Welfare & Lavoro

Pubblicato l’ICF2020: perché parlare di funzionamento in tempi di pandemia è cruciale

Ieri l'OMS ha pubblicato la seconda edizione dell'ICF. È il "manuale" che ha cambiato lo sguardo sulla disabilità: da limite della persona a relazione tra la persona e l'ambiente. «La diagnosi può essere la medesima, ma il funzionamento è diversissimo. E a molte persone guarite dal Covid resteranno problemi di funzionamento. Mettere l’accento qui significa mettere l’accento sulle persone al di là della diagnosi», dice Matilde Leonardi

di Sara De Carli

Il 19 ottobre l’OMS ha pubblicato la seconda edizione dell’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. La nuova edizione arriva a 19 anni dalla prima, pubblicata nel 2001 e dopo due aggiornamenti. Nell’ICF 2020 confluisce anche la versione per bambini ICF-CY, approvata dall'OMS nel 2007. La maggior parte dei codici relativi a bambini e ragazzi sono stati inseriti nella revisione in modo che ora l'intera durata della vita sia coperta da ICF. «Tanto lavoro, con 19 anni di continui contributi di esperti e utenti ICF provenienti da tutto il mondo. I dati funzionanti sono fondamentali e l'ICF con WHO DAS 2.0 è lo strumento globale per la raccolta dati, poiché “se non sei contato non conti”», commenta Matilde Leonardi, neurologa del Besta ed esperta di disabilità, che chiude in questo modo il suo mandato come copresidente dell'OMS del gruppo di riferimento FDRG Functioning e disabilità insieme a Haejung Li dalla Corea e Olaf Kraus De Camargo dal Canada.

Perché questa pubblicazione è una notizia?

Perché è frutto di un lavoro importante e perché viene data al mondo una classificazione standard per codificare il funzionamento. È tutto perfettibile, ovviamente, ma intanto abbiamo una seconda edizione. Questo diventa il punto di riferimento per i Governi di tutto il mondo, che volendolo, possono standardizzare la raccolta di dati sul funzionamento, una cosa che avviene in pochissimi Paesi ad oggi. In Italia ad esempio molte leggi prevedono l’uso dell’ICF per la valutazione, penso solo alla legge 66/2017 per la scuola. Mi rendo conto che la pubblicazione può sembrare una notizia da addetti ai lavori, ma tornare a parlare di funzionamento è importante perché il funzionamento come concetto entrerà sempre più nei sistemi sanitari dal momento che sempre più persone hanno malattie croniche e la classificazione delle malattie, con la diagnosi, aiuta ma non è sufficiente a descrivere la realtà. Basti pensare a 25 bambini con la sindrome di Down: la diagnosi è la medesima per tutti, ma il funzionamento è diversissimo. Avere una classificazione per il funzionamento permette di ragionare in termini più aderenti alla realtà. Anche la pandemia aumenterà i malati cronici nel mondo di qualche milione di persone e quindi il funzionamento sarà ancora più importante: molte persone saranno guarite dal Covid ma resteranno dei problemi di funzionamento.

Tenere alta l’attenzione sul funzionamento ci aiuta a non medicalizzarci troppo. In un momento in cui la sanità si restringe alla diagnosi e in cui tu sei la diagnosi che hai, mettere l’accento sul funzionamento significa mettere l’accento sulle persone al di là della diagnosi. Non c’è solo la diagnosi, ma il fatto che ogni persona vive in contesto che è facilitatore oppure barriera. E se le diagnosi non si possono cambiare, le barriere del contesto si possono sempre abbattere.

L’ICF mettendo a fuoco la relazione fra la condizione salute e l’ambiente ha cambiato il modo di pensare il funzionamento e la disabilità.

Tenere alta l’attenzione sul funzionamento ci aiuta a non medicalizzarci troppo. In un momento in cui la sanità si restringe alla diagnosi e in cui tu sei la diagnosi che hai, mettere l’accento sul funzionamento significa mettere l’accento sulle persone al di là della diagnosi. La classificazione ti elenca le componenti del funzionamento, la valutazione dice quanto questo funzionamento è alterato, per questo l'ICF va letto insieme al suo strumento WHO DAS. Non c’è solo la diagnosi, ma il fatto che ogni persona vive in contesto che è facilitatore oppure barriera. E se le diagnosi non si possono cambiare, le barriere del contesto si possono sempre abbattere.

Photo by Clay Banks on Unsplash


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