Cooperazione & Relazioni internazionali

Le riammissioni illegali dei migranti: la rotta al contrario da Trieste alla Bosnia

Dallo scorso maggio sono ripartite le riammissioni dei migranti, anche dei richiedenti asilo, dall’Italia alla Slovenia. «Non è legittimo», spiega Gianfranco Schiavone, vice presidente Asgi, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, «eseguire le riammissioni dei migranti in Slovenia senza un previo esame delle situazioni individuali e comunque nessuna riammissione è possibile nei confronti dei richiedenti asilo. Secondo le testimonianze raccolte, le persone riammesse non avrebbero ricevuto alcun provvedimento e ignare di tutto, si sono ritrovate respinte in Slovenia, quindi in Croazia, ed infine in Serbia o in Bosnia»

di Anna Spena

La Rotta Balcanica è una rotta dimenticata. Convenzionalmente la rotta inizia in Grecia, fisicamente finisce in Italia, a Trieste. Ma il viaggio di chi fugge inizia molti chilometri prima per finire poi nel Nord Europa. La maggior parte dei profughi in Bosnia Erzegovina sono concentrati nel cantone di Una- Sana, al confine con la Croazia. Ce ne sono circa seimila – i numeri ufficiali non esistono – e sono concentrati nelle città di Bihač e Velika Kladusa (Ne abbiamo parlato in questi articoli Rotta Balcanica, attraversare i confini è un game disperato e Rotta Balcanica, migranti trattati come gli animali).
Ma dalla scorsa metà di maggio i profughi che riescono ad arrivare a Trieste vengono riportati in Slovenia: «Non è legittimo», spiega Gianfranco Schiavone, vice presidente Asgi, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, «eseguire le riammissioni dei migranti in Slovenia senza un previo esame delle situazioni individuali ed un effettivo coinvolgimento delle persone interessate». Le riammissioni devono cessare chiede l’Asgi in una lettera aperta indirizzata al Ministero dell’Interno, alla Questura e Prefettura di Trieste oltre che alla sede per l’Italia dell’UNHCR.

Cosa sta succedendo a Trieste?
A metà di maggio 2020 il Ministero dell’interno ha annunciato l’impegno ad incrementare le riammissioni di migranti in Slovenia e l’invio, a tale scopo, di 40 agenti al confine orientale dell’Italia. Anche nel 2018 si erano registrati casi di respingimenti illegittimi ma in numero contenuto. Allora la risposta fu principalmente quella di negare i fatti. In ogni caso, oggi, il fenomeno dei respingimenti illegali è aumentato in termini di quantità. Non abbiamo numeri ufficiali dei profughi che sono stati riportato dall’Italia in Slovenia, possiamo stimare il dato a circa 200 persone dal 20 maggio ad oggi.

Come vi siete accorti di quello che stava succedendo?
Per due motivi, a Trieste arrivavano sempre meno ragazzi. Questo ci ha iniziato ad insospettire. Poi dalla Bosnia hanno lanciato l’allarme. I rifugiati che dall’Italia venivano portati in Slovenia, e dalla Slovenia alla Croazia e poi dalla Croazia alla Bosnia hanno denunciato quello che stava succedendo a una rete di volontari e informatori sul campo. Persone di massima affidabilità, ma che per adesso preferiamo rimangano anonime.

Rispetto al 2018 possiamo parlare solo di una differenza nel numero dei respingimenti?
No. Direi che la differenza oltre ad essere quantitativa appunto è anche, per così dire, ideologica.

