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La Caporetto Ilva: perdite esorbitanti e licenziamenti inaccettabili

ArcelorMIttal annunciano 4.700 esuberi di cui 2.900 già dall’anno prossimo. L'analisi di Alessandro Marescotti presidente di Peacelink

di Alessandro Marescotti

Il 7 agosto 2018 scrissi un'analisi dal titolo "ILVA, la Caporetto dei lavoratori". Era una previsione. Ed era basata sui numeri. Numeri eloquenti che potete leggere qui sotto. Quella previsione si è avverata. Oggi leggiamo che ArcelorMittal richiede un taglio che nell'immediato è di 2.900 unità e in prospettiva è di 4.700. Nell'analisi che facevo il 7 agosto 2018 facevo questa previsione: "Se si portassero i lavoratori da 11.000 a 5.940 (ossia -46%) l’ILVA di Taranto andrebbe in pareggio", scrivevo.

Riporto qui sotto l'articolo per intero. I conti oggi tornano e confermano le previsioni che avevo fatto nell'agosto del 2018. Però negli ultimi mesi la situazione del mercato dell'acciaio è risultata ancora peggiore di quella dell'agosto 2018.

E la cosa che dovrebbe far riflettere è che, come documenta Michelangelo Borrillo sul Corriere della Sera, negli ultimi 12 mesi le perdite di esercizio sono state di 700 milioni di euro, il che significa che anche se i tutti i lavoratori ILVA avessero lavorato gratis nel 2019, l'Ilva gestita da Mittal sarebbe comunque andata in passivo. Se infatti il costo globale del lavoro nello stabilimento è di 580 milioni di euro (dati dei Commissari di governo nella loro relazione al Parlamento a termine del loro mandato di gestione) e le perdite sono state di 700 milioni di euro negli ultimi 12 mesi, se la matematica non è un opinione dobbiamo dedurre un dato drammatico: anche se i tutti lavoratori avessero lavorato gratis, l'azienda a Taranto avrebbe perso 120 milioni di euro negli ultimi 12 mesi.

Che cosa pensare allora?

  1. È impossibile rendere competitiva una fabbrica viziata da gigantismo. Il punto di pareggio costi/ricavi a Taranto è a 7 milioni di tonnellate/anno mentre nel 2018 ne ha prodotti 4,7.
  2. ArcelorMittal richiede una "cura da cavallo" che non risolleverà lo stabilimento ma che lo farà definitivamente stramazzare morto per terra.

E allora la domanda è: possibile che questa cosa chi governa non l'abbia capita?

L'impressione è che nessuno la voglia capire per mera convenienza politica. Occorrerebbe prendere atto che l'ILVA sta affondando e che l'unico modo per salvare i lavoratori e preparare le scialuppe di salvataggio, non rimanere sulla nave che si inabisserà.


*Alessandro Marescotti presidente di Peacelink


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