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Fraternità di frontiera e amicizia sociale: l’Enciclica “Fratelli tutti” di Francesco

La terza enciclica di Papa Francesco, che sarà firmata ad Assisi domani, riporta al centro del dibattito il valore della fraternità. In un tempo fragile, dove tutto si rivela connesso a tutto, riemergere la forza del legame di contro alla potenze disgreganti: fondare una teoria della giustizia sulla fraternità è un impegno non derogabile

di Marco Dotti

Nella triade di astrazioni nate da quell’immenso trauma sociopolitico che fu la Rivoluzione Francese, la fraternité è «la parente povera e meno usata». Lo storico Mona Ozouf ricorda che fu anche la più tardiva.

Fraternità: archeologia di un valore

Fino al 10 agosto del 1792, era stato il richiamo alla libertà a primeggiare. Fu poi la volta dell’uguaglianza e, per ultima, venne l’idea-forza della fraternità. Idea che, tra le altre, «immerge meno profondamente le sue radici nel pensiero dei lumi», legandosi tanto alla philìa platonica, quanto al concetto di fraternitas e confraternitas stoico e cristiano.

Per questo, mentre abbondano le storie della libertà e dell’uguaglianza, rari sono i riferimenti alla fraternità. Anche nel più diffuso dei dizionari di storia del pensiero politico il Dizionario di politica di Bobbio, Matteucci e Pasquino edito nel 1983, manca una trattazione autonoma in uno specifico lemma.

Della triade, fraternità è il terzo escluso. Anche, forse, per la sua forte connotazione cristiana. Tra la libertà e l’eguaglianza – è ancora Ozouf a metterlo in evidenza – vi è una forte asimmetria: libertà ed eguaglianza sono diritti. La fraternità è un obbligo morale.

Al punto che la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 non si fa premura nel non nominare mai la fraternità. Fraternità che solo due anni dopo e «solo di straforo» farà il proprio ingresso in un documento ufficiale. Bisognerà aspettare mezzo secolo, fino al 1848, perché il termine venga inscritto in una costituzione accanto a liberté e égalité.

Un’istituzionalizzazione tardiva, quella della fraternità, che anche al di fuori dei testi costituzionali e della carte non godrà di grande fortuna, salvo poi riemergere in epoca romantica dove assumerà i connotati dell'associazione, della confederazione e, infine, della cooperazione mutualistica.

«L’albero della libertà viene innalzato nella piazza principale dei villaggi», mentre l’albero della fraternità, a cui non si possono disconoscere profonde radici cristiane, «si accontenta delle piazze secondarie, o dei confini, fraternità di frontiera che allora assume un altro segno».

Fraternizzare: riconciliare ospitalità e amicizia sociale

Nella sua Filosofia della storia Hegel definisce la storia umana come un «immenso mattatoio». Un teatro di lotte fratricide dove nella coppia assai di moda nel mondo politico "amico-nemico/amicus-hostis" è sempre pronto a insinuarsi l'inimicus.

L'inimicus non è l'esterno, l'altro, ma lo stesso: fantasma identitario che scompiglia ogni ordine. Nemico interno e fraterno, matrice di ogni guerra civile e invevitabile destino di ogni vincolo di sangue e suolo.

Non è un caso se i richiami alla fraternità di confine e alla fraternizzazione, come antidoto alla conflittualità permanente ancorché latente, sono riemersi con forza durante la fase più acuta della pandemia. Parole come amicizia sociale, giustizia, legame, solidarietà, anche se pronunciate ingenuamente sono sintomi: sintomi di quella ricerca di una "teoria della giustizia" che, per dirla con John Rawls, sta ancora cercando il proprio fondamento alle frontiere del «significato naturale della fraternità, cioè all'idea di non desiderare maggiori vantaggi, a meno che ciò non vada a beneficio di quelli che stanno meno bene».

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Questa fraternità di frontiera, orientata al bene comune e a un'idea di giustizia radicata nella relazione, fa da sfondo e cornice alla terza Enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti, che sarà firmata domani ad Assisi e che dall'esperienza della pandemia prende spunto per ripensare un adesso e un dopo del nostro agire nel mondo.

Una pandemia che ha messo a nudo l'interconnessione di tutto da tutto, di tutti da tutti in una sorta di comunità di destino fondata su fraternità e amicizia sociale.

Ma serve un metodo. Un nuovo metodo fraternizzante che diventi regola, non solo prassi. In nessun Paese del mondo, commentava Norberto Bobbio, «il metodo democratico può perdurare senza diventare un costume. Ma può diventare un costume senza il riconoscimento della fraternità che unisce tutti gli uomini in un comune destino? Un riconoscimento tanto piú necessario oggi che di questo comune destino diventiamo ogni giorno piú consapevoli e dovremmo, per quel poco lume di ragione che rischiara il nostro cammino, agire di conseguenza».

Agire di conseguenza. Agire come se, scriveva il poeta Paul Celan, nell'opera e nel mondo, davanti a noi, sempre ci fossero fratelli.

Riferimenti

A.M. Baggio (a cura di), Il principio dimenticato. La fraternità nella riflessione politologica contemporanea, Città Nuova, Roma 2007

N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino

M. Ozouf, “Fratellanza”, in F. Furet- M. Ozouf, Dizionario Critico della Rivoluzione Francese, ed. italiana a cura di M. Boffa, Bompiani, Milano 1989.

J. Rawls, Una teoria della giustizia, a cura di S. Maffettone, Feltrinelli, Milano 1982


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