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Cooperazione & Relazioni internazionali

Note sul presente: dalla tentazione neo statalista alla verticalizzazione tecnocratica

La pandemia cambia modelli sociali e comportamentali, riorganizzerà e riallocherà le imprese di cura e le risorse ad esse inerenti. Proviamo ad individuare le linee di tendenza

di Giacomo Libardi

Queste che seguono sono una serie di riflessione, ora maggiormente articolate, che avevo postato su un gruppo Whats Upp di miei antichi colleghi, queste note avevano intercettato uno stato d’animo diffuso, provo ora a sistematizzarle ed offrirle come contributo ad un dibattito più vasto.

Una precisazione, il mio è un punto di vista, che partendo dalla mia esperienza attuale di cooperatore sociale, evidentemente non prescinde le “mie molte vite”, ma vuole essere uno sguardo più ampio, non ridotto tutto ai nostri microcosmi. Di tutto sento il bisogno ad eccezione di polemiche strumentali, interpretazioni faziose animate da secondi o terzi fini.

Risulta evidente che l’esperienza dell’epidemia ha modificato e modificherà nel profondo il nostro modo di agire, di vivere e di produrre, determinerà una narrazione epica, ridefinirà modelli sociali e comportamentali, riorganizzerà e riallocherà le imprese di cura e le risorse ad esse inerenti.

Quelli che io in questo momento colgo sono alcuni elementi che mi paiono emergere provo ad elencarli.

  • Il primo è la prevalenza del bene materiale su quello relazionale, mai come in questo momento vi è stata una percezione di una inutilità della relazione rispetto alla prestazione. Tutto viene ricondotto al materiale, mascherina, sanificazione, sostegno economico ecc. ecc. tanto è che la relazione è delegata alla tecnologia e la cura, non quella delle singole persone ma quella delle comunità, è affidata ad organizzazioni di volontariato, passatemi il termine di matrice gerarchica. I sempre presenti e necessari alpini, la Croce Rossa, i volontari di protezione civile.
  • Il secondo elemento è che questa crisi ha ricostituito un ordine gerarchico, una verticalizzazione tecnocratica, una ridefinizione delle gerarchie statuali comportando la sparizione della politica sia locale, almeno da noi in Trentino, che nazionale. Non esiste la necessità di mediazione e di sintesi nella gestione della crisi. Dentro questa crisi sono franati i corpi intermedi, tutti , ridotti a meri strumenti corporativi, spesso inutili. Ridotti a perorare la singola causa, a difendere e preservare il proprio particolare. Impressionante il ruolo di alcune organizzazioni sindacali che minacciano scioperi generali, come si potesse chiudere una seconda volta ciò che è già chiuso. Complessivamente incapaci di visione generale, di costruire alleanze di andare oltre la rappresentazione di micro interessi, cosa colta dalla politica che nella sua delega ai tecnici manco per sbaglio ha coinvolto esponenti dei corpi intermedi. Colpiti prima dalla disintermediazione ora da questo processo di verticalizzazione paiono incapaci di immaginare per sé un secondo tempo. Se il ruolo della politica può essere ricostruito dai meccanismi istituzionali il ruolo dei corpi intermedi mi sembra tutto da reinventare.
  • L ‘avvio di un processo di accentramento dai Comuni alle Regioni dalle Regioni alla Stato che passa attraverso la negazione della sussidiarietà sia verticale che orizzontale. Con la riduzione delle nostre organizzazioni a meri produttori di beni e servizi. Ci piaccia o no lo sviluppo del terzo settore in Italia è avvenuto dentro il processo di decentramento amministrativo introdotto dalla riforma costituzionale. Le due sussidiarietà, quella istituzionale e quella sociale si tengono in questo contesto.

Ultima annotazione le istituzioni religiose locali, che hanno pagato un prezzo altissimo di vite, sono rimaste parzialmente intrappolate nel meccanismo del soccorso, rischiando di essere identificate solo con le Caritas. Dentro questo quadro però vi sono alcuni elementi di evoluzione che individuo lasciando ad altri il compito, se vorranno di esercitarsi su di essi.

  • La rivalutazione del lavoro nei servizi siano essi di cura, di micrologistica, nei lavori ausiliari , dalle pulizie alle mense dai rider che ci portano i ristoranti in casa alle badanti che non ci abbandonano alle oss su cui è ricaduta la tenuta delle prestazioni nelle strutture per anziani, all’improvviso si è capita la centralità delle imprese a lavoro intensivo e del lavoro intensivo . E la più grande occasione di rivalorizzazione del lavoro dalla fine degli anni “80.Le nostre vite non hanno mai dipeso così dal lavoro degli altri, inteso come non intermediato dalla tecnologia, dalla finanza, così privo di valore aggiunto.
  • La comunità come punto di riferimento e luogo di soddisfazione dei bisogni primari rinnovando funzioni e ruoli. Dal rafforzamento della figura , almeno in Trentino, dei sindaci, non come rappresentanti dello stato , che anzi toglieva loro competenze, ma come portavoce dei luoghi e delle persone. Alla nascita di nuovi servizi di prossimità, i negozi di alimentari , che tra l’altro garantendo d’intesa con i volontari ed i Comuni la distribuzione a domicilio delle spese hanno permesso la vita a molti anziani e non. Rinnovandosi e assumendo una dimensione da impresa di comunità, indipendentemente dalla ragione sociale. Insomma una nuova articolazione delle funzioni nelle comunità.
  • Infine alla possibilità che questa crisi lascia intravvedere che vi sia un esito diverso alla pura tecnica in sanità, che vi sia uno spazio per i territori, per i processi di cura e presa in carico. Che tutto questo non si traduca solo nell’incremento dei posti in rianimazione o nella ricerca applicata ma che determini un diverso modello che abbia al centro le comunità e le persone.

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