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Benevento, se sei disabile non ti puoi aggregare?

Il Consorzio Sale della Terra affitta una sede per il centro polifunzionale per disabili “È più bello insieme”. Ma il comune emette un' ordinanza di "immediata cessazione dell'attività del servizio". Perché? «Non possiamo aprire un nostro spazio privato a chiunque voglia venire? Le persone disabili sono cittadini come gli altri che decidono liberamente dove stare», dice Angelo Moretti, presidente del consorzio

di Anna Spena

Luigi ha 40 anni, suo padre Vincenzo 70. Luigi è figlio unico, è nato con la sindrome di Sotos. «É molto magro, molto alto. Ha le dita lunga e un ritardo mentale. Non gravissimo, ma quanto basta per non poter avere una vita normale», racconta il papà. «Vivevamo a Como ma nel 2007 siamo tornati a Benevento. Ma per Luigi è stato un “cattivo affare”. Al nord c’è un’attenzione diversa alla disabilità: mio figlio giocava a basket, faceva qualche piccolo lavoro. Dopo i primi tempi difficili ci hanno indirizzato al Consorzio Sale della Terra che gestisce il centro “È più bello insieme”, una struttura polifunzionale. Luigi sta con le altre persone, fa corsi di teatro, fotografia, sport. Ha lavorato in una pasticceria. Il centro ha dato regolarità alla sua vita. Non avendo familiari né vicini né lontani le prospettive della vita di Luigi in caso di dipartita dei genitori non sono chiare. Ma il centro sta lavorando anche in questa direzione, e io mi sento più sereno. Ma se il comune di Benevento continua a mettersi di traverso che fine fa mio figlio e tutti gli altri ragazzi che lo frequentano?».

Facciamo un passo indietro. «Il centro “È più bello insieme”, funziona da 19 anni», spiega Angelo Moretti, presidente del Consorzio Sale della Terra. «A Benevento non esisteva nessun centro polifunzionale per disabili. Ma dall’esperienza di alcune cooperative e medici del territorio abbiamo deciso di fondare questa struttura per dare una risposta concreta alle persone che quel territorio lo abitavano. Dal 2001 al 2003 il centro è andato avanti con il solo lavoro volontario. Nel 2003 vinciamo la prima gara con l’ambito sociale di zona e ci accreditiamo. L’utenza cresce velocemente tanto che nel 2007 insieme alle famiglie facciamo una battaglia che io definisco epocale: il nostro servizio non deve essere sottoposto a gara d’appalto. Ogni persona poteva e doveva scegliere liberamente che centro frequentare, questo perché non volevamo che le persone disabili fossero costrette a frequentare strutture decise per loro da altri». La possibilità di scelta fa sì che non venga “inscatolata la disabilità” e la possibilità di scegliere è uno strumento per guardare al futuro.

«Nel 2007», continua Moretti, «l’allora sindaco di Benevento, Fausto Pepe, ci diede in comodato d’uso una scuola elementare. Ogni giorno 60 persone disabili, mai in contemporanea, frequentavano il centro. Il servizio era gratuito o si pagava una piccola quota in base all’isee. Alcune famiglie, anche se rappresentavano una piccola minoranza, accedevano in modalità privata».

Tutto procede bene fino al 2016, quando entra in gioco la giunta Mastella. «Fino al 2018 le condizioni sono rimaste invariate. Poi in quell’anno l’avviso: “dovete chiudere con un’urgenza il vostro centro”», spiega Moretti. «La struttura, dopo un tira e molla dovuto a questioni burocratiche, viene chiusa. Era giugno del 2019, 40 persone disabili vengono letteralmente messe fuori la struttura. Decidiamo a quel punto di non insistere e di investire le energie nella ricerca di una nuova sede. Abbiamo richiesto, per non lasciare soli i nostri utenti, ospitalità ad un’associazione locale. In modo da mantenere invariate almeno le attività della mattina. E il 5 agosto 2020, dopo tanto penare e girovagare, il Consorzio Sale della Terra affitta una sede al Rione Ferrovia, in via san Giovanni di Dio, di proprietà della "Congregazione delle Suore del Preziosissimo Sangue”. Il consorzio paga un regolare affitto di 2500 euro al mese. È una spesa importante, il Centro "E' più bello insieme" non ha quelle economie, ma tutto il mondo del Consorzio Sale della Terra si unisce e decide di investire in quella sede i propri utili. Il 6 agosto, giorno di anniversario della nascita del Centro, inauguriamo la nostra nuova sede. Grazie ai fondi raccolti con la campagna cittadina in sostegno del Centro avviamo la fase di progettazione per adeguare i bagni e la cucina della nuova sede, che era attrezzata per ospitare bambini e non adulti disabili. Decidiamo però che non possiamo più far attendere i nostri amici del Centro che da un anno aspettano la riapertura della sede, e così gli operatori sociali iniziano ad accoglierli nella nuova sede. C'è chi viene gratuitamente e chi mette un rimborso per la benzina. Il Centro comincia a funzionare, poco, solo la mattina, poi sia la mattina che il pomeriggio. Ed ecco che il Comune interviene: per aiutare il Centro? Giammai! Manda una pattuglia di Vigili Urbani a controllare. Il comandante in capo, entra qualche giorno fa nella struttura e chiede sorpreso cosa stia accadendo, chi sono quei disabili, chi sono quegli operatori, a che titolo stiamo lì. La risposta è semplice: siamo una Cooperativa che ha un contratto di affitto. Punto. Le persone disabili sono libere di muoversi in città, andare dove vogliono, quando vogliono, fare quello che vogliono. Stando ai vigili nella struttura “c’erano dieci persone disabili mentre si svolgeva un servizio abusivo di centro sociale polifunzionale". Ma come fa a chiuderci? Non siamo mica una struttura accreditata».

