Education & Scuola

Tenere chiuse le scuole? Fingiamo sia una soluzione, mentre invece è un problema

Daniele Novara: «Ben venga il test sierologico per tutti i docenti: utile a creare un rientro tranquillo. Ma non riaprire le scuole è inaccettabile: c’è un lavoro del Gaslini che dice che il 70% dei bambini e ragazzi ha conseguenze e complicazioni psicoemotive a seguito del lockdown. Vogliamo andare avanti così? Vogliamo ancora discettare se le scuole possano essere aperte o chiuse, come se tenerle chiuse fosse una soluzione e non invece un problema?»

di Sara De Carli

«Carissimo/a, nei mesi trascorsi lontano dai banchi abbiamo imparato una lezione molto importante: con la collaborazione di tutti possiamo superare anche le prove più difficili. La scuola, grazie al tuo prezioso lavoro, non si è mai fermata, garantendo la massima vicinanza alle studentesse e agli studenti. Finalmente è arrivato il momento di rientrare in classe. Per prepararci al meglio a questo importante passaggio, chiediamo la tua collaborazione, indispensabile per garantire una ripartenza in sicurezza. Ti proponiamo di sottoporti a un semplice test sierologico, gratuito e indolore, presso il tuo medico di base. Bastano pochi minuti e la tua tessera sanitaria». Inizia così la (efficace) comunicazione che il commissario straordinario per l’emergenza Covid19, Domenico Arcuri, ha inviato a tutto il personale scolastico, docenti e non docenti, delle scuole pubbliche e private nell’intero territorio nazionale, compresi quanti lavorano nei nidi. Da lunedì 24 agosto il personale della scuola – oltre 820mila solo gli insegnanti dall’infanzia alla secodnaria di secondo grado – potrà prenotare il test sierologico dal proprio medico di base, gratuitamente. Sono 2 milioni i kit messi a disposizione. L’auspicio, ovviamente, è quello di un’adesione massiccia (e bene sarebbe, fra due settimane, conoscere la percentuale di adesione reale), come lo stesso Arcuri – toccando le note giuste – ricorda nella chiusa della sua lettera: «Si tratta di un gesto semplice, che però vale tanto, per la sicurezza di tutti. Siamo abituati a fare grandi cose, tutti insieme. A scuola e per la scuola. Quest’anno possiamo iniziare ancora prima di entrare in classe. Grazie per il tuo aiuto!». Sarebbe una prima risposta alle ipotesi che si tornano a leggere in queste ore, per cui le scuole potrebbero non riaprire. E ai genitori che sui social cominciano a scrivere – chissà se davvero dopo aver tenuto per tutta l’estate i figli lontani da centri commerciali, spiagge, discoteche – “teniamoli a casa”.

«Le scuole vanno riaperte, è imperativo. E al 21 agosto sarebbe il caso che fossimo tutti qui a parlare del “come” riaprile, non del “se” riaprirle», dice Daniele Novara, pedagogista e fondatore del CPP. «Alla ministra Azzolina va dato atto della volontà di tenere duro sulla riapertura del 14 settembre, perché sulla scuola stanno davvero facendo il diavolo a quattro, un terrorismo psicologico inaccettabile… Il problema è che il metodo che si sta seguendo per la riapertura della scuola è completamente sbagliato: le autorità sanitarie dicono cosa la scuola deve fare, mentre dovrebbe essere la scuola al contrario a dire al sistema sanitario quale aiuto le serve. Quello dei test sierologici è un esempio di logica corretta, ma per il resto…».

Quindi un appello agli insegnanti per aderire in massa allo screening…
Bisogna che li facciano, certo. Bisogna che la scuola usi il sistema sanitario per creare una condizione di lavoro tranquillo e motivato all’apprendimento e tutto quello che il sistema sanitario può mettere a disposizione per consentire di arrivare a scuola con tranquillità, evitando il terrorismo psicologico, evitando situazioni di panico tra genitori e insegnanti, bisogna che lo si faccia. Incertezze e allarmismo creano solo panico inutile. Quindi non solo sono favorevole all’obbligo dello screening su insegnanti e personale scolastico, ma sono favorevole anche al ripristino dei presidi medico infermieristici nella scuola, che c’erano fino agli anni 70 e poi sono stati smantellati e sono favorevole anche alla misurazione della temperatura tutti i giorni, come in tanti luoghi di lavoro, per tutti. Tutto questo va fatto per garantire che la scuola resti una scuola, che la scuola non si trasformi – come invece sembra – in una infermeria: si vorrebbe creare una scuola delle procedure medico-sanitarie. Ripeto, in questo momento vedo un gravissimo errore metodologico per cui il sistema sanitario detta legge sulla scuola invece di collaborare con la scuola. Non ha senso. Dobbiamo creare un framework che garantisca ai bambini e ai ragazzi di stare a scuola come sono sempre stati, facendo gruppo, lavorando insieme, vivendo la scuola come esperienza di relazioni.

