Cooperazione & Relazioni internazionali

L’America e la “pandemia del razzismo”

È un periodo molto doloroso per gli Stati Uniti, specialmente per i neri americani, che devono fare fronte a 3 crisi: il razzismo e le violenze della polizia, la pandemia da Covid 19 e la disoccupazione. C’è uno stretto legame, afferma il New York Times, tra le proteste contro la brutalità della polizia e le diseguaglianze razziali, che risultano evidenti durante l’emergenza Coronavirus

di Cristina Barbetta

Mentre le proteste per la morte di George Floyd e la violenza della polizia continuano a infiammare le città americane, il Paese sta vivendo un periodo molto difficile e doloroso. Gli Stati Uniti devono affrontare due crisi allo stesso tempo: il razzismo sistemico e l’emergenza sanitaria da Covid. Gli americani neri devono fare fronte addirittura a tre crisi: al razzismo e alle violenze della polizia si sommano livelli di disoccupazione molto alti, oltre all’impatto della pandemia di Covid 19.

Le rivolte che stanno sconvolgendo il Paese sono strettamente collegate alle diseguaglianze razziali che risultano evidenti durante l’emergenza Coronavirus, riporta il New York Times. Ricerche hanno anche dimostrato che, oltre ad essere soggetti alla forza della polizia in modo assolutamente non paragonabile ai bianchi, esiste una relazione tra l’azione della polizia e le condizioni di salute avverse. Spiega ABC News: «In generale la violenza della polizia è un’ingiustizia, ma il danno che fa è elevato durante il periodo di grandissimo stress cui sono sottoposte le persone durante la pandemia di Covid».

Mike Griffin, community organiser nero che ha partecipato alle proteste per l’uccisione di George Floyd nelle strade di Minneapolis, ha dichiarato al New York Times: «Le probabilità che io muoia ucciso da un poliziotto o per il Covid sono le stesse». «L’uccisione di George Floyd mostra gli stessi problemi di fondo evidenziati dalla pandemia di Covid-19», precisa il New York Times. «Entrambi hanno dimostrato fino a che punto la brutalità della polizia, la disoccupazione, e la malattia hanno colpito in maniera sproporzionata le persone di colore negli Stati Uniti».

Il New York Times riferisce che a Baltimora, una città che deve fare ancora i contri con la morte nel 2015 di Freddie Gray, Rajikh Hayes, attivista nero, ha detto che i manifestanti ereano pienamente consapevoli del fatto che rischiavano di contagiarsi con il coronavirus, che è molto più probabile che uccida i neri rispetto ai bianchi, e ha parlato della sofferenza che il Covid ha causato alla loro comunità. «La domanda è davvero molto semplice», dice il giovane attivista: « Lascerò che una malattia mi uccida o che lo faccia il sistema-la polizia?», ha affermato. «Le persone che non hanno molto da perdere capiscono che questo sistema non è costruito per i neri. Ed è il motivo per cui la gente è scesa nelle strade».

  • Le origini del razzismo americano e "il razzismo senza razzisti"

Qual è il messaggio più importante che dobbiamo trarre dalla drammatica esperienza della morte di George Floyd e dalla frustrazione e disperazione da cui nascono le proteste? «Dobbiamo riconoscere la nostra storia di ingiustizia razziale. Penso che tutto quello che vediamo sia il sintomo di una malattia più grande», afferma in un'intervista rilasciata a The New Yorker Bryan Stevenson. Avvocato per i diritti civili, è anche fondatore di Equal Justice Initiative, organizzazione per i diritti umani, che chiede una riforma della giustizia criminale e razziale, e ha creato il National Memorial for Peace and Justice, a Montgomery, Alabama, che onora le vittime di linciaggio e di altre forme di terrore razzista durante il periodo delle leggi statunitensi definite Jim Crow”. Emanate in singoli stati USA tra il 1876 e il 1964, contribuirono a sistematizzare la segregazione razziale nei confronti degli afroamericani e dei membri di altri gruppi razziali diversi dai bianchi.