«Forse non va bene che ci siano disabili in libertà e nessuna convenzione con il Comune, la struttura non è accreditata. Ci vuole una multa. Passano due giorni e arriva, puntuale, l'ordinanza di "immediata cessazione dell'attività del servizio denominato "Centro E' più bello insieme”. Il provvedimento amministrativo del Coordinatore dell'Ufficio di Piano reca come presupposti: la comunicazione di circa 10 persone disabili in una struttura privata. Ma il centro, lo ricordo, non ha volutamente fatto nessuna domanda di accreditamento. «Non per questo», aggiunge Moretti, «non possiamo aprire un nostro spazio privato a chiunque voglia venire. Le persone disabili sono cittadini che decidono liberamente dove stare. Noi non abbiamo l’obbligo di dimostrare niente. Allo stato dei fatti siamo tornati alle origini: questa, in attesa di farla diventare una struttura accreditata, è un’attività di volontariato, uno spazio di socializzazione. Se non fossero stati disabili qualcuno avremmo mosso la critica?».

Chiudere un centro come questo, ostacolarlo, a Benevento significa togliere deliberatamente alle persone disabili, opportunità per stare bene. «Noi genitori», dice Vincenzo, «ci siamo schierati in questa battaglia. Abbiamo anche noi cercato altre sedi. Non possiamo permettere che i nostri figli restino ai margini, isolati».

Come Vincenzo anche Raffaele, 71 anni, papà di Liana, 37, la pensa allo stesso modo. «Mia figlia è audiolesa», racconta. «A tre anni la pertosse le ha causato la bruciatura del nervo acustico e ha perso l’udito: ipoacusia bilaterale neurosensoriale. Prima vivevamo in provincia di Cuneo, ma le nostre radici erano al sud e siamo tornati. Inizialmente ho pensato che avevamo fatto ius errore: Liana è andata in crisi sul piano psichico, si sentiva sola, non aveva relazioni. Nel meridione non ci sono tante strutture adeguate ma le persone disabili hanno invece assolutamente bisogno di ambianti per socializzare. Poi alcuni medici ci anno consigliato il centro “È più bello insieme”, Liana si è trovata benissimo fin dal primo momento e noi non abbiamo perso neanche un giorno: dal lunedì al venerdì, dalla mattina alla sera. Uscite di gruppo, laboratori di informatica, tutto si era messo per il verso giusto fino a quando nel 2019 il comune ha chiuso la struttura: abbiamo passato mesi d’inferno non sapendo dove poter portare i nostri figli per garantirgli qualche ora di svago. Da subito abbiamo sposato la missione del consorzio con manifestazioni, appelli, cortei, iniziative per creare in città un clima di simpatia e solidarietà per i nostri ragazzi. Ma la politica fa il suo corso e gli interessi squallidi prendono il sopravvento su tutto il resto. Legittime esigenze e diritti universali vengono calpestati. Io come genitore devo pensare al bene di mia figlia e delle altre persone con disabilità: dovrebbero essere portati sul palmo della mano e invece, se chiudi un centro pensato per loro, non fai altro che discriminarli».

La verità è che la disabilità va affrontata anche da un punto di vista educativo: «Qua», continua Moretti, «ci sta una condizione culturale aberrante. Se quel vigile urbano avesse trovato nella struttura persone normodotati avrebbe potuto fare qualche ordinanza? Dieci disabili che significa dal punto di vista giuridico? In quanto disabili devono essere autorizzate a stare insieme?».


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