Bisogna che gli insegnanti facciano il test sierologico, certo. Bisogna che la scuola usi il sistema sanitario per creare una condizione di lavoro tranquillo e motivato all’apprendimento e tutto quello che il sistema sanitario può mettere a disposizione per consentire di arrivare a scuola con tranquillità, evitando il terrorismo psicologico, evitando situazioni di panico tra genitori e insegnanti, bisogna che lo si faccia. Incertezze e allarmismo creano solo panico inutile. Dobbiamo invece creare un framework che garantisca ai bambini e ai ragazzi di stare a scuola come sono sempre stati, facendo gruppo, lavorando insieme, vivendo la scuola come esperienza di relazioni.

Per quello non sarebbe necessario che lo screening fosse anche su tutti gli alunni e studenti?
I dati dicono che bambini e ragazzi si possono contagiare ma non si ammalano, non come gli adulti. La riapertura delle scuole negli altri Paesi non ha provocato una recrudescenza epidemiologica e anche nei centri estivi, che erano un po’ il banco di prova e su cui inizialmente c’era panico, hanno dimostrato che non è successo niente. Non riaprire le scuole è inaccettabile: c’è un lavoro del Gaslini che dice che il 70% dei bambini e ragazzi ha conseguenze e complicazioni psicoemotive a seguito del lockdown. Vogliamo andare avanti così? Vogliamo discettare ancora se le scuole possano essere aperte o chiuse, come se tenerle chiuse non fosse un problema ma al contrario una soluzione? Sarebbe l’annichilimento di una generazione e l’Italia peraltro sarebbe sottoposta a provvedimento di violazione diritti dei bambini [la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza sancisce il principio del superiore interesse del minore e prevede che in ogni provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino e dell’adolescente deve avere una considerazione preminente, ndr]. C’è già stato un documento dei Garanti dell’Infanzia Europei che ha sollecitato riapertura delle scuole e l’Italia è l’ultima a farlo. Non possiamo pensare di risolvere il problema tenendo chiuse le scuole.

Non riaprire le scuole è inaccettabile: c’è un lavoro del Gaslini che dice che il 70% dei bambini e ragazzi ha conseguenze e complicazioni psicoemotive a seguito del lockdown. Vogliamo andare avanti così? Vogliamo ancora discettare se le scuole possano essere aperte o chiuse, come se tenerle chiuse non fosse un problema ma al contrario una soluzione?

Il fatto è che in Italia c’è un problema serissimo coi bambini, si è rotta un’alleanza tra le generazioni, è paradossale che ci sia voluto Draghi, con tutto un altro curriculum, per ricordarcelo. In Italia negli ultimi vent’anni bambini e ragazzi sono stati marginalizzati, sono diventati irrilevanti. La scuola di converso è culturalmente diventata inutile, diciamocelo, al massimo un parcheggio, tanto c’è internet, tanto ci pensano i genitori… Stanno prendendo piede in questi mesi tante idee eccentriche, ma l’elemento comune è la negazione della presenza stessa dei bambini. Ecco, io mi vergogno ogni volta che sento usare con leggerezza il termine tragico di “negazionismo”, ma con tutto il rispetto forse per questa dimenticanza totale dei bambini che sta avvenendo in Italia è venuto il tempo di usarlo.

Diceva all’inizio che in questi giorni dovremmo essere tutti concentrati sul “come” riaprire le scuole, non sul “se” riaprirle. Qual è la parola chiave?
Accoglienza. Se il 70% dei bambini, come dice il Gaslini, arriverà a scuola con conseguenze psicoemotive, tu insegnante li devi innanzitutto accogliere, devi creare le condizioni affinché possano recuperare le motivazioni per essere contenti di stare a scuola, di viverla come esperienza genetica, maieutica. Tutto il contrario di questo avvicinarsi all’inizio della scuola con la paura di andare a scuola: è diabolico, è non avere a cuore i bambini. Accoglienza è creare le condizioni affinché la scuola sia luogo di apprendimento sociale, dove i bambini interagiscono in funzione dell’imparare insieme e gli insegnanti li sappiano guidare. È un processo che richiede coraggio e tanto dialogo con i genitori. Questa è la prima cosa da fare, prima che inizi la scuola, vanno incontrati i genitori, vanno date loro tutte le informazioni sul nuovo contesto, su “cosa si farà se” ma anche quella basilari come quelle sul sonno. Perché dopo sei mesi senza i tempi legati alla scuola, chissà i bambini che ritmo circadiano hanno.

Hang In There. Image created by Ayşegül Altınel. Submitted for United Nations Global Call Out To Creatives – help stop the spread of COVID-19. Unsplash


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