Welfare & Lavoro

Operatori sociali indispensabili? D’accordo, ma non sia solo retorica

«Adesso, proprio adesso che sarebbe servito un sistema di welfare forte, si scopre che questo sistema non esiste: esistono tante buone volontà, esistono eccellenze di contesti lungimiranti, ma oggi l’ascolto e il sostegno di queste fragilità è marginale». L'intervento del presidente di Fondazione Ebbene

di Edoardo Barbarossa

Il Coronavirus ha costretto l’uomo a fermare la corsa, ad isolarsi, a guardare dagli oblò della comunicazione di massa quello che progressivamente accade nel mondo, apparentemente senza un motivo, idealisticamente per una fatalità. Quanto accade sta portando via da questa terra tante persone, spesso le più fragili e indifese o quelle che sono in prima linea a difendere le vite umane, un prezzo molto alto che non conosce sesso, razza, religione o censo: siamo davvero tutti sulla stessa barca, una terra immersa nel mare che rischia letteralmente di affondare. Lo ha detto proprio ieri Papa Francesco durante il momento di preghiera e di affidamento dell’umanità al Signore Crocifisso “Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.

Ma quanto sta accadendo non è frutto del caso o della sfortuna, è un segno preciso dei tempi, una conseguenza di ciò che abbiamo costruito e pensato solido e sicuro. Tra coloro che stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo, ci sono quelli che ho definiti gli “eroi invisibili”, che mettono in gioco la loro vita ed assumono un impegno verso altre persone per un senso del dovere ed un amore per la vita che va oltre ogni possibile spiegazione razionale.

Gli eroi invisibili di cui voglio parlare sono coloro che chiamano “operatori sociali”, volontari e non, che ogni giorno escono di casa – spesso senza i dovuti presidi sanitari – per portare conforto a chi è più fragile e solo. Spesso bistrattati e maltrattati, sono operatori e volontari che non ricevono in gratitudine o compenso ciò che è giusto e va dato tempestivamente.

Fanno parte di quell’universo del “Welfare” che è stato frantumato nel tempo, poggiato sulle fragili spalle dei Comuni e tenuto in piedi dall’universo del no profit, un universo che però non ha dietro una politica organica e di adeguato sostegno.

Adesso, proprio adesso che sarebbe servito un sistema di Welfare forte, si scopre che questo sistema non esiste: esistono tante buone volontà, esistono eccellenze di contesti lungimiranti, ma oggi l’ascolto e il sostegno di queste fragilità è marginale.

Il Decreto “Cura Italia”, che mette in campo corpose misure di sostegno alla crisi, ha stabilito, fra l’altro, le condizioni di operatività del sistema dei servizi alla persona, stabilendo un concetto di continuità degli interventi di natura sociale, pur nelle condizioni di operatività compatibili con la situazione di emergenza.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, con la circolare esplicativa del 27 marzo 2020, ha ribadito che non è prevista la sospensione delle attività dei servizi sociali, che anzi, come detto, possono rivestire nell'attuale contesto un ruolo cruciale. Proprio la circolare, riconosce il ruolo fondamentale degli “eroi invisibili”, degli operatori sociali. Per loro è indispensabile che la necessaria continuità dei servizi sociali avvenga nel rispetto pieno delle precauzioni a tutela della salute pubblica e dei singoli operatori.

Questo disegno amministrativo si scontra con alcuni fattori critici di tutta evidenza:

  • I Servizi pubblici hanno dismesso i punti di contatto con i cittadini
  • Gli operatori dei Comuni e del privato sociale non hanno le dovute protezioni
  • I cittadini sono esasperati da condizioni sociali critiche, che sono aggravate dall’emergenza

Per fare fronte a quest’ultimo fenomeno, il 28 marzo 2020 il Governo ha emanato un ulteriore DPCM, integrandolo con un’ordinanza della Protezione Civile che ha stanziato 400 milioni per dei buoni spesa e poter così far fronte all’emergenza con derrate alimentari e prodotti di prima necessità per chi è in difficoltà.

I Comuni, anche avvalendosi degli enti del Terzo settore, deve individuare la platea dei beneficiari tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica da virus COVID-19, e non già assegnatari di sostegno pubblico.

Intravedo due criticità, in aggiunta a quelle prima evidenziate, per la piena attuazione di questo Decreto:

  • chi sono i beneficiari di questo tipo di aiuto?
  • Come possono i Comuni, anche coinvolgendo i soggetti del Terzo settore, mettere in moto questa macchina?

Vanno a tal fine formulate alcune considerazioni:

  • I provvedimenti posti in essere per il contrasto della Povertà ancor prima dell’emergenza covid19, hanno abbracciato con la misura universale del Reddito di cittadinanza una vasta platea di cittadini, che attualmente lo percepiscono
  • I provvedimenti posti in essere dal Governo in questo tempo di emergenza hanno abbracciato altre platee di persone, con un’attenzione specifica per lavoratori autonomi e partite IVA.
  • Ci sono poi tutti coloro che sono conosciuti all’INPS e all’Agenzia delle Entrate perché lavoratori dipendenti o pensionati, per i quali sono riconosciuti specifici benefici.
  • Le realtà del Terzo settore che erogano derrate alimentari e farmaci stanno erogando con grande intensità aiuti a tutti coloro che ne hanno bisogno.

Dunque i beneficiari dell’aiuto previsto dal DPCM e dall’Ordinanza del 28 marzo sono altri, non necessariamente coloro che stanno assaltando i supermercati, ma coloro che non hanno avuto accesso ai predetti benefici e operavano nel mondo “sommerso” del lavoro e dunque sono fuori dalle liste degli Enti eroganti le provvidenze di cui sopra.

Sarebbe stato più appropriato un meccanismo nazionale “a cascata”, con il rischio di dare qualche centinaio di euro (a proposito, a quanto ammonta il voucher?) a chi non ne avesse diritto e procedere ad eventuali successivi recuperi, utilizzando strumenti già esistenti: postepay, tessera sanitaria, … ma si è scelto di scaricare questa responsabilità sui Comuni e sul Terzo Settore.

Mettiamo pure in campo ogni energia perché nessuno resti solo, ma facciamolo senza sprecare le risorse che – ricordiamocelo – appartengono a chi ne ha bisogno e costituiscono un debito per le generazioni future.

Abbracciare – ci dice ancora Papa Francesco – tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso, trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà.


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