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Da oggi i neonati ipovedenti cominciano la vita ad armi pari

Grazie ai servizi di eccellenza del centro Sant’Alessio dedicati ai bimbi ipovedenti da 0 a 3 anni, dalla riabilitazione all’inserimento negli asili nido, vengono minimizzati gli effetti della disabilità

di Erica Battaglia

Da 5 anni al Sant’Alessio di Roma, centro di eccellenza per la riabilitazione di adulti e bambini disabili visivi, c’è una equipe che si dedica ai bimbi piccolissimi, da zero a tre anni di età, con l’obiettivo di garantire loro un intervento riabilitativo precoce e mirato per minimizzare gli effetti della disabilità.

Sempre più spesso, infatti, al centro di Tormarancia arrivano famiglie con bimbi di appena 20/30 giorni cui è stato diagnosticato un deficit visivo, anche associato ad altre forme di disabilità. L’accoglienza per queste famiglie è globale e il trattamento non riguarda esclusivamente il neonato ma viene esteso a tutto il contesto per minimizzare l’impatto psicologico e favorire la collaborazione della famiglia ai trattamenti riabilitavi; un lavoro, quest’ultimo, che al Sant’Alessio viene realizzato in equipe.

L’equipe è multidisciplinare, ne fanno parte medici specializzati in neuropsichiatria infantile e terapisti della riabilitazione. Questo per garantire un approccio a 360 gradi verso il trattamento riabilitativo e intervenire globalmente per governare tutti gli aspetti del lavoro che su un bimbo piccolissimo è complesso quanto indispensabile.

L’obiettivo è quello di consentire al piccolo di conservare il residuo visivo e di aiutarlo a trovare le migliori strategie per utilizzare la visione residua e inserirsi nel contesto della vita sociale, essere autonomo e crescere in relazione e come i coetanei vedenti.

«Sono 1.500 gli utenti che ogni anno ricevono servizi da Sant’Alessio e di questi il 70% sono bambini e ragazzi che studiano. Attualmente abbiamo in carico, in particolare, otto famiglie di bimbi sotto i tre anni per i quali sono stati predisposti progetti riabilitativi elaborati sulle le loro specifiche esigenze» fa sapere il direttore generale del Sant’Alessio, Antonio Organtini, che ha fortemente voluto realizzare al Centro regionale questo lavoro d’equipe.

Livia, Maria, Sofia, Victoria, Annalisa, Omar, Gabriele e Simone, tra i bimbi sono i “pulcini”, i piccoli ipovedenti che attualmente usufruiscono del servizio in team. «Il lavoro non è mai uguale, ciascuno di loro ha esigenze riabilitative diverse che dipendono dal tipo di danno funzionale, dalla loro risposta, persino dalla risposta del contesto familiare» commenta la dottoressa Ilaria Del Vecchio, specialista in neuropsichiatria infantile del Sant’Alessio.

Così, dopo l’elaborazione del progetto riabilitativo specifico per ciascuno dei piccoli utenti, il lavoro prende il via nelle stanze in cui operano i terapisti esperti nello sviluppo neuropsicomotorio, ricche di strumenti e adeguatamente arredate per il lavoro sui più piccoli, dove ogni angolo fornisce uno stimolo visivo in grado di catturare l’attenzione e stimolare una reazione.

Qui si riunisce il pool del Sant’Alessio, insieme al bimbo, alla presenza dei genitori. «Ogni singola componente emotiva, motoria, cognitiva, visiva, tattile e uditiva deve essere analizzata in relazione alle altre, ed è questo lo scopo del nostro lavoro di gruppo» – dicono gli specialisti del Sant’Alessio. «Quello che facciamo, per esempio, è integrare la funzione visiva con le acquisizioni posturali che cambiano in base alla fascia di età e che spesso nei bimbi ipovedenti sono in ritardo: è chiaro, infatti, che migliorare la funzione visiva, significa migliorare la stabilità posturale e l’interazione con l’ambiente circostante» spieganoil dottor Alessandro Trombetti, terapista della riabilitazione neuro-psicomotoria, e la dottoressa Silvia Micarelli, ortottista del Sant’Alessio.

