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Il caso degli abusi sui bambini di Bibbiano è legato all’inchiesta “Veleno”

Parla Pablo Trincia, autore con Alessia Rafanelli dell’inchiesta podcast sul caso della “bassa modenese”. «I carabinieri ci hanno ringraziato, perché abbiamo fornito loro una chiave investigativa che prima non avevano». In manette professionisti protagonisti di entrambe le vicende: un giro d’affari da parecchie migliaia di euro, finalizzato ad allontanare i bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito ad amici e conoscenti

di Redazione

«Se abbiamo contribuito anche in minima parte a salvare dei bambini e le loro famiglie dalla tortura del ricordo indotto, una delle peggiori forme di abuso che si possa immaginare, siamo soddisfatti. I carabinieri ci hanno ringraziato, perché abbiamo fornito loro una chiave investigativa che prima non avevano». Queste le parole di Pablo Trincia a Business Insider Italia, autore con Alessia Rafanelli dell’inchiesta Veleno, il podcast che ricostruiva le vicende di una presunta banda di pedofili (i cosiddetti “Diavoli della bassa modenese”) che alla fine degli anni Novanta portò all’allontanamento di 16 bambini dalle loro famiglie. Molti dei genitori non hanno più rivisto i loro figli, alcuni si sono suicidati, altri sono espatriati, insomma, una storia terribile sotto ogni punto di vista. Nelle sette puntate pubblicate da Repubblica.it dall’autunno 2017, Trincia e Rafanelli ricostruivano i fatti, mettendo in luce i molti dubbi sul ruolo svolto da assistenti sociali, psicologi e ginecologi durante le indagini, criticandone i metodi e ponendo pesantissime domande sulle conclusioni.

Quegli stessi professionisti finiti oggi in manette nell’inchiesta “Angeli e Demoni” condotta dai carabinieri di Reggio Emilia che ha portato a 18 misure cautelari nei confronti di politici, medici, assistenti sociali e liberi professionisti.

Secondo il sostituto procuratore, Valentina Salvi, gli indagati avevano messo in piedi da diversi anni un redditizio sistema di “gestione minori”, un giro d’affari da parecchie migliaia di euro, finalizzato ad allontanare i bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito ad amici e conoscenti, per poi sottoporre i minori ad un programma psicoterapeutico. Tra gli affidatari, anche titolari di sexy shop, persone con problematiche psichiche e con figli suicidi. Inoltre risulterebbero anche due casi di abusi sessuali presso le famiglie affidatarie ed in comunità, successive all’illegittimo allontanamento. Per i carabinieri, alcune vittime dei reati, oggi adolescenti, “manifestano profondi segni di disagio, tossicodipendenza e gesti di autolesionismo“.

Un sistema che poggiava su false relazioni, terapeuti travestiti da personaggi “cattivi” delle fiabe in rappresentazione dei genitori, falsi ricordi di abusi sessuali generati attraverso impulsi elettrici per alterare lo stato della memoria dei piccoli in prossimità dei colloqui giudiziari. Le indagini erano partite nel 2018, a causa dell’abnorme numero di segnalazioni di abusi sessuali e violenze a danni di minori commessi da parte dei genitori pervenute dai servizi sociali della Val D’Enza, nel Reggiano, alla Procura, che però si rivelavano puntualmente infondate. Da qui, l’indagine, che presto ha svelato numerosi falsi documentali, redatti secondo l’accusa dai servizi sociali in complicità con alcuni psicologi, “artatamente trasmessi all’Autorità Giudiziaria”.

Con un post su Facebook Pablo Trincia ha sottolineato come «La Procura di Reggio Emilia avrebbe appena sventato un secondo “caso Veleno”. Leggete nel dettaglio.
Hanno arrestato Claudio Foti, responsabile del Centro Hansel e Gretel di Torino, lo stesso da cui provenivano le psicologhe che avete visto interrogare i bambini di Veleno».

«I carabinieri hanno investigato su assistenti sociali e psicologhe, quelle rimaste al di fuori delle indagini di venti anni fa, che si erano concentrate solo sulle famiglie. Del resto, in Veleno avevamo messo in evidenza il gigantesco conflitto di interessi della psicologa Cristina Roccia, la professionista che aveva scoperto gli abusi, era diventata presidente di un centro privato (Hansel e Gretel, appunto, ndr) al quale erano stati poi affidati i bambini portati via alle famiglie, per un guadagno di oltre 2,2 milioni di euro», spiega Trincia.

Cristina Roccia – che non risulta indagata – è la ex moglie proprio di Foti, il quale invece è indagato, insieme all’attuale compagna Nadia Bolognini. E voci vicine agli investigatori lasciano presagire nuovi indagati a breve, tra i quali anche nomi “pesanti” della psicologia italiana.

«Foti aveva da tempo scritto contro di noi, facendo addirittura una petizione contro il podcast», ricorda Trincia. Il testo di quella petizione contro “Veleno, letto oggi, alla luce della svolta investigativa, mette un brivido. Parlando delle condanne dei genitori, scriveva infatti Foti: «Questa condanna in Cassazione può essere contestata, ma non si può ignorare che è stata assunta sulla base di una valutazione della credibilità dei bambini e sulla base di una massa di informazioni, rivelazioni, documentazioni, dati clinici, testimonianze coerenti e convergenti, passati attraverso un filtro di decine di psicologi, assistenti sociali, giudici».

Ma ancora peggio è il passaggio nel quale Foti attaccava direttamente i giornalisti investigativi, “rei” di aver messo in dubbio il lavoro degli psicologi: «Le vittime di questa vicenda non sono state prese in considerazione con correttezza e rispetto da questa inchiesta. I giornalisti di Veleno hanno liquidato le testimonianze di allora, come se tutti gli intervistatori fossero suggestivi e manipolativi e tutti i bambini intervistati deliranti. Non solo! Non hanno evidenziato che quei bambini alle parole fecero seguire i fatti: per lunghi anni, pur avendone la possibilità, hanno rifiutato qualsiasi contatto con la famiglia d’origine e hanno evitato anche solo di informarsi sulla vita dei propri genitori. Contestualmente è mancata la correttezza e il rispetto anche per gli operatori che furono coinvolti dalla vicenda di 20 anni fa. I giornalisti di “Veleno” continuano a ricercare lo scontro con gli psicologi e degli assistenti sociali, che operarono allora facendo credere che sia la presunta coscienza sporca di questi professionisti a tenerli lontani da un incontro con i giornalisti, e non già lo scrupolo professionale che impedisce loro di discutere in piazza del lavoro clinico e sociale svolto».

Naturalmente, fino al terzo grado di giudizio, tutti gli indagati sono innocenti. Certo che i filmati degli incontri delle psicologhe con le supposte vittime, pubblicati da Veleno su repubblica.it, molti dubbi li avevano sollevati. Già due anni fa.


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