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Welfare & Lavoro

Il flop del “bonus badanti”

A un anno dall’avvio dell’iniziativa sono state presentate da parte delle famiglie solo 180 domande. Perché?

di Anna Spena

Un anno fa Regione Lombardia (con la deliberazione della giunta regionale 914/2018) ha introdotto il cosiddetto “bonus badanti”, un contributo economico alle famiglie che assumono regolarmente un assistente familiare, con uno stanziamento importante: tre milioni di euro per i primi due anni, cifra che sostiene anche l’avvio di sportelli per l’incontro tra domanda e offerta e speciali registri delle assistenti familiari in ogni Ambito territoriale.

«Ma l’esito», spiega Sergio Pasquinelli, Responsabile di Linea dell'Area Politiche e servizi sociali e sanitari dell’Irs – istituto per la ricerca sociale, «è molto inferiore alle attese: 180 sono state le domande presentate fino a novembre (dati Assessorato alla Famiglia di Regione Lombardia), in una regione che conta mezzo milione di anziani non autosufficienti e 160mila badanti, tra mercato regolare e nero, e che vale complessivamente 1,7 miliardi. C’è quindi il ragionevole sospetto che il numero di badanti effettivamente iscritte in questi registri siano davvero poche, se è andata come a Brescia dove, dopo un anno e mezzo di attività, lo sportello badanti istituito dal Comune, con la collaborazione dei sindacati, non ha visto nessuna iscrizione».

Le ragioni di questo flop sono molteplici. Un primo dato è che su 98 ambiti territtoriali appena la metà ha istituito i registri. «Inoltre tre milioni», continua Pasquinelli, «pur essendo una cifra considerevole non è abbastanza. Un valore Isee entro cui stare (25.000 euro, ma le famiglie più povere la badante semplicemente non se la possono permettere), e un contributo economico limitato (il 50% delle sole spese previdenziali dell’assistente familiare)».

A livello nazionale si stima ci siano circa 950mila badanti sommando mercato regolare e irregolare (400mila regolarmente iscritte all’Inps e 550mila in nero) per un valore economico di 12 miliardi di euro. Alla luce di questi dati è importante ripensare a tutto il sistema: «A livello nazionale», continua Pasquinelli, «si dovrebbe proporre una defiscalizzazione delle spese delle famiglie. Questo primo passo porterebbe all’emersione di buona parte del mercato nero. La seconda misura dovrebbe essere la riforma dell’indennità di accompagnamento. La principale misura per gli anziani non autosufficienti che oggi è erogata senza nessun vincolo di controllo di spesa. Si dovrebbe invece aumentare un po’ il contributo e tracciarne l’uso. A livello regionale, nello specifico per il caso che riguarda la Lombardia, cuore dell’impresa sociale e del tessuto associativo, mi pare che abbiano investito ancora poco. Hanno invece tutti gli strumenti per aggregare domanda e offerta, sostenere gli sportelli e investire in azioni di welfare di comunità per ridurre l’isolamento delle famiglie da un lato ma anche delle badanti dall’altro. L’esperienza lombarda ci dice che il mercato della cura ”tiene” ancora molto, che ci vogliono misure più robuste e articolate per agganciarlo, che l’attrazione verso il mercato sommerso è ancora potente».


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