Politica & Istituzioni

5 per mille 2017, torna lo scippo?

Sommando il contributo indicato per gli ammessi e la cifra che gli italiani hanno destinato a enti esclusi (soldi che comunque contribuiscono ai fini dello stanziamento statale), si ottengono esattamente i 500 milioni di copertura prevista per la misura, spaccati al centesimo. Una coincidenza?

di Giulia Frangione

Le liste del 5 per mille 2017, pubblicate lo scorso 26 marzo dall’Agenzia delle Entrate, confermano ai primi posti le organizzazioni non governative nel settore del volontariato; conferma non banale se si considera che ad aprile del 2017 – quindi in periodo di dichiarazione dei redditi – scoppiò la querelle sui “taxi del mare” e sul ruolo delle ONG nei flussi migratori.

La distribuzione delle scelte e degli importi per Onlus ed enti del volontariato del 2017 vede avanzare Save the Children dal quinto al quarto posto con una crescita importante (+8% circa), mentre sia Emergency che Medici Senza Frontiere (prima e seconda organizzazione dell’elenco) vedono diminuire di oltre il 6% le preferenze espresse. È improbabile che il successo di Save the Children sia riconducibile alla sua decisione di firmare il codice di condotta richiesto dall’allora ministro Minniti, in quanto avvenne alla fine di luglio di quell’anno, quando la gran parte delle dichiarazioni erano già state inviate e rimanevano aperti i soli termini dell’Unico. Si può ipotizzare che Save the Children abbia investito in modo efficace le sue risorse se oggi si ritrova un numero di sottoscrittori che è di circa 7 volte quello della prima edizione del 2006; sia Emergency che MSF hanno “solo” raddoppiato i contribuenti ma partendo da una base molto più ampia di adesioni.

Un altro aspetto da osservare attiene l’elenco degli enti dei beni culturali e paesaggistici. Fin dalla sua prima regolamentazione (2011) il 5 per mille culturale prevedeva che i contribuenti potessero firmare senza indicare il codice fiscale e quindi il beneficiario. Attraverso un particolare meccanismo, gli importi venivano poi assegnati dal Ministero alle organizzazioni iscritte. Questo metodo di funzionamento fu duramente criticato dalla Corte dei Conti, e dal 2017 un decreto lo ha reso omogeneo agli altri settori, prevedendo anche per il settore culturale la possibilità per il contribuente di scegliere direttamente un’organizzazione. Come risulta dai dati del 2017, il FAI ha attirato gran parte delle preferenze (8.356, equivalente al 92% del settore culturale) e incasserà quindi oltre un milione e mezzo, che si compone delle preferenze espresse e di una importante quota di inoptato.

Il contributo degli ammessi sommato a quello degli esclusi arriva proprio pari al tetto massimo per legge: una coincidenza interessante. Questo significherebbe che le cifre riportate negli elenchi non corrispondono a quanto esattamente attribuito dai contribuenti

Giulia Frangione

Ulteriore aspetto di rilievo nel 5 per mille 2017 è rappresentato dal fatto che le somme complessive assegnate dai contribuenti sembrano avere superato la copertura di spesa prevista per legge (500 milioni) e che pertanto siano stati ridotti – ad oggi non si sa di quanto – gli importi assegnati ad ogni ente. Lo si deduce dal fatto che il contributo degli ammessi sommato a quello degli esclusi – che contribuisce ai fini dello stanziamento statale – è di esattamente 500 milioni di euro (495.841.714,55 + 4.158.285,45) proprio pari alla copertura prevista dalla legge di stabilità: una coincidenza interessante. Questo significherebbe che le cifre riportate negli elenchi non corrispondono a quanto esattamente attribuito dai contribuenti: ricreando quindi la situazione vissuta dagli enti non profit tra il 2010 e il 2013, quando la decurtazione arrivò fino al 20% del valore assegnato dai cittadini. Se così fosse, sarebbe auspicabile un’interlocuzione degli enti con il Governo per fare in modo che gli oltre 16 milioni e mezzo di contribuenti vedano assegnare per intero il proprio 5 per mille.

Il 5 per mille si conferma quindi uno specchio della notorietà e dell’awareness degli enti e non sembra soffrire particolarmente di singole polemiche. Più oltre è difficile andare nel comprendere quale sia il mix giusto di elementi che portano al successo rispetto a questa tipologia di entrata: è evidente che giocano favorevolmente la presenza capillare sul territorio, la conoscenza diffusa del brand, essere i soggetti riconosciuti come best practice nel settore. E ancora le politiche di diffusione della comunicazione sul 5 per mille prevedono dai classici “memo” sui giornali ai flyer diffusi presso commercialisti e CAF; campagne stampa, affissioni, spot televisivi e radiofonici. Ma vale anche – e soprattutto – la tradizione; le posizioni, tranne qualche piccolo avanzamento o retrocessione, rimangono pressoché le stesse perché una parte consistente di contribuenti rimane fedele alle proprie assegnazioni pregresse del 5 per mille. Perché ci sono elementi di adesione valoriale, simbolici e intangibili che resistono e mescolano le carte. Questo è uno stimolo ad evitare, per chi interpreta i dati, facili determinismi.

Se ci si domanda in che misura il digitale possa influenzare “il tradizionale andamento” o possa contribuire a diversificare questo panorama, si osserva che i costi da affrontare per essere presenti sono importanti. Il 5 per mille, dalla sua introduzione, rimane una campagna che detta il calendario delle organizzazioni non profit. Molto probabilmente chi legge avrà già incontrato sui social i primi post sponsorizzati che chiedono la firma, ma è Google Ads a dare qualche dato in più in grado di collocare il fenomeno. Vi sono già enti che stanno comprando le prime posizioni per la ricerca "5xmille" nella speranza di riuscire a intercettare le query degli indecisi e di chi si vuole informare: Google ci dice che per stare in alto nei risultati bisogna essere disposti a pagare 1,97 euro per ciascuna visita. Ma il grosso delle campagne deve ancora essere sviluppato: il picco delle ricerche online è atteso per il mese di maggio. In questo mese, nell’anno passato (2018), le ricerche fatte su Google per la chiave più cercata, "5 per mille", sono state circa 18.100. I dati ci raccontano di un mercato digitale nel quale la soglia di ingresso è sempre più alta e gli enti si contendono su Google una fetta relativamente piccola di "indecisi", se si pensa che il totale dei firmatari è di 16.600.000 circa.

C’è un importante bacino di contribuenti che ancora non sottoscrive il 5 per mille: sapere come raggiungerli e convincerli è una sfida culturale sulla solidarietà e sul senso civico che di certo guarda al digitale ma che non si esaurisce in esso.

*Giulia Frangione è CEO di Italia non Profit


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