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Oltre i propri limiti. Moreno Gurini: «Così ho conquistato lo Stelvio in hand-bike»

«È stata un’emozione incontenibile quella di raggiungere quel traguardo, sogno di tanti ciclisti», racconta ancora commosso il perito industriale vittima nel 2003 di un grave infortunio sul lavoro

di Luca Cereda

La montagna, ovvero la fatica. Vincere la pendenza e il peso delle cose significa decidere che l’uomo può impadronirsi di tutto l’universo fisico. La conquista della cima è così difficile che l’uomo si deve impegnare completamente. È forse per questo che le tappe di montagna del Giro d’Italia o del Tour de France sono la parte centrale di queste corse che chilometro dopo chilometro plasmano il mito dei corridori. Non perché siano loro, le vette, a decretare il vincitore, ma perché mostrano apertamente la natura dei limiti umani dei corridori, il senso della lotta, le virtù dei combattenti. E incidono l’impresa nella memoria.

Arrivare allora in cima alla leggendaria ascesa del Passo dello Stelvio, la cima che ha incoronato grandi campioni del ciclismo del passato e del presente, non è cosa da tutti. Farlo a 55 anni, in hand- bike – un tipo di bicicletta che viene spinta solo dalla forza delle braccia – e in meno di tre ore, è un’impresa. Moreno Gurini c’è riuscito il 14 luglio 2019 – una data da Tour de France – affrontando i 42 tornanti della salita dello Stelvio, distribuiti su quasi 22 km con 1.553 metri di dislivello, fino a raggiungere i 2.758 metri della vetta.

«È stata un’emozione incontenibile quella di raggiungere quel traguardo, sogno di tanti ciclisti», racconta ancora commosso Moreno. «Non potendo usare le gambe ma solo la forza di volontà e quella delle mie braccia, anche se ero coadiuvato dalla pedalata assistita, l’ascesa è stata molto faticosa. È stata prima di tutto una sfida alla mia condizione, volevo dimostrare a me stesso che nonostante la mia disabilità, anche questa prova era superabile».

La discesa…
​La rincorsa di Moreno verso la conquista dello Stelvio non è partita semplicemente alle pendici del passo di montagna in provincia di Sondrio, ma da molto più lontano.

Moreno Gurini è perito industriale, in particolare di ponti ferroviari. Nel 2003 rimane schiacciato sul lavoro da una grossa trave, riportando importanti traumi al bacino, al braccio sinistro e alla zona addominale. Deve dire arrivederci al mondo dello sport: ha difficoltà a camminare. Smette quindi di sciare, correre e non può più arrampicarsi, altra sua grande passione. Nel 2017 ha un secondo incidente, questa volta in auto con suo figlio e la sua fidanzata. Questo secondo episodio lo lascia in fin di vita prima e in coma poi. Il suo risveglio arriva in una data che diventerà doppiamente significativa: il 14 luglio. È in quel giorno che qualche anno dopo il destino di Moreno Gurini decide di guardare in faccia il passato. È in quella data che salendo, faticando, Moreno si può voltare a guardare la pendenza e la pesantezza di quegli ultimi anni: «Lungo quei 42 tornanti hai il tempo di ricostruire il percorso che ti ha portato fin lì. Ripensare alle persone che ti hanno salvato dalle lamiere dell’auto in cui tu, tuo figlio e la sua ragazza eravate rimasti incastrati. Ma ancor di più ho avuto tempo per pensare alle difficoltà, agli anni che ho dovuto vivere come in un limbo per accettare la mia disabilità».

Moreno racconta che trovarsi da un giorno con l’altro a far parte di un mondo, quello delle persone con disabilità dopo essersi sempre considerato “normodotato”, è qualcosa a cui è difficile adeguarsi: «Se non lo si accetta subito ci si ritrova soli e si rema in senso contrario con tutto quello che ne consegue, dalla depressione alla solitudine, si perdono gli amici».

…e la risalita
È il destino, – simbolicamente rappresentato dal 14 luglio, data intrisa anche di Tour de France – a guidare Gurini ad un ulteriore cambiamento della vita: quello di tornare al mondo dello sport dopo 10 mesi di degenza e molti altri di riabilitazione per una mielolesione, ovvero una lesione midollare. È infatti in quel periodo che conosce un gruppo di sciatori freerider paraplegici e a febbraio 2019 fa il suo primo corso di monosci al Passo del Tonale: «Sono tornato sugli sci dopo 16 anni dall’ultimo contatto con la neve. Sentire quel rumore sotto di me è stato qualcosa di eccezionale, un’emozione che mi ha fatto rinascere». L’ascesa alla vita, prima ancora che allo Stelvio, passa da un’altra data significativa: è marzo 2019 quando Moreno prova per la prima volta la hand-bike realizzata da Ottobock per il bike rental di Bormio e-Stelvio – che l’ha acquistata grazie a una raccolta fondi online a cui ha partecipato tutta la Valdidentro e la noleggia a qualunque persona con disabilità la voglia provare -. Sarà proprio quella bici a permettere a Moreno di conquistare il Passo dello Stelvio. «All’inizio è stata una sensazione strana perché dovevo capire come guidare questa hand- bike». Dopo un primo approccio faticoso sulle salite verso i laghi di Cancano, Moreno Gurini è pronto a sfidare i suoi limiti, i suoi freni interni partecipando al Mapei Day del 14 luglio che proponeva l’ascesa allo Stelvio partendo da Bormio.

«Un mondo che si apre a tutti»
A chi è andato il primo pensiero una volta arrivato in cima allo Stelvio? «A quelle persone che sono intervenute in ospedale, e poi dopo mi hanno riabilitato e messo in condizione di tornare a vivere. Persone che vengo dimenticate e il cui lavoro spesso non è ricompensato a dovere», così risponde, senza esitazione né dubbi Moreno. La conquista del Passo dello Stelvio di Gurini mostra che il limite a ciò che si può fare, in bicicletta e nella vita, non lo delimitano i metri che le gambe possono fare senza sedia a rotelle, ma lo può stabilire ognuno in base alla fatica e al cuore che vuole mettere sui pedali e sulla sua strada dell’esistenza. Quella bicicletta oggi per Moreno è diventata qualcosa di più di un mezzo: «Per me è un nuovo modo di vivere la mia vita e quindi la mia condizione. Oggi non uso più l’auto ma cerco di sportarmi con questa bici perché con lei mi sembra di volare».

«Mi auguro che la mia storia possa essere un esempio per tutte le persone con disabilità. È necessario che sappiano che è possibile: è possibile fare sport, è possibile raggiungere obiettivi impensabili se si resta chiusi nella solitudine e nell’isolamento, è possibile sentirsi leggeri sugli sci, è possibile volare sulla bici», conclude con positiva energia Moreno Gurini. Possiamo dire che lo Stelvio, una delle ascese epiche del ciclismo mondiale sia accessibile a tutti, a tutti coloro che l’hanno sognato e lo desiderano, perché dal 14 luglio sono obbligati a pensare che il loro corpo – qualsiasi limite pensino che abbia – possa condurli lassù.


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