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Una ripartenza per il Sud? Fate come alle catacombe di San Gennaro

A Napoli una due giorni che ha visto la società civile del sud stringersi intorno all'esperienza della cooperativa la Paranza e a don Antonio Loffredo. Un popolo riunito attorno alla celebrazione e difesa di un’idea. Un’idea di sociale, un’idea di salute, un’idea di Sanità

di Angelo Moretti

La sala era gremita. Ma non era un seminario universitario con crediti formativi né un congresso di partito, era un popolo riunito attorno alla celebrazione e difesa di un’idea. Un’idea di sociale, un’idea di salute, un’idea di Sanità.

A Napoli e nel mondo il rione Sanità ha significato per anni un luogo di pericolo, di perdizione dei diritti sociali ed economici, un quartiere dove vigeva la legge del più forte, dove le bombe fanno esplodere le pizzerie storiche come esplodono le marmitte dei motorini truccati. Alla Sanità “la Paranza” non è una frittura, era il terrore scatenato nei vicoli da ragazzi indiavolati, ed armati, che imponevano la presenza con i colpi delle pistole sparate ad altezza uomo. Ci sono stati periodi storici in cui nel quartiere si contavano il numero dei morti in relazione al numero delle ore. Nel 2006 il Corriere della Sera ed Il Mattino contarono un morto ammazzato ogni 40 ore, come accade negli scenari di guerra.

Oggi Sanità è sinonimo di riscatto, di fatica, di professione, di fantasia, di genio napoletano, di sogno.

Il 25 e 26 novembre questo popolo si è riunito nel luogo simbolo della rivoluzione del bene: le Catacombe di San Gennaro, un sito archeologico che fino al 2009 viveva nell’abbandono più totale e che oggi è uno dei luoghi turistici più accorsati di Napoli, con oltre 100.000 visitatori l’anno. Don Antonio Loffredo, il motore di questa rivoluzione, ha chiamato a raccolta la scienza, ha chiesto alle Università di indagare e criticare il modello “Sanità”, i risultati sono incontrovertibili. La Fondazione di Comunità “San Gennaro” e la Cooperativa Sociale “La Paranza” hanno cambiato il volto del quartiere in 10 anni, dal 2009 al 2019.

Il dipartimento di Scienze Sociali dell’Università “Federico II” ha studiato l’impatto sociale di questi due straordinari agenti sociali ed ha sottolineato che gli outcome di questo processo inedito comunicano tre buone notizie:

1) Si vive meglio: c’è una percezione di sana di vivibilità. Gli abitanti hanno dichiarato ai giovani ricercatori: “ora è cambiata la sanità prima c’erano scippi a terremoto”, “ora ci sono i turisti”. Nel quartiere si ha la chiara percezione del ruolo propulsivo del terzo settore: “anche se con la mia attività non guadagno direttamente per merito della Cooperativa, ora si vive meglio”;

2) l’immagine esterna del Rione Sanità, in questi lunghi dieci anni di attività sociale, é cambiata in meglio. L’Università ha analizzato una mole di articoli giornali, se ne parla di più e se ne parla bene in 764 articoli rispetto ai 157 di prima. Le ricerche su Google sono abbinate a termini positivi: bellezza e cultura contro violenza e criminalità;

3) l’impatto occupazionale è il vero segno del cambiamento e del miglioramento: circa 50 persone occupate direttamente nelle diverse cooperative , a partire dai primi da 8 assunti del 2009; 217 persone occupate indirettamente su tutta Napoli, di cui 65 nel Rione. “Solo chi conosce il quartiere della Sanità – ha spiegato a Napoli il presidente della Fondazione con il Sud, Carlo Borromeo – può capire che cosa significano 50 assunzioni regolari: una vera 'bomba' sociale, il capovolgimento di paradigmi di disperazione, di cinismo, di illegalità. Lavoro, conquistato non in ragione di uno 'scambio' con il politico, il potente o il camorrista di turno, ma in piena libertà, a testa alta ed in totale legalità e trasparenza. I l terzo risultato, il più importante, è l’effetto che l’iniziativa ha avuto sul quartiere”.

Ma la sala era gremita non tanto per celebrare don Antonio e i tanti che lo hanno sostenuto, Cardinale Sepe compreso, quanto per difendere la rivoluzione e scacciare le nubi all’orizzonte. Sulle Catacombe di San Gennaro incombe una scure, un’incomprensione dal valore di milioni di euro tra Vaticano, Propietario del sito, e Arcidiocesi di Napoli, responsabile della gestione. Un’incomprensione che potrebbe mettere in ginocchio, se non fine, all’esperienza che ha cambiato il volto del cuore di Napoli. Il 25 e 26 novembre è andata in scena una prova di dialogo e di rilancio.

La Sanità non va abbandonata, la rivoluzione deve continuare, quella rivoluzione non appartiene né a Napoli né alla Chiesa, è la Rivoluzione di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, e non deve finire.


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