al decreto dall'Ordine degli Assistenti Sociali. «Le spese devono tener conto della peculiarità di ogni singola situazione e del processo di empowerment insito nel Patto: perché è trasgressione non utilizzare del tutto il plafond di un mese perché si sa di dover affrontare una spesa medica o scolastica straordinaria? È opportuno erogare più carte RDC ai componenti adulti di uno stesso nucleo o la funzione educativa deve prevalere sulla logica del consumo immediato e personale?»

di Redazione

Gli assistenti sociali hanno sollevato con forza, nel corso delle audizioni sul Reddito di Cittadinanza, l’importanza della valutazione preliminare, definito come «nodo estremamente problematico». Nella precedente misura del REI, le risorse erano concentrate prioritariamente sulla povertà considerata come condizione multidimensionale del bisogno, mentre il Reddito di Cittadinanza sposta in modo significativo il focus sulla mancanza di occupazione e sulla riqualificazione/ricollocazione come fattore centrale: tuttavia «riteniamo fondamentale mantenere questo sguardo multidimensionale al tema del supporto e del lavoro, in quanto una valutazione preliminare corretta permette di garantire alla persona una presa in carico ed un accompagnamento adeguato, oltre a essere più efficace ed economicamente sostenibile per le istituzioni coinvolte». Tale valutazione delle problematiche non lavorative «deve essere mantenuta in capo ai servizi e a professionisti competenti per formazione, quali sono gli Assistenti sociali. La valutazione preliminare e la valutazione multidimensionale collocate potenzialmente e inizialmente in sedi diverse (CPI e Servizi sociali), devono comunque porre attenzione alla corretta definizione del profilo di fragilità della persona e della sua famiglia tra vulnerabilità transitoria o svantaggio conclamato (nel continuum tra queste due definizioni), in quanto tale profilo determinerà l’avvio di percorsi differenti. Pertanto anche nell’individuazione delle nuove figure presso i Centri per l’Impiego è necessario investire in professionisti qualificati e capaci di costruire sinergie e reti con i servizi territoriali e la comunità».

Sotto la lente anche il percorso da costruire assieme alle persone in condizione di difficoltà, cioè «progetti personalizzati che riescano a coinvolgere tutte le risorse presenti nel territorio pubbliche, private, non profit e informali, coniugando il sostegno economico con programmi individualizzati e familiari di inclusione e emancipazione».

Entrando nel merito, l’Ordine degli Assistenti sociali ha sollevato dubbi circa la «valutazione di congruità delle spese effettuate con la carta RdC» da un lato perché compito dell’assistente sociale è sì quello di accompagnare nella realizzazione del Patto, ma non quello del controllo dei comportamenti, dall’altro perché anche le spese devono tener conto sia della peculiarità di ogni singola situazione familiare sia del processo di empowerment insito nel Patto, magari volto alla costruzione o ridefinizione di un bilancio familiare: il fatto che una persona decida di non utilizzare del tutto il plafond di un mese perché il mese successivo deve affrontare una spesa medica o scolastica straordinaria perché deve essere visto come trasgressione? È opportuno erogare più carte RDC ai componenti adulti di uno stesso nucleo familiare? O la funzione educativa non deve forse prevalere su una logica del consumo immediato e personale? Infine, i progetti di utilità sociale previsti vanno collocati all’interno di un progetto personalizzato che valorizzi competenze soggettive e risorse territoriali, ivi compreso il ruolo sinergico che il Terzo settore assume con i Comuni e che attualmente non è previsto: «si propone pertanto di valutare una riformulazione più chiara che individui i soggetti attuatori e le organizzazioni coinvolte».

In allegato il documento presentato.


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