Il bimbo, a seconda dell’età e del grado di sviluppo, viene stimolato con giochi diversi, marionette colorate, giochi luminosi e ad alto contrasto, materiali di consistenza diversa in grado di produrre suoni e rumori. L’impulso di raggiungere il gioco fa sì che il bimbo orienti tutto sé stesso verso l’obiettivo e, con il supporto dei professionisti, il gioco diventa un vero e proprio “allenamento” per gestire il proprio corpo nello spazio, migliorando postura e risposta agli stimoli.

Naturalmente per ogni bambino bisogna trovare una chiave d’accesso che è unica: all’interno del protocollo riabilitativo, il metodo da adottare e i materiali da usare vanno “costruiti” a seconda del bambino. «Il terapista della riabilitazione neuro-psicomotoria mette in atto tutte le misure necessarie affinché la postura del bambino favorisca l’emergere delle funzioni visive e per fare ciò utilizzano ausili e misure ortesiche specifiche per ogni bambino che lo sostengono e lo supportino nello sforzo riabilitativo» chiosa Trombetti.

«Uno degli aspetti principali di questo lavoro è la condivisione degli strumenti di interpretazione della realtà del bambino con i genitori, dare loro delle precise indicazioni su come favorire l’uso del residuo visivo del figlio e valorizzare gli strumenti acquisiti durante la terapia riabilitativa» precisa Micarelli.

Non mancano le difficoltà. «È fondamentale stabilire un’alleanza con i familiari affinché le acquisizioni possano essere generalizzate anche in ambito domestico – spiega Del Vecchio -. E tale passaggio terapeutico non è sempre lineare perché in questa fase, di fronte a bimbi piccolissimi, i genitori vivono forti paure legate alle condizioni di disabilità dei figli e al loro futuro».

L’altra difficoltà con cui l’equipe spesso deve fare i conti è il “primo contatto”: spesso giungono al Sant’Alessio bimbi pluriospedalizzati che hanno, dunque, difficoltà con il contatto, con la manipolazione e che devono acquisire fiducia nella relazione con i professionisti. A volte si tratta di bimbi che hanno una disregolazione emotiva, particolarmente sensibili anche solo ai cambiamenti di temperatura e luminosità. Tutti i bimbi disabili visivi, per esempio, soffrono di iperacusia e quindi hanno difficoltà a gestire i rumori ambientali.

Insomma, gli ostacoli da superare per il team sono veramente tanti ma, trovata la chiave di intervento, il lavoro prosegue con soddisfazione di tutti. I progressi diventano subito evidenti e questo fornisce lo stimolo per proseguire ai professionisti dell’équipe di cui fanno anche le ortottiste Orietta Meucci e Simona Leone e le neuropsicomotriciste Valentina Monaco e Cristina Romanini.

E dunque arriva il momento in cui il bimbo può e deve frequentare l’asilo nido. Nella maggior parte dei casi, infatti, non vi sono ostacoli anzi, questa tappa formativa non deve assolutamente essere saltata dai bimbi ipovedenti. Con alcuni accorgimenti che, tuttavia, gli educatori dei nidi devono imparare ad osservare. A loro, dunque, è dedicato il corso di formazione con lezioni online e in presenza, finanziato dalla Regione Lazio ed elaborato dagli specialisti del Sant’Alessio con il contributo dell’Ipab Asilo Savoia.

In un contesto nazionale dove i servizi dedicati alla riabilitazione visiva dell’infanzia presenta notevoli criticità – come ha evidenziato l’ultima relazione del Ministro della Salute al Parlamento – il Sant’Alessio si conferma centro di eccellenza anche per il trattamento dell’ipovisione nei bimbi da zero a tre anni. Dai risultati ottenuti in questo Centro, arriva la speranza che i servizi riabilitativi possano essere estesi in particolare al centro sud dove si registra una carenza di servizi specifici davvero allarmante.


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