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Abbiamo bisogno di innovazione radicale anche nel sociale

L'innovazione radicale viene dai margini, dalle zone d'ombra. Per questo innovazione e inclusione vanno di pari passo. Ne abbiamo parlato con Ivana Pais e Anna Fiscale in un dibattito organizzato da Vita con il CSV di Padova

di Redazione

Innovazione, inclusione, valore. Sono queste le parole-chiave emerse nel quarto degli appuntamenti a cadenza mensile che Vita organizza con il CSV di Padova nell'ambito di Padova Capitale Europea del Volontariato.

Anna Fiscale di Quid e Ivana Pais dell'Università Cattolica di Milano ci hanno aiutato a declinarle nel concreto delle imprese che operano per il bene comune, creando valore e relazione, e nell'ambito di quella ricerca di senso che, da valore portante del volontariato, sempre più si sta contaminando con le nuove organizzazioni.

Sta infatti emergendo un fenomeno nuovo, che Ivana Pais ha iniziato a documentare: molte persone, in Italia, cercano un secondo lavoro. Ma non lo fanno per incrementare il reddito, lo fanno per «cercare un senso che non trovano nel lavoro principale».

Una tendenza che sembra dimostrare come le organizzazioni a movente ideale – come Quid, cooperativa sociale di moda che dà lavoro e inclusione a centinaia di donne e ragazze – siano sempre più attrattive.

Al tempo stesso, queste organizzazioni – che sanno stare sul mercato, sposando in forma non retorica i valori dell'attenzione alla persona, della cura e della relazione – devono essere preservate: la loro dinamica è ancora fragile e, soprattutto in termpi di sussidi a pioggia, rischia di essere schiacciata da un'inversione tra mezzi e fine.

Quell'inversione che renderebbe impossibile ogni innovazione sociale. «Oggi più che mai abbiamo bisogno di innovazione radicale», ha commentato Ivana Pais. Un'innovazione radicale che viene per definizione dai margini: per questo quello tra inclusione e innovazione è un binomio da valorizzare.


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