«Non abbiamo mai davvero affrontato tutto il danno che è stato fatto nei due secoli e mezzo durante i quali abbiamo ridotto i neri a schiavi. Il grande male della schiavitù americana (…) è la narrativa secondo la quale i neri non sono intelligenti come i bianchi, sono meno evoluti, meno umani e capaci, e valgono di meno (..)», dice Bryan Stevenson a The New Yorker. «Questa ideologia della supremazia bianca continua Stevenson, era necessaria per giustificare la schiavitù, ed è proprio l’eredità della schiavitù che non abbiamo riconosciuto. » (…) «Quindi, a mio parere, non si possono capire le questioni di oggi senza comprendere il persistente rifiuto di vedere i neri come uguali (…) Quella storia fatta di violenza, in cui usammo il terrore e l’intimidazione e il linciaggio, e poi le leggi Jim Crow, e poi la polizia, hanno creato una presunzione di pericolo e di colpa. Non importa quanto ti sforzi, quanto ti impegni, quale sia il tuo livello di educazione, e dove vai in questo Paese- se sei nero o di colore, devi confrontarti con quella presunzione. Questo fa sì che sia probabile imbattersi nella polizia, con la possibilità che ci siano conseguenze come quelle che abbiamo visto con George Floyd».

Sull’ideologia della supremazia bianca Suzanne Plihcik, community organiser che lavora negli Usa con comunità e organizzazioni a livello locale e nazionale per l’uguaglianza razziale e la comprensione del razzismo sistemico, ribadisce a The New Yorker che il mondo statunitense promuove la supremazia dei bianchi e questo sistema assicura che questi ultimi siano sempre e comunque avvantaggiati in maniera sproporzionata. Il razzismo, più che essere definito dalle singole persone, dice Suzanne Plihcik, è strutturale e istituzionale, ed è parte della nostra narrativa culturale. Ci sono, prosegue, persone bianche che sono consenzienti con il sistema razzista, istituito centinaia di anni fa, e ne beneficiano, ma che non sono intenzionalmente razziste. La più grande lezione della mia vita”, spiega Suzanne Plihcik, «è che il razzismo avviene senza la mia intenzione».

Il pregiudizio razzista inconscio è molto diffuso, come afferma Eduardo Bonilla-Silva, professore afro portoricano di sociologia alla Duke University, che parla di “Razzismo senza razzisti” (che è anche il titolo di un suo libro del 2003, il cui sottotitolo è: “ Il daltonismo razziale e la persistenza delle disuguaglianze razziali in America” (come spiega Lidia HwaSoon Anchisi, associate professor al Gettysburg College, Pennsylvania : «Il daltonismo razziale (in inglese: Colorblind racism) è l’ideologia razziale che propone che il modo migliore per porre fine alla discriminazione è trattare gli individui più equamente possibile, senza distinzione di razza, cultura o etnia».

Nel libro “Razzismo senza razzisti” (Racism without Racists") il professor Eduardo Bonilla-Silva ci aiuta a capire la contraddizione tra il presunto daltonismo della maggior parte dei bianchi e la persistenza di un sistema di disuguaglianze caratterizzato dal colore, anche se la maggior parte dei bianchi insiste sul fatto che la razza non sia più rilevante.

Foto d'apertura: © Photoshot/Sintesi VANCOUVER, June 1, 2020 — Protesters rally to demand justice for George Floyd, an unarmed black man, died of police brutality in Minneapolis of the United States on May 25, in Vancouver, British Columbia, Canada, May 31, 2020
Prima foto nel corpo del testo: Foto di © Photoshot/Sintesi NEW YORK, May 31, 2020 () — A demonstrator protests over the death of George Floyd in the Brooklyn borough of New York, the United States, May 30, 2020. Thousands of New Yorkers have taken to the street to voice their anger over police brutality and racism in the wake of the death of George Floyd in police custody on Monday in Minneapolis. Seconda foto: Mike-von/Unsplash


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