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L’integrazione, storie di oggi e di domani

Si è chiuso il Festival di Bergamo dedicato a documentari e cortometraggi di fiction che mettono al centro la narrazione dell’interculturalità. Brilla l’Italia con due vincitori che hanno proposto storie ambientate nel Sud più profondo

di Giuseppe Frangi

Tempo di bilanci per la 13esima edizione dell’Integrazione Film Festival, il concorso cinematografico internazionale promosso a Bergamo e Sarnico dalla Cooperativa sociale Ruah, in collaborazione con Lab 80 film, dedicato al tema dell'integrazione. Quest’anno in concorso c’erano 14 film, di cui cinque documentari e nove cortometraggi di finzione, selezionati tra oltre 150 proposte di registi italiani e stranieri (selezionati tra oltre 150 proposte di registi italiani e stranieri). Ottima la risposta del pubblico: sono stati contati oltre 2mila spettatori nelle due sale cinematografiche del Festival e agli eventi collaterali organizzati.

Al termine dei quattro giorni di proiezioni, sono stati proclamati i vincitori. Ed è stato interessante notare come le loro proposte sottendano una narrazione comune: narrazione di un’interculturalità che mentre viene combattuta e osteggiata nei piani alti della politica, cresce con molta naturalezza e vitalità a livello della società reale. Soddisfatto Giancarlo Domenghini direttore del Festival: «É stata un'edizione ricca di opere di qualità, capaci di aprire finestre, e di far entrare aria fresca e luce, su vari aspetti della complessa questione dell'integrazione: i bambini a scuola, l'adolescenza, i giovani, gli adulti, la genitorialità e anche la terza età. Con un protagonista assoluto: l'Italia. Che vince se si riconosce rinnovata e si fida, soprattutto delle nuove generazioni».

Come miglior documentario è stato premiato Gianluca Loffredo con il suo Quasi domani, un racconto ambientato in un antico villaggio calabrese e dedicato alle vite intrecciate dei suoi nuovi abitanti, degli immigrati e dei vecchi calabresi che lo hanno sempre abitato. Un processo non privo di contraddizione, ma che prefigura, come evidenziato dal titolo, l’immagine di quello che potrebbe essere il domani. «Il mio film è ambientato in un piccolo paesino calabrese ma per me quel luogo è metafora di quello che succede in Italia e in altre parti del mondo», spiega Loffredo. «Il mio è un tentativo di invitare a riflettere, senza giudizio né alcun tipo di manipolazione politica, su una questione contemporanea di cui bisognerebbe occuparsi non solo quando sembra esserci un'urgenza mediatica. Sono molto felice di questo riconoscimento, è un premio che mi conferma che il cinema documentario è diventato il linguaggio narrativo del presente».

Come Miglior Cortometraggio di finzione il premio è andato a Vito Palmieri con Il mondiale in piazza di Vito Palmieri, un racconto di un particolare campionato di calcio organizzato in una piazza del profondo Sud d'Italia: dopo la mancata qualificazione della nazionale italiana ai mondiali 2018, un gruppo di tifosi organizza un trofeo tra squadre nazionali. Ma ci si chiede: i figli dei migranti che sono nati in Italia, in quale squadra devono giocare? «Sono molto onorato di aver ricevuto questo premio», commenta Palmieri. «Significa che con il nostro film abbiamo centrato l'obiettivo di raccontare l'integrazione ed è anche uno stimolo a continuare a raccontare temi come questi con un tono leggero. Perché questa è stata la nostra scelta, usare la commedia per parlare di questioni delicate come le seconde generazioni».


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