Economia civile, motore di competitività

Il resoconto della prima giornata del tradizionale seminario di Senigallia. Il presidente nazionale Carlo Costalli: "Nella società civile in tutte le sue articolazioni e relazioni ci sono semi di solidarietà e sussidiarietà che le istituzioni debbono sentire il compito di proteggere nella loro libertà e valorizzare per il ‘bene comune’ che possono concretamente concorrere a costruire"

di Marco Margrita

Quale protagonismo reale, per la gente e tra la gente, per i corpi intermedi, in quest’epoca di crisi (e non ci si riferisce solo alla contingenza politica italiana) segnata dalle opposte tentazioni, accomunate però dalla natura di desertificare le “terre di mezzo”, populista e tecnocratica? Una domanda alta, che solo uno sguardo superficiale può definire astratta, quella che si pone il Movimento Cristiano Lavoratori nell'annuale Seminario di Studi in corso a Senigallia. Un appuntamentoentrato nel vivo, dopo la giornata iniziale , tutta dedicata ai giovani, che si sono preparati alla loro prossima Assemblea Nazionale, confrontandosi con il mezzo secolo di vita del Mcl, per leggerlo come “una storia che continua”.

In un gremito cine-teatro “Il Gabbiano”, due intense sessioni di lavoro, al mattino e al pomeriggio. In attesa del suo intervento più “politico” di domani, in cui “metterà i piedi nel piatto” del sempre alto tema delle modalità di presenza pubblica dei cattolici, ad introdurre i lavori è stato il presidente nazionale, Carlo Costalli (foto). La sua è stata una forte rivendicazione della centralità che i “corpi intermedi”, proprio in questo frangente epocale di “grande trasformazione”, possono giocare. Una “difesa creativa” della capacità di resistenza e resilienza di comunità e territori: “le eccellenze, sociali e produttive, del nostro Paese sono infatti quelle localizzate e radicate. Queste hanno dato vita a un'economia civica che è stata il motore della tenuta in termini di competitività”. Per Costalli, insomma, “nella società civile in tutte le sue articolazioni e relazioni ci sono semi di solidarietà e sussidiarietà che le istituzioni debbono sentire il compito di proteggere nella loro libertà e valorizzare per il ‘bene comune’ che possono concretamente concorrere a costruire”.

C'era molta attesa, che non è certo andata delusa, per quanto avrebbe detto al popolo emmeciellino l'arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, alla prima uscita pubblica dopo l'annuncio della sua creazione a Cardinale, unica “berretta” italiana al prossimo concistoro. Con il suo stile pastorale piano e popolare, di semplice profondità, ha di fatto confermato la necessità di difendere il libero esprimersi, con opere e giudizi, dei corpi intermedi, sostenendo che essi “sono centrali nelle sfide di oggi, ma si devono anche assumere la piena responsabilità di questa centralità”. Secondo il neo-Cardinale, però, “Non si possono accontentare di un piccolo spazio né essere al servizio di sovranismi e populismi: non è una soluzione. Sovranismo e populismo riescono a creare un consenso immediato, ma sono i corpi intermedi che hanno la capacità di approfondire le sfide. In Italia, fino a poco tempo fa sono stati troppo rissosi tra loro, ma se si fa rete e si danno risposte concrete alle persone si reagisce a quel processo di disintermediazione, proposto da populismi e sovranismi, che fa male alla società”. Non sono mancate parole chiare rispetto a un certo stile di azione politica: “La semantica digitale e della politica è preoccupante e non per questioni di galateo. Nelle scorciatoie di una certa rozzezza non si colgono le sfaccettature necessarie a costruire soluzioni reali ai problemi”. Chiaro, infine, l'invito a una precisa opzione europeista. Per il presule, “Rafforzare l’Unione Europea non significa piegarsi, piuttosto comprendere che all’interno di una comunità la sovranità si rafforza e non si disperde”. Si debbono, però, rifiutare le scorciatoie sovraniste e iperburocratiche: “In realtà i sovranisti sono degli indipendentisti che di certo non fanno bene al Paese. Attenzione però: un’Europa di sola burocrazia non può funzionare. C’è bisogno di un indirizzo politico capace di guidare verso il bene comune l’Europa”.

Decisiva, insomma, una democrazia di qualità. Qualità, come hanno ben chiarito nella sessione pomeridiana moderata dal vicepresidente Giovanni Gut, i professori Mario Taccolini (prorettore della Cattolica) e Giovanni Maddalena (Università del Molise) che passa dal guardare a “corpi intermedi e rappresentanza come storia di adeguata visione della democrazia”. Per Taccolini, “oggi sembra essere egemonico il risentimento e la sensazione di radicale scomparsa delle sicurezze: per questo è importante recuperare la memoria”. Maddalena si è invece concentrato sul “caso serio della libertà”, definendo le comunità “spazi d'amicizia fondate su un ideale, in cui ve ne sia un'idea adeguata, capace di superare la riduzione a formalismo delle regole e il rischio totalitario dell'imposizione di una visione”. Nella vicenda dei popolari, per il professore, “c'è quest'aspetto di libertà. Dell'essere liberi davvero, portando un'idea originale e più piena di libertà che vada oltre l’autodeterminazione e lo schiacciare del totalitarismo. Quando parliamo di compiti culturali, questo è sicuramente uno dei più grandi”.

Dal Movimento Cristiano Lavoratori, insomma, è stata lanciata la sfida alle narrazioni deresponsabilizzanti dei populismi e della tecnocrazia: “assumendo il compito di essere un'esperienza incontrabile dove non domini la rassegnazione e il disfattismo”.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA