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Il cinema a scuola? Serve per far esplodere la coscienza

Sostenuto da Miur e Mibac, realizzato da Cinemovel Foundation, “Schermi in classe” è nato nel 2006 ed è la prima proposta nazionale di cinema itinerante e comunicazione sociale per le scuole. Un volume raccoglie il senso dell'esperienza

di Redazione

«Il cinema è uno strumento pedagogico fondamentale, che ha modellato storicamente la vita moderna, raccogliendone e rilanciandone i temi e i ritmi. Ma attenzione: il film è un’operazione di mobilitazione, più che di sedimentazione. Serve per far esplodere la coscienza» così scrive Francesco Casetti, professore della Yale University, nella pubblicazione “Schermi in classe” che raccoglie l’esperienza pluriennale di questa originale carovana itinerante che porta il cinema nelle scuole.

Sostenuto da Miur e Mibac, realizzato da Cinemovel Foundation, “Schermi in classe” è nato nel 2006 ed è la prima proposta nazionale di cinema itinerante e comunicazione sociale per le scuole. L’obiettivo era – allora come oggi – quello di offrire agli studenti uno spazio di visione e ragionamento sui temi sociali di attualità, a partire dalle mafie e dalla criminalità organizzata. In ogni tappa, gli spazi degli istituti che ospitano il progetto si trasformano, con l’allestimento di una vera e propria sala cinematografica per poter vivere, in maniera collettiva e partecipata, la magia e le emozioni della settima arte.

Le scuole coinvolte nel progetto scelgono uno dei percorsi proposti ─ Corruzione e diritti, Ambiente e sostenibilità, Memoria, Inclusione e povertà ─ ospitando le proiezioni e gli incontri con registi e autori. Le singole tematiche vengono affrontate attraverso la visione di opere capaci di indagare il reale con sguardi e linguaggi differenti: quest’anno si va dagli scottanti documentari Biutiful cauntri, Before the flood, La nave dolce ai biopic su Peppino Impastato, Giancarlo Siani, Pippo Fava, Don Puglisi e Lea Garofalo, passando per i toni da commedia di Pif (La mafia uccide solo d’estate) e del duo Ficarra-Picone (L’ora legale). Autori, registi, giornalisti ed esponenti della società civile – personaggi del calibro di Valerio Mastandrea, Daniele Vicari e Federica Angeli – attraverso video-interviste, riflettono e pongono domande agli studenti, dando vita a un dialogo che unisce le scuole nella costruzione di un rinnovato immaginario collettivo. La carovana 2019 di “Schermi in classe” ha preso il via a Parma il 23 ottobre e si concluderà il 13 dicembre a Sulmona, dopo aver visitato tredici città e quindici scuole, con un bagaglio di ventidue film e un pubblico di 2.500 studenti.

Utilizzare l’espediente di un film per veicolare tra i giovani contenuti stimolanti, è non solo un’iniziativa intelligente, ma un’attività del tutto coerente con la funzione stessa della scuola: allargare gli orizzonti, far vedere l’altro e l’oltre, essere una finestra sulla vita, quella fuori e dentro di noi.

don Luigi Ciotti

Questa la trama, per chi non conoscesse “Schermi in classe” e, incuriosito, volesse saperne di più e prenotarsi – perché no? – per portarlo nella propria scuola. Ma è leggendo la nuova pubblicazione che se ne comprende il senso. «Ecco allora che l’idea di portare il cinema in classe, di utilizzare l’ “espediente” di un film per veicolare tra i giovani contenuti stimolanti, è non solo un’iniziativa intelligente, ma un’attività del tutto coerente con la funzione stessa della scuola: allargare gli orizzonti, far vedere l’altro e l’oltre, essere una finestra sulla vita, quella fuori e dentro di noi. I temi sono quelli delle mafie e del crimine organizzato, e l’obiettivo è quello di promuovere, prima che una generica educazione alla legalità – parola sulla quale molto si è detto e fatto anche a sproposito – una presa di coscienza del nostro essere persone e cittadini responsabili, chiamati a vivere non solo per se stessi ma per gli altri e per un bene che è prima di tutto comune», scrive don Luigi Ciotti, presidente di Libera, fin dall’inizio al fianco del progetto. «È questa visione intima del bene comune il prerequisito della legalità, ciò che ci fa capire la differenza tra una legge che tutela l’interesse pubblico da una che invece favorisce quello particolare. La riflessione sul crimine organizzato deve partire da qui, altrimenti si rischia di passare ai giovani l’idea superficiale che le mafie siano un mondo a parte e non un male originato dalle storture del nostro».

Le immagini sul come è la mafia rischiano, ogni volta, di farsi ripetute, scontate, facili, di “gomorrizzarsi” in stereotipi del gesto e del linguaggio. Qui invece è un nuovo, più complesso rispetto per le immagini di mafia che viene messo davanti ai ragazzi. Ogni racconto, infatti, viene accompagnato da una coppia di parole. Che istigano a pensare.

Marco Rossi Doria

Oggi i ragazzini succhiano immagini da schermi di ogni misura. Qual è allora la potenza e la permanenza del cinema? Gli schermi «accompagnano [i ragazzi , ndr] in modo insistente, a ogni battito del tempo, come ritmo di ciglia che apre la vista prima dello sguardo sul mondo. È un flusso incessante, troppe volte privo di gerarchia e privo di rito e di voce che accompagni. E – in tema di mafie – le immagini sul come è la mafia rischiano, ogni volta, di farsi ripetute, scontate, facili, di “gomorrizzarsi” in stereotipi del gesto e del linguaggio; e di spiegare poco, di far capire poco. Invece è un nuovo, più complesso rispetto per le immagini di mafia che qui viene messo davanti ai ragazzi. Ogni racconto, infatti, viene accompagnato da una coppia di parole. Che istigano a pensare. Così, la seconda cosa che dice questo libro riguarda la procedura di accompagnamento, a monte e a valle, dell’uso delle immagini. L’immagine non è lasciata sola. È parte di una trama pedagogica, ben guidata. Vi sono sedici coppie di parole che guidano una mappa concettuale che viene avanti attraverso una costruzione partecipativa di senso. Queste parole, usate secondo un setting didattico convenuto, introducono e poi seguono, passo passo, il tema. E grazie a queste parole-chiave si costruisce una riflessione corale, cooperativa. Si ri-scopre il dialogo, il dibattere – il cercare di capire. Domande e risposte si inseguono, ognuno si esprime».


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