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La portavoce di Mediterranea: “I segni sui loro corpi sono un atto d’accusa vivente e doloroso”

A Lampedusa i migranti soccorsi dalla nave Mare Jonio sono ora nell’hotspot di contrada Imbriacola. Nei loro corpi chiari segni di violenza come subito riscontrato dai medici di bordo. «Dopo essere stati soccorsi, quando si è affiancata la motovedetta libica, i migranti erano terrorizzati per la paura di essere riportati nei centri di detenzione in Libia dove subiscono ogni tipo di tortura. Non siamo noi i complici dei trafficanti ma la poltica italiana ed europea”

di Alessandro Puglia

Piove a Lampedusa, quando Alessandra Sciurba, portavoce di Mediterranea Saving Humans, ripensa alle parole di quel bimbo, ora nell’hotspot di Contrada Imbriacola: «Amerò per sempre la vostra nave perché ci ha salvato». Parole che riecheggiano nel porto dell’isola dove gli sbarchi non sono mai finiti, momenti che raccontano una «storia di bellezza» come quelle del macchinista di Pozzallo, uno dei sette componenti dell’equipaggio marittimo di Mediterranea che gioisce «perché oggi stiamo parlando di 50 vivi e non di 50 morti». Frasi che al di là delle strumentalizzazioni, delle campagne politiche contro le navi della società civile, racchiudono la gioia di chi salva le vite in mare e di chi è salvato. «Perchè questo paese dovrebbe imparare a guardarsi con gli occhi di chi viene da lontano e ci vede ancora come la terra della libertà, della democrazia e della salvezza», spiega Alessandra Sciurba mentre ripensa al grido «Libertè, libertè» dei 50 migranti sbarcati sull’isola.

Una gioia che sconfigge la paura, come quella dei 50 migranti che dopo essere stati soccorsi hanno visto arrivare la motovedetta libica: «Erano terrorizzati, hanno avuto una paura terribile perché temevano di essere catturati e riportati nei campi dell’orrore in Libia», racconta Alessandra Sciurba che sottolinea come tra i migranti soccorsi – con chiari segni di violenza sul corpo secondo le prime visite dei medici a bordo – c’è un migrante subsahariano che per ben cinque volte è stato "soccorso" e riportato indietro dalla cosiddetta guardia costiera libica. E che per ben cinque volte ha pagato per la traversata. Un processo finanziato dall’Italia e dall’Europa che alimenta il traffico di esseri umani: «Quando ci viene detto che siamo noi i complici dei trafficanti ci viene da ridere, i complici dei trafficanti sono i governi europei con l’Italia in prima fila che stringono accordi economici con queste entità. Prima o si partiva o si moriva, adesso quando si parte, si muore o si viene catturati per essere riportati nell’inferno libico dove si ripete la solita storia: chi non ha soldi per il viaggio muore, chi ne ha pochi viene torturato per farsi mandare altri soldi dalle proprie famiglie», precisa Sciurba che non ha dubbi nel dire che, in queste condizioni, sono le navi della società civile a sottrarre i migranti dal traffico di esseri umani.

Non ci si dovrebbe giustificare per aver salvato 50 persone da una morte sicura: «il gommone era sgonfio, imbarcava acqua e noi comunque avevamo avvisato i libici del nostro intervento», il comandante Pietro Marrone questa mattina è stato ascoltato dai pm della Procura di Agrigento. Al comandante, l’unico indagato dell’equipaggio, viene contestato il favoreggiamento all’immigrazione clandestine secondo l’art.12 del Testo Unico per l’immigrazione e il fatto di non essersi fermato all’alt della nave di una nave militare come prevede l’articolo 1099 del codice della navigazione. «Noi stiamo offrendo tutta la nostra collaborazione alle autorità, abbiamo voglia di raccontare come sono andate le cose e il comandante ha risposto nell’unico modo che poteva rispondere. Per noi era un ordine assurdo di chiedere al comandante di spegnere il motore con quelle onde, con le persone a bordo che stavano male. Spegnere i motori in quella situazione sarebbe stata una follia».

Lo sbarco dei 50 migranti soccorsi da Mediterranea è avvenuto in una situazione di normalità, senza possibili trattenimenti illegittimi di persone a bordo: «Le persone soccorse sbarcano nel più breve tempo possibile in un porto sicuro e evidentemente questo governo aveva già maturato una certa esperienza. Noi comunque ci siamo diretti nel porto sicuro più vicino e il maltempo aveva creato un corridoio a Nord che portava dritto a Lampedusa», conclude la portavoce di Mediterranea Saving Humans, mentre ripensa alle parole del macchinista del suo equipaggio, alla gioia dei migranti salvati, e al mare che oltre a essere un cimitero «il numero dei morti è aumentato, la media è di uno ogni tre» è anche un deserto senza navi della società civile.


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