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Next Generation EU: investire sui bambini in cinque mosse

Il “Piano nazionale per la ripresa e la resilienza” dovrebbe partire proprio dai bambini che soffrono più di tutti gli effetti materiali ed educativi della crisi: diversamente si tradirebbe il senso di un investimento straordinario e inedito che chiamiamo, appunto, Next Generation. Come? Certo non miriadi di progetti, ma con pochi investimenti mirati. Ecco i cinque che proponiamo

di Raffaela Milano

Nelle periferie sociali le conseguenze dell’emergenza sui bambini si toccano con mano. Cresce il numero di minori in povertà assoluta – più di un milione già prima del Covid-19 – e aumenta il rischio di abbandono precoce della scuola. Per essere all’altezza di un nome tanto ambizioso, il “Piano nazionale per la ripresa e la resilienza” per il Next Generation EU dovrebbe partire proprio dai bambini che soffrono gli effetti, materiali ed educativi, della crisi. E porsi l’obiettivo di rimuovere gli ostacoli che sbarrano il loro futuro.

La resilienza, così come la transizione verde e digitale auspicate dall’Europa, dovrebbe poggiarsi su questa nuova attenzione verso i più piccoli, per non tradire il senso stesso di un investimento straordinario e inedito che chiamiamo, appunto, “Next Generation”. Come farlo? Non miriadi di progetti, ma pochi investimenti mirati. Ecco i cinque che proponiamo.

1.Una rete di servizi educativi per i bambini zero-due anni. Le diseguaglianze educative si manifestano nei primi mesi di vita e hanno effetti duraturi sulla crescita. Dal 2017, gli asili nido sono entrati nel sistema di istruzione, ma l’offerta, in alcune regioni, è di fatto inesistente. Dove mancano gli asili nido l’occupazione femminile è ai minimi, in un circolo vizioso da spezzare. Next Generation EU può sostenere l’avvio di una rete nazionale di servizi educativi, con un’offerta attiva che incentivi anche la domanda (basta con l’alibi delle mamme del sud che vogliono i figli a casa!). L’obiettivo? Fare dell’accesso ai servizi educativi 0-2 un diritto esigibile per tutti entro il 2027, con un grande ritorno di investimento in termini di educazione e di occupazione femminile.

2.“Patente digitale” a tutti gli studenti delle medie. La didattica a distanza ha messo in luce non solo l’impreparazione delle scuole, ma anche l’analfabetismo informatico di tanti “nativi digitali”, non in grado di fare le più semplici operazioni on line. A conferma che la povertà educativa è anche digitale e che, molto prima dei dispositivi, questa riguarda il deficit di competenze. Next Generation può finanziare l’acquisizione e la certificazione delle competenze digitali per tutti gli studenti nel triennio della scuola secondaria di primo grado, con una “patente digitale” al termine del ciclo di studio. Un’azione educativa dentro e fuori la scuola, coinvolgendo – perché no? – anche gli universitari come tutor volontari in un quadro di service learning. Non solo per padroneggiare le competenze tecniche, ma per aprirsi a tutte le dimensioni della cittadinanza digitale, con un uso sicuro, creativo e collaborativo della rete.

3.“Alta densità educativa” nei territori svantaggiati. L’Italia dei bambini è fatta di tante Italie diverse. In alcune di queste – periferie urbane, aree interne spopolate, territori della criminalità organizzata – si concentrano tutti i fattori di svantaggio. Proprio in queste aree i servizi sono più carenti: mancano scuole a tempo pieno, mense, biblioteche, centri ricreativi, spazi per il gioco e lo sport. Chiediamo che Next Generation promuova la resilienza, trasformando questi territori ostili ai bambini in “aree ad alta densità educativa”. Con la progettazione partecipata delle comunità locali, coinvolgendo gli stessi bambini e ragazzi, per ridisegnare spazi urbani ed educativi, sperimentare meccanismi premiali e incentivare investimenti culturali, ricreativi e sportivi.

4.Scuole belle, sicure, sostenibili. In Italia non si è mai parlato tanto di aule e di banchi. Ben prima dell’emergenza tuttavia scontavamo una generalizzata inadeguatezza degli edifici scolastici. Un patrimonio vecchio, privo di manutenzione e, dal punto di vista didattico, fermo ad almeno un secolo fa. A subirne per primi le conseguenze, gli studenti con disabilità per i quali le barriere, architettoniche e non, rappresentano un ulteriore ostacolo all’inclusione. A tutto ciò si somma l’insicurezza delle scuole di fronte a rischi come quello sismico (sul tema c’è un disegno di legge promosso da Cittadinanzattiva e Save the Children). Usiamo Next Generation per ammodernare l’edilizia scolastica ed assicurare ambienti educativi sicuri, digitalizzati, sostenibili sul piano ambientale e aperti all’innovazione didattica.

5.La Child Guarantee. Cinque anni fa il Parlamento Europeo ha proposto la Child Guarantee, una misura volta a garantire a tutti i minori a rischio povertà ed esclusione sociale diritti fondamentali quali l’accesso a sanità, educazione, cibo e alloggio. La Commissione europea ha quindi proposto di destinare a questo scopo il 5% del fondo sociale 2021-2027. La misura ora non è inserita nella proposta di bilancio varata dal Consiglio, ma auspichiamo venga reintegrata dal Parlamento Europeo in sede di approvazione. Per assicurare una rete di cura ai minori che maggiormente subiscono gli effetti della crisi, e fare da volano al livello europeo, chiediamo che l’Italia inserisca nel piano nazionale la sperimentazione della Child Guarantee.

Storicamente l’impiego dei fondi europei ha prodotto ritardi, sprechi e fallimenti. Basti pensare alla triste storia dei fondi PAC per gli asili nido al Sud. Si deve fare tesoro degli insuccessi, sia per negoziare nuove regole di spesa che per disegnare una governance efficace e poteri sostitutivi severi e immediati in caso di inerzia. È necessario, al contempo, che il piano sia partecipato. Esperienze quali il network “#educAzioni” delle reti sui diritti dell’infanzia testimoniano la produttività di un incontro tra esperienze, ideali e concretezza. Per disegnare l’uscita dalla crisi, serve il protagonismo di bambine, bambini, adolescenti, famiglie. Scuole, amministrazioni, terzo settore, professionisti, ricerca e università, comunicazione, mondo produttivo: tutti siamo chiamati ad assumere un nuovo ruolo di “comunità educante” per tentare di riscrivere il futuro delle prossime generazioni. Con la consapevolezza che la partecipazione non è un ostacolo – o un vezzo – ma un volano indispensabile di ogni serio programma di riforma.

*Raffaela Milano è direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the Children

Foto Unsplash


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