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Il manichino con la maglietta “Io resto a casa” nell’atelier di migranti e italiani

Il negozio Beteyà che prende il nome dal progetto dell'associazione Don Bosco 2000 si è presentato ai pochissimi passanti nel centro di Catania con manichini con addosso t-shirt che invitano a rispettare il decreto del Governo: "Un atto di responsabilità nei confronti di noi stessi e di chi incontriamo"

di Alessandro Puglia

Manichini con magliette in cui è scritto “Io resto a casa” firmate Beteyà, la start up di abbigliamento realizzata da giovani siciliani e migranti nei beni confiscati alla mafia. Si è presentata così ieri ai pochi passanti la vetrina del negozio nel centro di Catania, di fronte alla Villa Bellini che ha annunciato la temporanea chiusura, prima ancora che il Presidente del Consiglio annunciasse la chiusura degli esercizi commerciali in tutto il territorio nazionale.

«Un’esortazione a ciò che il Presidente del Consiglio ci invita a fare, per combattere il Covid-19 significa assumere un atto di irresponsabilità, capendo che ognuno di noi in maniera incosapevole può essere veicolo di contagio. Rimanere a casa è un grande atto di responsabilità nei confronti di noi stessi e di chi incontriamo, specialmente gli anziani e i più vulnerabili», racconta Cinzia Vella coordinatrice del progetto Beteyà e vice presidente dell’associazione Don Bosco 2000 che ha ideato e realizzato il progetto.

Così ieri, nell’incertezza di restare aperti o chiusi, Omar e Zahid, i due commessi del negozio che sono tra i destinatari del progetto Beteyà hanno posizionato insieme a Gabriele le magliette fresche di stampa nell’atelier dell’integrazione, chiudendo il negozio e dando un segnale a Catania e all’Italia intera.


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