In che senso?
Siamo nella più assoluta illegalità ma sembra che il fatto non interessi nessuno. Sappiamo che la gran parte delle persone che vengono respinte hanno manifestato la volontà di chiedere asilo. Mentre in passato la giustificazione poggiava sulla tesi che non si trattasse di richiedenti asilo oggi si tende a giustificare (pur usando volutamente un linguaggio ambiguo) che si possono respingere anche i richiedenti perchè la domanda di asilo si può fare in Slovenia. Si tratta di “ riammissioni effettuate non in ragione del ripristino dei controlli alle frontiere interne mai formalmente avvenuto ma in applicazione dell’Accordo bilaterale fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Slovenia sulla riammissione delle persone alla frontiera, firmato a Roma il 3 settembre 1996, che contiene previsioni finalizzate a favorire la riammissione sul territorio dei due Stati sia di cittadini di uno dei due Stati contraenti sia cittadini di Stati terzi. In primis occorre rilevare come tale accordo risulti illegittimo per contrarietà al sistema costituzionale interno italiano e per violazione di normative interne. È infatti dubbia la legittimità nell’ordinamento italiano dell’Accordo bilaterale fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Slovenia e di ogni altro analogo tipo di accordi intergovernativi per due ordini di ragioni: nonostante abbiano infatti una chiara natura politica, essi non sono stati ratificati con legge di autorizzazione alla ratifica ai sensi dell’art. 80 Cost.;in quanto accordi intergovernativi stipulati in forma semplificata, in ogni caso essi non possono prevedere modifiche alle leggi vigenti in Italia (altro caso in cui l’art. 80 Cost. prevede la preventiva legge di autorizzazione alla ratifica) e dunque essi neppure possono derogare alle norme di fonte primaria dell’ordinamento giuridico italiano. In ogni caso, anche volendo prescindere da ogni ulteriore valutazione sui profili di illegittimità dell’Accordo di riammissione è pacifico che ne è esclusa appunto l’applicazione ai rifugiati riconosciuti ai sensi della Convenzione di Ginevra (all’epoca la nozione di protezione sussidiaria ancora non esisteva) come chiaramente enunciato all’articolo 2 del medesimo Accordo. Del tutto priva di pregio sotto il profilo dell’analisi giuridica sarebbe l’obiezione in base alla quale l’accordo fa riferimento ai rifugiati e non ai richiedenti asilo giacché come è noto, il riconoscimento dello status di rifugiato (e di protezione sussidiaria) è un procedimento di riconoscimento di un diritto soggettivo perfetto i cui presupposti che lo straniero chiede appunto di accertare. Non v’è pertanto alcuna possibilità di distinguere in modo arbitrario ed illegittimo tra richiedenti protezione e rifugiati riconosciuti dovendosi comunque garantire in ogni caso l’accesso alla procedura di asilo allo straniero che appunto chiede il riconoscimento dello status di rifugiato. Inoltre, va evidenziato come l’espressione, contenuta nell’Accordo in relazione alle riammissioni attuate “senza formalità” non può certo essere intesa nel senso che la riammissione possa avvenire senza l’emanazione di un provvedimento amministrativo in quanto in quanto è indiscutibile che l'azione posta in essere dalla pubblica sicurezza attraverso l’accompagnamento forzato in Slovenia produce effetti sulla situazione giuridica dei soggetti interessati. Il provvedimento di riammissione va motivato in fatto e in diritto, seppure succintamente va notificato all'interessato e, anche se immediatamente esecutivo, deve essere impugnabile di fronte all'autorità giudiziaria. A chiudere del tutto l'argomento sotto il profilo giuridico, è il noto Regolamento Dublino III che prevede che ogni domanda di asilo sia registrata alla frontiera o all'interno dello Stato nel quale il migrante si trova. Una successiva complessa procedura stabilita se il Paese competente ad esaminare la domanda è eventualmente diverso da quello nel quale il migrante ha chiesto asilo e in ogni caso il Regolamento esclude tassativamente che si possano effettuare riammissioni o respingimenti di alcun genere nel paese UE confinante solo perchè il richiedente proviene da lì. Anzi, il Regolamento è nato in primo luogo per evitare rimpalli di frontiera tra uno stato e l'altro. Violare, come sta avvenendo, questa fondamentale procedura, significa scardinare il Regolamento e in ultima analisi, il sistema europeo di asilo. E' come se fossimo tornati indietro di trent'anni, a prima del 1990.

Dalle vostre testimonianze risulta che anche la polizia italiana, al pari di quella croata, ha esercitato violenza sui migranti?
No questo no. Sono stati riportati atti di scherno, ma non di violenza.

Come avviene concretamente la riammissione illegale?
I migranti vengono rintracciati nell'area di confine; passano diverse ore in Italia in stazioni di polizia e in tendoni allestiti allo scopo dove non possono accedere le organizzazioni umanitarie che si occupano della tutela legale dei rifugiati anche se le normative europee prevedono che deve essere consentito l'accesso a tali organizzazioni. A Trieste gli enti non mancano, ed anzi hanno una lunga ed autorevole storia, ma credo proprio per queste ragioni vengono tenute lontane. Nonostante l'importanza della rotta balcanica (più di 10mila ingressi nel 2019) l'UNHCR non mai ritenuto di inviare almeno un funzionario che stia in pianta stabile a Trieste effetuando un monitoraggio costante e diretto. Spero che, di fronte alla gravità della situazione attuale, UNHCR acquisisca la consapevolezza che è necessario monitorare da vicino la situazione. Nei luoghi di polizia i migranti che si decide di riammettere vengono identificati con rilascio delle impronte digitali e subito dopo vengono caricati su mezzi in dotazione alla polizia e consegnati (tutto si svolge il più rapidamente possibile) alla polizia slovena che a sua volta li ricarica su altri mezzi e li porta al confine con la Croazia. Come in una catena di montaggio, dopo avere attraversato il Paese con uso di furgoni chiusi,la polizia croata lascia i migranti al confine con la Bosnia-Erzegovina dove si verifica la parte più cruenta di questa catena dell’illegalità. Ci troviamo al confine esterno all'Unione Europea e per procedere con il respingimento fuori dell'Unione sarebbe necessario applicare precise procedure previste dal Codice frontiere Schengen con consegna alla polizia bosniaca. Poichè ciò non è possibile perchè il provvedimento svelerebbe la catena ovvero che si tratta di persone consegnate di mano in mano tra diversi stati, le stesse vengono lasciate in mezzo ai boschi, ma prima vengono denudate, picchiate e private delle poche cose che hanno. La Bosnia, che è uno Stato frammentato e debole riprende i rifugiati per molte ragioni legate a pressioni internazionali e a meccanismi economici (la gestione dei campi profughi muove molti interessi) e non ultimo perchè sa che sono persone che non rimarranno ma tenteranno di nuovo il "game".

Persone come fantasmi…
È inconcepibile che attraversino tre Paesi e che non ci sia la minima traccia di nessun atto amministrativo. Secondo le testimonianze raccolte, le persone riammesse non avrebbero ricevuto alcun provvedimento e ignare di tutto, si sono ritrovate respinte in Slovenia, quindi in Croazia, ed infine in Serbia o in Bosnia sebbene le stesse fossero intenzionate a domandare protezione internazionale all’Italia. Come detto il provvedimento di riammissione va motivato in fatto e in diritto, seppure succintamente, e va notificato all’interessato e, anche se immediatamente esecutivo, deve essere impugnabile di fronte all’autorità giudiziaria. A questi migranti non è mai stato rilasciato nessun tipo di documentazione sul loro respingimento.


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