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Economia & Impresa sociale 

Luigino Bruni: «Questa crisi sta facendo rinascere l’Europa»

Austria, Olanda, Danimarca e Svezia si oppongono alla proposta franco-tedesca di un recovery fund. Rispetto a un mese fa, qualcosa è cambiato: non è più solo l'Italia, ma sono Francia e Germania a chiedere che gli interventi economici non siano meri sussidi, ma basi per un rilancio del progetto europeo. Per questo, spiega l'economista Bruni, «chi legge in chiave unicamente economica e non geopolitica quanto sta accadendo rischia di non comprendere cosa c'è in gioco»

di Marco Dotti

«Non c'è accordo fra i 27 se prima non c'è un accordo franco-tedesco». Le parole di Emmanuel Macron, non casualmente pronunciate a margine del comunicato sull'accordo con Angela Merkel per finanziare un fondo da 500 miliardi di euro (il cosiddetto recovery fund), vanno capite a fondo. Parliamo di economia e di Stati a debito o c'è di più? Lo abbiamo chiesto all'economista Luigino Bruni.

Di fronte al volume di aiuti che Germania Francia e Italia vogliono mettere in campo con il recovery fund, che è chiaramente maggiore dei danni diretti provocati dal Covid-19, si può dedurre che qui in gioco c'è molto più dell'economia?
Leggere tutto ciò solo con gli occhiali economici significa non comprenderlo. Durante l'emergenza, tutto era più confuso e non avevamo gli elementi reali per capire le forze in campo, le perdite, i costi. Ancora oggi fatichiamo a quantificarli, ma col passare del tempo è sempre più evidente che tutto quanto stanno immaginando Germania e Francia, sulla linea di quanto aveva proposto l'Italia un mese fa, va in una direzione chiara: se confrontiamo lo strumento del recovery fund, che dovrebbe mettere in campo risorse importanti (si parla di 500 o addirittura di 1000 miliardi) con la situazione nei singoli Paesi ci accorgiamo che ciò che è in gioco non è solo l'economia, ma qualcosa di ben più importante. Questi valori non si giustificano unicamente con la logica del "recuperare" quanto in molti settori si è perso con la crisi in questi mesi e quanto si perderà nei prossimi.

Fino a qualche settimana fa tra Germania, Spagna, Italia, Olanda c'erano tensioni…
Questioni sui prestiti e sul Mes che suscitavano in tutti noi, in me per primo, un timore forte: a uscire dall'euro, stavolta, non rischiava di essere l'Italia, ma la Germania. Davanti all'insostenibilità delle richieste dei Paesi del Sud, la Germania poteva rompere.

Poi è successo qualcosa…
È successo che Merkel e Macron hanno capito tutto. Hanno capito che in gioco non ci sono i debiti, ma l'Europa. In gioco ci sono i mercati europei che, se si salvano, porteranno vantaggio a tutti in un quadro geopolitico nuovo. Ma se non si salva tutto, Francia e Germania andranno a picco con la Russia che cresce e la Cina che si mostra un player sempre più decisivo.

Si è presentata l'opportunità a una politica a fine carriera come Merkel e a un genuino europeista come Macron di dare un segnale molto forte e simbolico affinché l'Europa possa uscire rafforzata da questa crisi

Proprio ragionando sui numeri, per la prima volta vediamo un progetto. Ho capito bene?
Le cifre di cui si parla hanno qualcosa dietro. E questo qualcosa va capito in chiave geopolitica, più che economica. Mi spiego: visto quello che è accaduto col Brexit, visto ciò che sta accadendo negli Stati a spinta sovranista, visti infine i cambiamenti globali col peso crescente della Russia di Putin, puntare troppo sull'afflusso di capitali e di persone in Europa sarà più difficile alcuni Paesi e le persone che sono attualmente al governo in questi Paesi (parlo di Francia, Germania ma anche dell'Italia) hanno capito che questa pandemia sta diventando l'occasione per un grande rilancio del progetto europeo. Perché, se non c'è qualcosa che va oltre le nostre capacità di previsione, c'è la reale opportunità di salvare e rilanciare quel progetto. Io vedo essenzialmente questa operazione.

In ballo c'è il futuro politico dell'Europa: davanti alle crescenti spinte populiste anti-EU, chi crede ancora nell'Europa sta cogliendo l'opportunità di questa pandemia per un grande rilancio del progetto europeo, di cui c'à ancora più bisogno perché gli scambi extra EU sono ridotti e la Russia e la Cina crescono

Paradossalmente, dunque, la pandemia ha aperto un'opportunità insperata per il progetto europeo…
Si è aperto un momento favorevole, che è al contempo rischio ma anche opportunità. Opportunità che consentono a una politica a fine carriera come Merkel e a un genuino europeista come Macron (ma anche Conte non è lontano da questa linea) di dare un segnale molto forte e simbolico affinché l'Europa possa uscire rafforzata da questa crisi e dalle crisi che già abbiamo in corso. Non dimentichiamoci mai che l'Europa è stata colpita dalla crisi del Covid-19 mentre già si trovava in fase critica, dopo il Brexit, le spinte populisti, tutti i problemi che conosciamo. Leggo così questa politica europea, entrata in una fase nuova.

Si apre un nuovo scenario, che cambia completamente le prospettive del gioco, rendendo finalmente chiara la posta…
Da questa crisi l'Europa o ne esce rinnovata o ne esce rotta. Come dopo la Seconda guerra mondiale, che fu una crisi peggiore di questa, ma permise di far rinascere proprio l'Europa. Secondo me, questa crisi sta facendo rinascere quel progetto.

Al netto del gruppo dei frugal four, Austria, Olanda, Svezia e Danimarca che sul fronte del debito rimangono fermi a qualche mese fa: chi prende soldi li deve ridare, pagando un prezzo molto caro. Mentre la Germania si è sganciata da quell'idea del debito come colpa che proprio lei aveva denunciato, resta una piccola sacca nordica che non capisce o non vuol capire…
Austria, Olanda, Svezia e Danimarca non capiscono proprio perché leggono questa operazione in termini economici, non in termini politici. Siccome sono Paesi meno legati, storicamente, alle ferite delle guerre e a cosa significò far nascere prima la Ceca e poi la Comunità Europea non capiscono il kairos: usano lenti sbagliate per comprendere una realtà che quelle lenti inevitabilmente deformano.

Si apre dunque un grande spazio per l'Italia, rispetto a un mese fa…
La grande differenza, rispetto a un mese fa, è che non siamo più soltanto noi italiani a chiedere di passare dall'economico al politico. Non sono più Paesi fortemente indebitati come il nostro, il che cambia completamente le forze in campo. Quando queste richieste arrivano da Paesi forti hanno maggior peso sul piano politico e geopolitico. Ma la bravura dell'Italia è stata quella di aver mollato sul piano delle richieste prettamente finanziare e aver lavorato sul piano politico con questi Paesi e aver lasciato che fossero loro a fare la proposta. La chiamiamo "proposta franco-tedesca" ma, in realtà, è la proposta di chi vuole una realtà europea viva e attiva di contro a chi non la vuole più.


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