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Sanità & Ricerca

Dat: bene il decreto sulla banca dati, ma non rimanga sulla carta

L'auspicio è che Regioni e Comuni ora si attivino per rendere sempre più efficaci le azioni di informazione e sensibilizzazione dei cittadini, come ancora non sempre avviene per le cure palliative, altro punto centrale della Legge 219/2017

di Raffaella Pannuti

“La solitudine è la miglior alleata della sofferenza”. Queste parole, spesso pronunciate da Franco Pannuti fondatore di ANT, sono le stesse che guidano – oggi come 40 anni fa – il nostro impegno quotidiano al fianco dei malati di tumore e delle loro famiglie. Curare significa infatti, per ANT, comprendere i bisogni fisici, psicologici, sociali e spirituali specifici di ogni persona ammalata e cercare di rispondere ad essi nel modo più efficace possibile, “senza abbandono e senza accanimento”, citando ancora le parole del professor Pannuti. In tal senso, valuto positivamente la Legge 219/2017 che ha introdotto nell’ordinamento italiano le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT) rispetto alla mission e ai valori di ANT, poiché il testo si propone di bilanciare due diritti fondamentali della persona, il diritto alla vita in dignità e il diritto all’autodeterminazione, tutelati dal consenso informato e dalla pianificazione condivisa delle cure e resi possibili solo dalla competenza professionale del medico, elemento imprescindibile che la legge più volte sottolinea. Si parla quindi di con-divisione delle decisioni terapeutiche come antitesi alla solitudine che rischia di affliggere chi soffre di una malattia cronico-degenerativa e che di conseguenza si trova in uno stato di fragilità.

Accolgo quindi con fiducia la recente firma del decreto sulla Banca Dati nazionale delle DAT del Ministro Speranza e auspico che anche Regioni e Comuni si attivino per rendere sempre più efficaci le azioni di informazione e sensibilizzazione dei cittadini, così da permettere l’effettiva espressione di un diritto che non deve restare solo scritto sulla carta.

Un altro punto centrale della Legge 219/2017 riguarda il diritto a ricevere un’appropriata terapia del dolore e cure palliative adeguate, come espresso nel comma 1 dell’Art.2. Diritto che troppo spesso non viene garantito in molte zone del nostro Paese, a causa delle forti disomogeneità che ancora viziano l’erogazione delle cure palliative da parte delle reti territoriali, come evidenziato nell’ultimo Rapporto al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 38/2010. Ancora una volta quindi, le persone ammalate e le loro famiglie rischiano di essere lasciate sole, lasciando libero il campo ad una sofferenza che, una volta divenuta disperazione potrebbe arrivare perfino a far apparire la morte come l’unica soluzione a dolore e solitudine.

Stare accanto ai Sofferenti, valorizzando i loro bisogni soggettivi con una presa in carico appropriata e personalizzata, è per ANT la vera risposta al richiamo della sofferenza, e in questo senso concordo con le considerazioni espresse dal professor Stefano Canestrari nel recente documento del Comitato Nazionale per la Bioetica. In accordo con il professor Canestrari auspico, e come ANT ci stiamo attivamente impegnando per favorire questo percorso, una piena attuazione della Legge 219, ancora non sufficientemente conosciuta nella realtà sanitaria del nostro Paese, affinché la sua “applicazione, valorizzazione e diffusione (…) possa avere un potente effetto preventivo e dissuasivo nei confronti, in generale, delle condotte suicidiarie dei pazienti e, in particolare, di moltissime, anche se non di tutte le richieste di suicidio medicalmente assistito”.


*Presidente Fondazione ANT Italia


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