Attivismo civico & Terzo settore

L’analisi del 5 per mille 2018: meno firme, ma più pesanti

Il ministro Catalfo ha annunciato l'avvio dei pagamenti per gli enti nell'elenco delle Onlus e volontariato, che da soli raccolgono il 67% del 5 per mille 2018. Sforato per il secondo anno consecutivo il tetto dei 500 milioni. In tredici anni, i contribuenti hanno destinato 5,495 miliardi di euro. Qui un'analisi dei dati dell'edizione 2018

di Sara De Carli

Tredici anni di 5 per mille hanno trasferito 5,495 miliardi di euro dalle casse dello Stato a quelle degli enti che svolgono attività socialmente rilevanti, secondo le scelte dirette dei contribuenti. Lo sguardo d’insieme sul 5 per mille deve essere innanzitutto questo: uno strumento sempre più essenziale, ormai saldamente entrato nelle abitudini degli italiani, tanto che anche l’edizioni 2018 (su anno fiscale 2017) ha sforato – come la precedente – il tetto dei 500 milioni di euro fissati a copertura.

Non si tratta di cifre paragonabili a quelle “scippate” nelle edizioni 2010-2013, quando il non profit venne privato complessivamente di 310 milioni di euro, ma il meccanismo è lo stesso: dato il tetto, benché le risorse destinate dai contribuenti siano maggiori, l’Agenzia delle Entrate ricalcola tutti i contributi riparametrandoli sul tetto. Prova ne sia il fatto che anche quest’anno la somma del contributo ripartito fra gli enti ammessi (495.475.691,04 euro) e quello “congelato” per i non ammessi (4.524.308,96 euro), fa esattamente 500 milioni di euro, al centesimo. La sforatura del tetto sarebbe – ha detto il Sole 24 Ore ieri – di 13 milioni di euro per l’edizione 2018, che vanno ad aggiungersi ai circa 8 dell’edizione precedente. La legge di Stabilità 2020 ha già innalzato il fondo a 510 milioni per l’anno 2020, 520 milioni per l’anno 2021 e 525 milioni a partire dall’anno 2022.

L’analisi del 5 per mille 2018

I dati relativi al 5 per mille 2018 sono stati pubblicati dall’Agenzia delle Entrate lo scorso 6 aprile e il pagamento dovrebbe avvenire in tempi più rapidi del solito. Ecco come di consueto un’analisi dei principali trend e delle novità, grazie alle elaborazioni di NP Solutions.

Meno firme, ma più pesanti

Le preferenze calano un po’ rispetto al 2017: quasi 40mila firme in meno benché il numero delle dichiarazioni sia leggermente aumentato (41.211.336 contribuenti contro i 40.872.080 dell’anno prima). Se tutti questi contribuenti avessero destinato il 5 per mille, esso ammonterebbe a 787 milioni di euro. Altri 2,250 milioni di firme sono andate in verità ai vari settori, senza esprimere una preferenza per un ente. Cresce però l’importo medio della firma: nel 2006, al debutto del 5 per mille, una firma valeva mediamente 22,63 euro, nel 2017 valeva 29,51 euro e nel 2018 è salita a 30,63 euro. Anno per anno, il contribuente che abbia sempre messo la firma nella casella del 5 per mille, ha destinato complessivamente 350 euro. Per i più curiosi, le firme più ricche in assoluto sono quelle ricevute dalla ASD Cremona Sportiva Atletica Arvedi, che con sole 4 firme si è portata a casa quasi 25mila euro, per una media di 6.174,845 a firma. Se complessivamente le firme perse nei vari elenchi sono state quasi 40mila rispetto all’anno precedente, va segnalato che l’elenco delle onlus e volontariato perde da solo 97mila firme, pur restando di gran lunga quello che raccoglie il maggior numero di preferenze fra gli italiani. L’inoptato, nell’edizione 2018, vale 59.688.148 euro, in costante calo.

Dove vanno le preferenze?

L’elenco delle Onlus e del volontariato raccoglie il 67% del contributo destinato, in linea con l’anno precedente (perde lo 0,44%). La ricerca sanitaria porta a casa il 13,86% (+0,38% rispetto all’anno prima) e la ricerca scientifica il 12,97% (+0,14%). I Comuni hanno il 3%, le ASD il 2,8%, i beni culturali lo 0,33% e la new entry, le aree protette, lo 0,05%. L’edizione 2018 del 5 per mille vede una significativa perdita di firme da parte di molte ong: con le dichiarazioni dei redditi fatte nella primavera 2018 le ong cioè hanno pagato l’attacco martellante a loro rivolto a partire dalla primavera 2017, con la retorica dei “taxi del mare” e dei porti chiusi.

Gli enti iscritti

Nell’edizione 2018 erano 64.937 gli enti iscritti: una crescita del +120% rispetto ai 29.532 enti che si contavano nel 2006, alla prima edizione. Fra tutti questi enti, quelli “fedeli” al 5 per mille, che si sono iscritti per tutte le tredici edizioni, sono però relativamente pochi: appena 8.894. Ben 18.920 si compaiono in una sola edizione. Nello storico dei 13 anni, ci sono 7.260 che hanno avuto 0 o 1 preferenza e incuriosisce il dato di 8 ostinati enti che si sono candidati a tutte le 13 edizioni del 5 pe mille, raccogliendo per 13 volte il miserrimo bottino di 0 o 1 firma.

Elaborazione NP Solutions su dati Agenzia delle Entrate

Foto Unsplash


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