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Infanzia: visione strategica cercasi

Per riportare i bambini al centro occorre pensare gli interventi con gli occhi dei più piccoli. Ricordando che la condizione di povertà di un bambino è multidimensionale e contrastarla non può esaurirsi nel sostegno materiale alle famiglie. L'analisi e le proposte che l'Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza ha scritto per il numero in distribuzione

di Filomena Albano

I bambini ci parlano ed è nostro dovere di adulti ascoltarli e imparare a considerare le cose dal loro punto di vista. La mia esperienza come Autorità garante mi ha insegnato tanto, mi ha insegnato soprattutto a non pensare da “adulta” e a guardare il mondo con gli occhi di un bambino. I bambini hanno le idee chiare sul loro presente e sul loro futuro.

Nel corso di un nostro progetto di diffusione della Convenzione di New York, i bambini hanno riscritto i diritti, facendo emergere i loro nuovi fondamentali (bi)sogni. Uno di loro ha scritto che “ogni bambino ha il diritto di guardare il mondo salendo sulle spalle dei genitori e non dal basso tenuto per mano”. Questo pensiero mi ha fatto riflettere. È la metafora di come sia possibile coniugare la visione del bambino – che guarda lontano verso il suo futuro – e quella del padre, che lo regge sulle spalle mantenendo i piedi ben piantati in terra. Ed è, allo stesso tempo, la metafora di quello che occorre fare per riportare i bambini al centro: pensare gli interventi con gli occhi dei più piccoli, pieni di ottimismo e fiducia nel futuro, ma tenendo conto delle risorse effettivamente disponibili.

La povertà dei bambini è la povertà delle loro famiglie. A questo proposito è indispensabile partire da una prima fondamentale distinzione, quella tra povertà di breve periodo – frutto dell’improvvisa disoccupazione di uno o di entrambi i genitori – e quella “strutturale”, che si tramanda di generazione in generazione. Se nel primo caso possono bastare misure di sostegno al reddito, nel secondo caso si devono attivare interventi integrati, che tengano conto della complessità del problema. Infatti, la condizione di povertà di un bambino è multidimensionale: è povertà di relazioni, isolamento, cattiva alimentazione e scarsa cura della salute, carenza di servizi, di opportunità educative e di apprendimento non formale. Per questo qualsiasi intervento di contrasto alla povertà deve essere pensato in un’ottica globale e non esaurirsi nel sostegno materiale alle famiglie.

Le proposte dell’Autorità

Contro le povertà minorili risulta prioritario dare attuazione a una misura che è prevista dalla Costituzione e che mira a rimuovere gli squilibri economici e sociali presenti nel Paese. Mi riferisco alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, quanto meno per quanto attiene ai diritti sociali e civili di bambini e adolescenti, indispensabile per garantire eguaglianza e pari opportunità a tutte le persone di minore età in ciascuna regione.

Occorre poi attivare una regia unitaria delle misure di contrasto alla povertà pubbliche e private, nazionali e locali, accompagnata da una capillare rete di servizi territoriali – ancora carente e con troppe differenze tra il nord e il sud del Paese – per costruire una visione strategica di lungo periodo.

Le misure di contrasto alla povertà devono inoltre essere affiancate da interventi strutturali e coordinati che rafforzino la rete educativa e sociale, attraverso un ampliamento dell’offerta di opportunità: dalle scuole aperte al territorio alle mense scolastiche per tutti, dal sostegno alla genitorialità ai progetti attivati ad esempio nell’ambito del fondo di contrasto alla povertà educativa, all’organizzazione di attività che potenziano il ben-essere, come la danza, l’arte, la lettura e la musica. Si potrebbero fare tanti altri esempi di questo genere, ma la cosa che mi preme sottolineare è che interventi simili non devono essere lasciati solo all’iniziativa e alla sensibilità ma diventare parte di un sistema strutturato.

Indispensabile risulta pure mettere in atto interventi immediati, appropriati e precoci di contrasto alla dispersione scolastica attraverso un coordinamento tra uffici scolastici, servizi sociali e tribunali per i minorenni.

Occorre infine pensare all’introduzione di forme di accompagnamento delle famiglie povere nel percorso di conquista dell’autonomia. Le persone in povertà “strutturale”, infatti, hanno appreso dalle esperienze negative della vita a non credere nelle proprie capacità, a essere inefficaci e a non credere in se stesse. Si potrebbe affiancare a ciascuna famiglia in condizione di fragilità una figura qualificata che possa supportarla per esempio nella gestione del bilancio, nella ricerca del lavoro o nell’individuazione di progetti educativi per i bambini, per aiutarne il cammino verso l’autonomia.

*Filomena Albano – Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza


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