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Cooperazione & Relazioni internazionali

Ocean Viking in stato di fermo amministrativo, 11 ore di ispezione a bordo

Continua la sistematica persecuzione amministrativa contro le Ong impegnate nel Mediterraneo ora più che mai privo di navi di soccorso. Nel frattempo, le persone continuano a fuggire dalla Libia, soprattutto se le condizioni meteorologiche estive lo consentono, e le imbarcazioni che lo fanno continuano a trovarsi in grave pericolo nel Mediterraneo centrale. Lo testimoniano i cadaveri che galleggiano in mezzo al mare

di Redazione

Ieri, dopo un’ispezione durata undici ore da parte della Guardia Costiera italiana, la Ocean Viking è stata sottoposta a fermo amministrativo dalle autorità italiane nel porto di Porto Empedocle, in Sicilia. Sos Mediterranee condanna questa manovra amministrativa vessatoria, che palesemente volta a ostacolare il lavoro di soccorso delle navi delle ONG.

Il motivo principale del fermo è stato comunicato dalla Guardia Costiera italiana: «La nave ha trasportato un numero di persone superiore a quello riportato nel Certificato di Sicurezza Dotazioni per Nave da Carico». In un anno di operazioni gestite da Sos Mediterranee, la Ocean Viking aveva già dimostrato di rispondere ad elevati standard di sicurezza più di quanto sia solitamente richiesto ad una nave analoga. Non riusciamo a comprendere perché le osservazioni sulla sicurezza della nave siano state fatte solo ora, dal momento che le condizioni della nave sono rimaste invariate rispetto alle ultime quattro ispezioni, comprese le due più recenti condotte dalla stessa Guardia costiera italiana, e non ci sono stati cambiamenti nelle norme di sicurezza per quanto riguarda ciò che ora viene contestato.

«L’armatore norvegese della Ocean Viking ed il noleggiatore Sos Mediterranee hanno sempre rispettato e garantito il massimo livello di sicurezza per l’equipaggio e i naufraghi a bordo della nave. Quello che ci è chiaro ora è che, negli ultimi tre mesi, la stessa argomentazione sulla sicurezza è stata sistematicamente utilizzata dalle autorità italiane per trattenere quattro navi Ong che conducevano operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Come mai la sicurezza non era un problema per le autorità marittime quando, all’inizio di questo mese, la Ocean Viking ha dovuto attendere 11 giorni per l’assegnazione di un Porto Sicuro ed è stata invece costretta a dichiarare lo Stato di emergenza a bordo?», dice Frédéric Penard, direttore operativo di Sos Mediterranee.

Operare nel Mediterraneo centrale, per sua natura, significa trovarsi di fronte a ripetute situazioni di emergenza con un numero potenzialmente elevato di persone in pericolo imminente allo stesso momento (generalmente da 50 a 200 persone). Nell’ultimo decennio, la Guardia Costiera italiana ha salvato diverse centinaia di persone simultaneamente, a volte nel giro di poche ore. Questa è la realtà della crisi umanitaria su vasta scala che si sta verificando nel Mediterraneo. Di fatto, quando si soccorrono persone in mare – come è dovere di ogni comandante di nave assistere le persone in difficoltà – la Ocean Viking è costretta a trasportare più persone di quante siano indicate nei documenti della nave. Questo deriva dalla natura stessa delle situazioni di emergenza. Tuttavia, è della massima importanza ricordare che le persone che portiamo temporaneamente in salvo a bordo della Ocean Viking sono, secondo la legge marittima, da considerarsi come naufraghi, persone salvate da una situazione di grave pericolo in mare, e non sono mai da considerarsi come passeggeri. Definirli così è un’interpretazione fallace del quadro giuridico marittimo in cui operiamo ed è una grave mancanza di rispetto per la situazione di pericolo in cui si trovavano le molteplici imbarcazioni inadatte alla navigazione che abbiamo dovuto soccorrere negli ultimi quattro anni. Questa interpretazione è fortemente preoccupante per un’organizzazione professionale civile di ricerca e soccorso come Sos Mediterranee. Infatti, i regolamenti marittimi internazionali che specificano le norme minime per la costruzione, l’equipaggiamento e l’utilizzo delle navi, come la Convenzione SOLAS, stabiliscono che le persone che si trovano a bordo in conseguenza del dovere di soccorso del Comandante non devono essere prese in considerazione nel verificare l’applicazione a una nave di una qualsiasi delle disposizioni della Convenzione (articolo IV, lettera b), della Convenzione SOLAS)1 .

A seguito della sistematica persecuzione amministrativa cui sono sottoposte le Ong, attualmente non vi sono quasi più navi dedicate a condurre operazioni di soccorso nel Mediterraneo centrale. Nel frattempo, le persone continuano a fuggire dalla Libia, soprattutto se le condizioni meteorologiche estive lo consentono, e le imbarcazioni che lo fanno continuano a trovarsi in grave pericolo nel Mediterraneo centrale. Lo testimoniano i cadaveri che galleggiano in mezzo al mare.

«C’è uno schema chiaro che viene applicato in modo eccessivo, in una continua vessazione amministrativa delle ONG, con l’unico scopo di impedire che le attività di salvataggio colmino il vuoto lasciato dagli Stati europei. Ma fermare l’ambulanza non impedirà alla ferita di sanguinare», aggiunge Frédéric Penard.


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