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Il pasticcio dei vaccini antinfluenzali

Stando alle linee guida del Governo dal 1 ottobre le dosi dovrebbero essere a disposizione gratuitamente per alcune categorie e a pagamento per tutti. Ma le Regioni, nel pieno dell'anno Covid, sull'acquisto sono andate in ordine sparso e sembra che il vaccino non sarà disponibile prima della fine di ottobre e in dosi sufficienti

di Lorenzo Maria Alvaro

Il Ministero della salute ha pubblicato il 4 giungo 2020 la “Circolare Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2020-2021”, elaborata dalla Direzione Generale della Prevenzione sanitaria comunicando alle Regioni, che hanno la competenza in ambito sanitario, le linee guida sul tema.

Oltre a contenere informazioni sulla sorveglianza epidemiologica e virologica, fornisce raccomandazioni per la prevenzione dell'influenza attraverso la vaccinazione. Le categorie e target individuati per la vaccinazione sono raccomandate «per tutti i soggetti a partire dai 6 mesi di età che non hanno controindicazioni al vaccino». Più in particolare l'elenco delle categorie per le quali «la vaccinazione antinfluenzale stagionale è raccomandata e offerta attivamente e gratuitamente comprende: persone ad alto rischio di complicanze o ricoveri correlati all'influenza, soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo e categorie di lavoratori, personale che, per motivi di lavoro, è a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani». Significa soggetti dai 6 mesi ai 65 anni di età affetti da patologie, tutte le forze dell'ordine e sanitarie e il mondo degli allevatori. Per tutti gli altri il vaccino, seppur a pagamento, è consigliato. Il Ministero, che ha invitato le Regioni a predisporre le gare “al più presto”, ha anche raccomandato di iniziare le campagne vaccinali a partire dai primi giorni di ottobre.

Le Regioni in ordine sparso
Eppure parlando con la centrale vaccinale della Lombardia, ad esempio, si scopre che i vaccini non sono disponibili a tutti, che non sono ancora stati consegnati dai fornitori e che la consegna avverrà tra il 5 e il 31 ottobre. Nelle stesse ore a Porta a Porta da Bruno Vespa mentre il governatore della Campania Vincenzo De Luca raccontava una situazione simile a quella lombarda, il suo omologo veneto Luca Zaia affermava di avere in magazzino già tutte le dosi necessarie, sia per le categorie per cui il vaccino è gratuito ma anche per tutti gli altri, a pagamento, presso le farmacie. A spiegare questa difformità ci pensa Fabrizio Pregliasco, presidente nazionale Anpas. «Il problema è che le dosi in termini di produzione sono state decise a febbraio. La produzione è contingentata da quello che si decide a dicembre di ogni anno. I contratti li stipulano, a seconda della Regione, le centrali di acquisto, agenzie di servizi, Ats o Asl. Adesso il tentativo è di colmare il gap comprando all'estero, ma è molto difficile. Purtroppo non c'è stato un coordinamento di acquisto nazionale ma le Regioni sono andate in ordine sparso. Questo fa sì che possano esserci Regioni, che si sono mosse prima e meglio , che avranno tutti i vaccini necessari, e Regioni cui mancheranno».

Il caso Lombardia
Prendendo il caso della Regione Lombardia, in cui la centrale acquisti deputata al reperimento delle dosi vaccinali è Aria, i bandi lanciati sono stati in tutto sei. Il risultato è che la Regione al momento è riuscita ad acquistare 2,4 milioni di dosi. Ma, se si considerano che nella Regione vivono 578mila bambini sotto i 6 anni e 2,9 milioni di over 60 e tenendo conto anche di operatori sanitari, persone a rischio, mondo della scuola e forze di polizia, il fabbisogno sale a 5 milioni. La soluzione potrebbe essere quella di reperire ciò che manca all'estero, ma per Pregliasco, «è un'opportunità quasi nulla. I vaccini vengono prodotti da uova embrionate di pollo. Sono uova che non si trovano facilmente sul mercato ma vanno pianificate. Si sta cercando disperatamente qualcosa che semplicemente sul mercato non c'è».

La situazione generale
Secondo i dati della Fondazione Gimbe In sette Regioni e due Province autonome mancano le scorte per proteggere almeno il 75% delle persone rientranti nelle cosiddette categorie a rischio mentre nel resto del territorio il problema riguarda la popolazione in generale. Le Regioni più in affanno sono Abruzzo, Basilicata, Lombardia, Molise, Piemonte, Umbria, Valle d'Aosta e le Province di Trento e Bolzano. Nelle restanti 12 Regioni il fabbisogno non è così elevato, ma siamo comunque lontani da una disponibilità diffusa per tutti. E questo nonostante nel 2020 le Regioni abbiano acquistato quasi 18 milioni di dosi rispetto ai 12 e mezzo dell'anno scorso, come fa sapere l'Agenzia Italiana del Farmaco. «La vaccinazione antinfluenzale», spiega il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta, «quest’anno ha un obiettivo strategico di salute pubblica: ridurre il numero di persone sintomatiche che rischiano di sovraccaricare i servizi sanitari territoriali e i pronto soccorso. Se questo aumento delle scorte permetterà di estendere le coperture vaccinali nelle categorie a rischio, è molto difficile stimare l’incremento di domanda della popolazione generale, maggiormente sensibilizzata alla vaccinazione dai datori di lavoro, preoccupati che lo sviluppo di sintomi influenzali da parte dei loro dipendenti possa paralizzare le attività produttive». Il risultato? «Il vaccino non sarà disponibile per due italiani su tre».

Il monitoraggio civico di Cittadinanzattiva
L'organizzazione Cittadinanzattiva ha dato il via, attraverso l’uso dell’Accesso civico generalizzato, ad una ricognizione regionale sulle modalità di approvvigionamento dei vaccini antinfluenzali per avere un quadro preciso delle disposizioni che le Regioni hanno adottando. «I risultati di questo lavoro arriveranno nei prossimi giorni», spiega il segretario generale Antonio Gaudioso, «quello che è certo è che nell'anno del Covid e a fronte di una tempestiva azione del Governo il risultato è che non ci saranno vaccini per tutti». Come se ne esce? Per Gaudioso, «la prima cosa è capire quante dosi sono state richieste Regione per Regione, quante ne mancano all'appello, e con che tempi rispetto alla campagna vaccinale. Poi a quel punto si può provare a colmare il gap reperendo stock sul mercato o ridistribuento il suplus delle Regioni virtuose a quelle in difficoltà». Quello che resta evidente è che «non è più una situaizone programmata, siamo di fatto già in una gestione d'emergenza sul tema vaccinale. Il fatto che succeda nell'anno della pandemia è un brutto messaggio che viene dato alla cittadinanza», conclude il segretario generale.


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