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Costalli (Mcl): «Corpi intermedi? Prendano per mano il Paese»

In occasione dell'Assemblea Servizi del Movimento in Lombardia, il presidente nazionale, con il suo intervento, si è appellato al mondo del Terzo settore. «Se non torniamo protagonisti chi risponderà ai bisogni delle persone? È ora di reagire alla disintermediazione e all'individualismo»

di Lorenzo Maria Alvaro

Doveva essere un'assemblea dei servizi, in cui parlare di sé e del territorio. Invece l'evento che è andato in scena a Milano dal titolo “La persona oltre il clock. La democrazia digitale è vera democrazia?», voluta fortemente dai vertici del Movimento Cristiano Lavoratori è stato il palcoscenico per un appello a corpi intermedi e mondo sociale. Carlo Costalli, presidente nazionale Mcl, prendendo la parola ha subito chiarito qual era lo scopo dei lavori: «Ci dobbiamo scuotere, dobbiamo tornare ad essere protagonisti. L'idea oggi diffusa che l'indipendenza sia solitudine è sbagliata. Stiamo costruendo una società di tanti singoli io in cui si è dimenticato il noi». L'intervista


Il suo è stato un accorato appello a tutto il mondo dei corpi intermedi. Perché?
Certo. Abbiamo subito negli ultimi anni una fortissima disintermediazione. Sia tecnologica che politica. Abbiamo anche avuto politici che l’hanno teorizzata. Questo combinato disposto di innovazione tecnologica e pulsione politica ha portato la società a credere nel mito dell’uomo autonomo e quindi solo, ma anche dell’uomo solo al comando. Si è fatto passare l’idea che i copri intermedi, in particolare le organizzazioni sindacali, fossero un ostacolo allo sviluppo del Paese, alla necessità di decisioni veloci e di essere pronti a dare risposte a un mondo in continua trasformazione per merito o colpa della globalizzazione. Il risultato è stato che questo mondo dei corpi intermedi è stato messo all’angolo.

Corpi intermedi cui però non ha risparmiato critiche…
Assolutamente. Abbiamo avuto in particolare due grandi responsabilità: la prima è la mancanza di autonomia. Troppo spesso siamo stati collaterali al sistema politico, che ha generato anche scarsa indipendenza economica. La seconda riguarda più da vicino i sindacati che hanno insistito in modo eccessivo su vecchi modelli mettendo i bastoni tra le ruote alle riforme strutturali del mercato del lavoro che erano invece necessarie. Tutto questo ha allontanato le persone.

Lei però in questo periodo storico legge anche la nascita di nuovi bisogni?
Si, piano piano stanno emergendo le criticità che questo individualismo sfrenato ha portato in dote. Le persone si stanno accorgendo che sono più sole e più abbandonate. Soprattutto perché c’è un’enorme lontananza della politica che non ascolta.

In questo senso ha sottolineato la centralità del Terzo settore…
Sì, l’unico attore che in questo momento risponde a questi bisogni e problemi delle persone. Ecco perché è sostanziale che si concluda il percorso della Riforma del Terzo Settore voluta e portata aventi con coraggio dall’On. Luigi Bobba. Recuperare un ruolo al Terzo settore è oggi sostanziale. Ma non basta, perché servono anche sindacati moderni e una politica attenta

Lei ha messo in relazione il Terzo settore, più che con il volontariato e i servizi, con il lavoro. Come mai?
Perché è l’unico ambito in cui si è continuato ad assumere dipendenti, in totale controtendenza rispetto al mercato for profit. Non solo: le imprese sociali, oltre a dare lavoro rispondono anche a dei bisogni. Una vocazione che ha contagiato anche il mondo delle aziende tradizionali che oggi vede tantissime imprese a impatto sociale. Credo che sia un tema sostanziale per questo Paese, anche se ormai di lavoro non parla più nessuno tranne quando il lavoro non c’è più, come nel caso Whirpool e Ilva. Per il resto sentiamo parlare solo di finanza, spread e titoli.

Ma nel concreto come può esserci questa riscossa dei corpi intermedi?
Prima di tutto bisogna tornare ad avere un ‘identità e a riscoprire il nostro ruolo politico. No esistiamo per fare servizi per portare avanti battaglie anche ideali. Ma prima di tutto sono necessarie tre precondizioni. Maggiore capacità imprenditoriale, autonomia dalla politica e indipendenza finanziaria.


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