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«Perché destino il 5 per mille?» Chi sono e come scelgono i contribuenti solidali

Per la prima volta una ricerca sostenuta dalla Fondazione Crc di Cuneo mette la lente sulle motivazioni di chi aderisce alla misura. Il giorno 16 settembre la presentazione insieme agli economisti Luigino Bruni e Stefano Zamagni

di paolo Silvestri

«Noi dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima: è un modo civilissimo di contribuire insieme al pagamento di beni indispensabili …» (Tommaso Padoa-Schioppa, In mezz’ora, Rai 3, 2008). L’ex-ministro dell’economia ebbe coraggio, ma fu sommerso da una valanga di sarcasmo e sberleffi. Ma cosa succede quando a scegliere è il contribuente? Come ci comportiamo quando abbiamo la libertà di decidere a chi devolvere una parte delle nostre tasse per servizi e beni comuni? È questo il caso degli istituti dell’8 per mille e 5 per mille (lasciando perdere la scelta del 2 per mille, cioè la destinazione ai partiti politici, ai quali i contribuenti non hanno mai accordato alcuna fiducia).

All’indomani della pubblicazione da parte dell’Agenzia delle Entrate dei risultati della redistribuzione annuale del gettito del 5 per mille, ritroviamo puntualmente sui quotidiani una serie di titoloni e controcanti all’ex-ministro, che suonano più o meno così: “Ecco le tasse che gli italiani pagano volentieri”.

In effetti, il grande successo di questo peculiare istituto di sussidiarietà fiscale — testimoniato dalla crescita costante del numero dei contribuenti che effettuano la scelta, dei beneficiari e dell’ammontare delle risorse redistribuite ogni anno — è ancora poco studiato e compreso: chi sono i contribuenti che scelgono il 5 per mille e, soprattutto, quali sono i moventi della scelta? Chi sono i beneficiari, e quali servizi forniscono grazie alle risorse del 5 per mille? Chi, a sua volta, beneficia di questi servizi?

Abbiamo provato a trovare le risposte con una ricerca (Il dono del 5 per mille. Sussidiarietà fiscale e Terzo settore, n.39 dei Quaderni della Fondazione Crc, che sarà disponibile e scaricabile dal sito della Fondazione, a seguito dell'evento di presentazione che si terrà il 16 settembre) che ha rivelato diverse novità sui due principali protagonisti del “grande circolo” del 5 per mille: contribuenti e beneficiari del Terzo settore. L’indagine empirica, sia quantitativa che qualitativa, è stata sviluppata grazie a una nuova base-dati sui singoli contribuenti italiani, e attraverso la somministrazione di questionari a un campione rappresentativo di contribuenti (con un totale di 904 rispondenti) e beneficiari del Terzo settore residenti in provincia di Cuneo. Mi limiterò qui ad evidenziare le principali scoperte relative al comportamento dei contribuenti.

Il modello fa la differenza
La prima riguarda la propensione alla scelta, lì dove è il modello dichiarativo a fare la differenza. Si è soliti ripetere che quasi il 50% dei contribuenti destina il 5 per mille, ma questo dato è una media che distorce la realtà: a esercitare la scelta è ben il 70% dei contribuenti che utilizzano il modello 730 o UnicoPF, mentre solo lo 0,6% dei contribuenti CU (certificazione unica) lo destina. La seconda importante novità è che non ci sono grandi differenze tra Nord e Sud quanto alla propensione alla scelta.

Molti dirigenti, pochi operai
L’analisi delle caratteristiche sociodemografiche dei contribuenti rivela inoltre come la propensione alla scelta sembri essere influenzata non tanto da età e sesso, quanto dal livello di istruzione, condizione e posizione lavorativa, fede religiosa, partecipazione ad attività di volontariato e interesse nei confronti della politica. Ad esempio, troviamo che la scelta del 5 per mille è effettuata dal 96% dei dirigenti e dal 58% degli operai.

Soprattutto, grazie ai questionari l’indagine ha confermato le principali ipotesi della ricerca: le motivazioni della scelta sono riconducibili, in ordine di importanza, all’altruismo e all’autonomia nello scegliere la destinazione delle proprie tasse. Abbiamo qualificato questa forma di altruismo come un “dono-senza-sacrificio”, e l’autonomia di scelta come “sovranità fiscale” del contribuente.

La risposta con la quale abbiamo cercato di individuare la presenza di moventi altruistici — «Con il 5 per mille… faccio del bene ad altri / aiuto chi è meno fortunato» — è quella a cui i contribuenti hanno dato il punteggio più alto (in una scala da 0 a 10) tra tutte le possibili risposte-motivazioni, sia in termini di punteggio massimo (il 52,4% dei contribuenti ha dato 10), sia in termini di percentuale totale di contribuenti: ben l’82,6% ha dato un punteggio positivo tra 6 e 10. Il contribuente dà “senza conto e tornaconto”, e ovviamente senza alcuna garanzia di restituzione. Si potrebbe però pensare che l’italiano “medio” devolva il 5 per mille “pur di non dare una parte delle proprie tasse allo Stato”. Eppure, questa risposta non è risultata dominante.

“Con il 5 per mille… scelgo io a chi va una parte delle mie tasse” è la seconda risposta più “gettonata” dai contribuenti: il 49% le ha attribuito il punteggio massimo (10), e il 77,7% un punteggio positivo (6-10).

La ricerca ha quindi confermato che la scelta del 5 per mille è intesa dai contribuenti come una forma di altruismo e, allo stesso tempo, di autonomia decisionale nella destinazione delle proprie imposte.

In sintesi, abbiamo provato a mostrare come l’istituto del 5 per mille segni la differenza tra il contribuire volontariamente al bene comune e il semplice pagare un tributo. La ricerca getta una nuova luce sull’uso donativo delle tasse, la circolazione del dono e la capacità “generativa” della società civile attraverso il grande circolo del 5 per mille, di cui tutti facciamo parte.


La ricerca sostenuta dalla Fondazione Crc sarà presentata con un evento on line il 16 settembre alle ore 16.30 (per partecipare è necessario iscriversi attraverso questo link). Interverranno anche gli economisti Luigino Bruni e Stefano Zamagni, intervistati dal direttore di Vita Stefano Arduini. “Le grandi sfide sociali che ci attendono, acuite dall’emergenza sanitaria esplosa con la pandemia Covid-19, ci impongono di elaborare un’accurata riflessione rispetto al contributo che come Fondazioni possiamo dare nella costruzione di comunità sempre più solidali e generative” commenta Giandomenico Genta, presidente della Fondazione CRC. “In questa riflessione ben si inserisce l’approfondimento realizzato dal nostro Centro Studi e Innovazione, insieme all’Università di Torino, sul 5×1000. Analisi che conferma quanto questo istituto rappresenti un importante strumento di sussidiarietà fiscale in mano a cittadini, istituzioni e soggetti del Terzo settore, con ancora ampie potenzialità di crescita, a scala nazionale e locale, a cui tutti possiamo concorrere.

*economista dell’università di Torino


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