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Misure penali di comunità: in Sicilia si punta su volontariato e Csv

Accordo biennale: gli uffici territoriali del ministero per l’esecuzione penale esterna avranno un referente che curerà i rapporti con i tre centri dell’isola: obiettivo potenziare il ruolo delle associazioni nella “messa alla prova” e nelle altre misure alternative alla detenzione

di Redazione

Stanno vivendo una crescita molto forte in Sicilia le misure penali non detentive e la prospettiva della “giustizia riparativa”. Stiamo parlando dell’insieme di provvedimenti alternativi al carcere o al processo: quelli esistenti da tempo, come gli arresti domiciliari, la semilibertà o l’affidamento ai servizi sociali; e quelle istituite con la legge 67 del 2014, che ha previsto la “messa alla prova” per gli autori di reati di minor allarme sociale (come la guida senza patente o sotto l’effetto di droghe).

Nei primi 9 mesi di quest’anno tali misure riguardavano nell’isola quasi 11mila persone. Di queste, poco meno di 3.800 erano interessate proprio dalla messa alla prova, in genere per lo svolgimento di “lavori di pubblica utilità” di varia durata: in tutto il 2018 erano stati appena 3.000 e l’anno precedente meno di 1.800. E la maggior parte di loro era stata “affidata” ad enti del Terzo settore, attraverso almeno 240 convenzioni siglate direttamente tra i tribunali e le associazioni.

Dalla scorsa settimana, queste “misure e sanzioni di comunità” – volte a ridurre il ricorso al carcere o al procedimento penale, ma anche a diffondere la cultura della restituzione del danno causato e a ricostruire legami sociali – entrano per così dire a sistema. L’Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna (Uiepe) di Palermo e i tre centri di servizio per il volontariato della Sicilia (Csv Etneo, Cesvop Palermo, Cesv Messina) hanno infatti siglato un protocollo di intesa biennale che ha lo scopo di rendere quanto più possibile efficace l’utilizzo della messa alla prova.

Si tratta di un atto rilevante (già praticato da altri Csv italiani) perché mette in evidenza il ruolo cruciale che il volontariato può avere in questo ambito: attraverso la messa alla prova, il condannato o imputato non svolge solo attività lavorative utili nelle associazioni, ma viene coinvolto in un percorso di consapevolezza e di ricostruzione del suo ruolo e del suo valore. Mettere in sinergia le istituzioni penali con il volontariato organizzato offre dunque possibilità inedite per il recupero delle devianze e anche per la loro prevenzione.

In base al protocollo gli Uepe territoriali siciliani si doteranno ciascuno di un referente locale per il volontariato, il quale curerà i rapporti con il Csv di riferimento: quest’ultimo opererà per facilitare la collaborazione fra istituzioni penali e volontariato.

I Csv siciliani svolgeranno allo scopo specifiche azioni di informazione e formazione dei volontari e delle loro organizzazioni, con particolare attenzione alle problematiche che gli enti di terzo settore devono affrontare nell’area penale. L’accordo prevede verifiche periodiche, in modo da rendere sempre più adeguata la sua attuazione.


Nell'immagine in apertura i firmatari del protocollo


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