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Le giuriste a Salvini: «La solidarietà è un dovere inderogabile, lo dice la Costituzione»

Trentasette giuriste hanno firmato un appello in dissenso con la politica del Governo sui migranti. Tra loro, Joëlle Long: «Riteniamo, da giuriste, che impedire azioni umanitarie a favore migranti non solo violi un imperativo morale ma sia contrario alla legge e in particolare alla nostra Carta costituzionale e al diritto internazionale. Le Università hanno una responsabilità sociale specifica che è quella di essere delle “sentinelle”, come ricercatrici dobbiamo essere capaci di analizzare criticamente la realtà, formulando e confutando letture proprie e altrui»

di Sara De Carli

Trentasette giuriste hanno firmato un appello in dissenso con la politica del Governo sui migranti. Si intitola "Sappiamo" e non vogliamo tacere e vuole «aggiungere la nostra alle tante voci che rifiutano di essere indifferenti rispetto alla tragedia che si sta compiendo nel nostro mare e sulle sue coste». La petizione su change.org alle 10,30 di questa mattina aveva già raccolto 1.130 adesioni. Joëlle Long, dell’Università degli Studi di Torino, è fra le prime firmatarie dell’appello.

Quali sono i punti della vostra critica?
Riteniamo, da giuriste, che impedire azioni umanitarie a favore migranti non solo violi un imperativo morale ma sia contrario alla legge e in particolare alla nostra Carta costituzionale e al diritto internazionale. Il riferimento è anzitutto al dovere di ogni Stato di rispettare i diritti fondamentali di ogni essere umano e al dovere di “solidarietà, politica, economica e sociale” (art. 2 della Costituzione). In concreto, come diciamo nella lettera, questo significa che «le vite di naufraghi, migranti e rifugiati vanno protette; il loro salvataggio in mare va garantito; la solidarietà verso i più deboli non va criminalizzata».

Perché tutte e sole donne? Cosa volete sottolineare con questa scelta?
L’iniziativa è nata spontaneamente fra un gruppo di colleghe accomunate da un’idea, ma l’obiettivo è il massimo coinvolgimento, indipendentemente dal genere. Detto questo, e a titolo personale, mi pare che essa esprima l’esistenza nella maggioranza delle donne, e nelle giuriste in particolare, di una specifica capacità di cogliere i bisogni della società e di intervenire in concreto e in prima persona. Proprio perché nel nostro Paese sono ancora frequenti, in ogni ambito della società, linguaggi e comportamenti sessisti, il fatto che un gruppo di professioniste ragioni sui fatti e dichiari di volersi impegnare nella vita pubblica portando le proprie competenze e conoscenze mi pare debba essere accolto positivamente.

L'indifferenza oggi è un rischio. Rispetto a questo ritengo che le Università abbiano una responsabilità sociale specifica che è quella di essere delle “sentinelle” che captano, analizzano e ritrasmettono. È nel nostro DNA. Come ricercatrici dobbiamo essere capaci di analizzare criticamente la realtà, formulando e confutando letture proprie e altrui. Come docenti, siamo chiamate a sviluppare negli studenti la capacità critica e l’autonomia di giudizio. Sono ormai anni che si parla di “Terza Missione” degli atenei

Joëlle Long

«Di fronte all’orrore che credevamo non potesse più ripetersi nella storia recente, con questo appello scegliamo di ripudiare l’indifferenza», scrivete. E anche: «Questa lettera aperta è per noi l’inizio di un impegno che assumiamo: contribuire a scalfire il muro dell’impotenza di fronte alla tragedia che si consuma sotto i nostri occhi». Senza retorica, quanto vede rischiosa l'indifferenza di oggi?
Tanto. E rispetto a questo ritengo che le Università abbiano una responsabilità sociale specifica che è quella di essere delle “sentinelle” che captano, analizzano e ritrasmettono. È nel nostro DNA. Come ricercatrici dobbiamo essere capaci di analizzare criticamente la realtà, formulando e confutando letture proprie e altrui. Come docenti, siamo chiamate a sviluppare negli studenti la capacità critica e l’autonomia di giudizio. Inoltre, sono ormai anni che si parla di “Terza Missione” degli atenei proprio per sottolineare che la nostra mission è di aprirci alla società e al territorio, mettendo a disposizione le nostre conoscenze e competenze e dunque prendendo posizione e contribuendo al dibattito politico e sociale su tutti i temi di interesse generale.

Un facile riferimento letterario è alla poesia del pastore Niemöller che dice «quanto i nazisti presero i comunisti, io non dissi nulla perché non ero comunista… poi presero gli ebrei e io non dissi nulla perché non ero ebreo. Poi vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare». Ecco, anche da mamma che come tutti i genitori vorrebbe un mondo migliore per mio figlio e per tutti i bambini del mondo, vorrei aggiungere la mia a tante altre voci per dire che voglio che il mio Paese rispetti le norme costituzionali ed internazionali in materia di tutela dei diritti umani e di protezione della persona migrante.

Il fatto che la retorica dei porti chiusi sia utilizzata sostanzialmente solo per le persone raccolte dalle navi delle ong, ha fatto dire a più persone che ad essere radicalmente sotto attacco sono in realtà le ong, il non profit, il mondo della solidarietà, tanto che si è usata anche l'espressione "reato di solidarietà". La solidarietà oggi è già reato? Lo può diventare davvero?
Ripeto quanto detto sopra: la solidarietà “politica, economica e sociale” è un dovere “inderogabile” costituzionalmente sancito.


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