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Economia & Impresa sociale 

«Il problema non sono gli azionisti ma il management»

Per l'economista Marcello Esposito il documento divulgato ieri da duecento tra le più grandi aziende americane quotate che sconfessa il mantra della massimizzazione del profitto per il capitale «è certamente importante dal punto di vista mediatico ma rimane un'operazione di marketing. E al fondo c'è un errore: il vero scandalo è la retribuzione degli amministratori»

di Lorenzo Maria Alvaro

Duecento tra le principali aziende di Wall Street e colossi finanziari – da Jp Morgan ad Amazon, da BlackRock a General Motors – hanno reso pubblico un documento in cui sostengono che per creare valore di lungo periodo, le aziende non devono solo portare dividendi ai propri azionisti, costi quel che costi.

E stando all'economista Marcello Esposito si tratta di una buona notizia. «Quel documento rappresenta l consapevolezza che per stare sul mercato e fare utili non basta mungere la vacca finché ce n'è, ma è utile anche allevare la vacca. Finalmente avere dipendenti soddisfatti e clienti fidelizzati sembra assumere un valore».

Ma per Esposito c'è un problema: «È un documento che ha un sapore ipocrita perché se queste aziende volessero essere più moderni dovrebbero parlare di top management e non degli azionisti. Bisogna dire che l'azionista mete il proprio capitale e lo rischia. Quello che è ormai scandaloso sono le retribuzioni monstre dei manager. Una montagna di denaro che viene sottratto all'azienda. Un errore di prospettiva che dimostra quanto ancora sia scarsa la consapevolezza del problema».

Che si tratti di una rivoluzione o di una operazione di marketing «non è compito di Jeff Bezos o Larry Fink (nella foto di copertina) dare le linee di azione. Il loro compito è intervenire per il benessere degli stakeholders. L'Eni di Mattei parlavo poco ma faceva molto. Ha costruito Metanopoli e il Parco Snam a Milano senza fare convention o documenti. Ma questo forse si può spiegare con l'assoluta mancanza della politica in questo come in tanti altri tavoli».


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